La “Sindrome di Stoccolma” del Popolo e della politica Sarda

PD - URN Sardinnya

“Dear old Stockholm” (Cara vecchia Stoccolma), era il titolo di un vecchio brano svedese, poi rivisitato da grandi artisti in chiave jazz.
Ed è proprio nella capitale della Svezia che nel 1973 avvenne un episodio criminoso destinato a diventare curiosamente parte di alcuni studi sul comportamento umano:
Alcuni rapinatori assaltarono la Kreditbanken mantenendo in ostaggio alcuni dipendenti della banca per sei giorni.
Quando la vicenda si concluse, i dipendenti manifestarono emotiva comprensione per i criminali chiedendo per loro clemenza nel processo che sarebbe seguito. Lo psicologo Nils Bejerot, impegnato sul caso con le autorità, coniò il termine “Sindrome di Stoccolma” partendo da alcune teorie Freudiane secondo le quali una vittima (in un dato contesto), può finire per identificarsi con l’aggressore e le sue ragioni.
Ma la Sardegna cosa c’entra con tutto questo?
Forse non poco.
Angelo Corsi, sindaco di Iglesias e deputato socialista, nel 1920 scriveva sul Popolo Sardo:
“Esso è ancora schiavo dell’ordine costituito e del principio di autorità che personifica in modo servile. Mentre la sua borghesia è colpevole perché cosciente (della situazione ndr.) e la sua divisione determinata unicamente da interessi e ambizioni di singoli. Essa non ha orizzonti; vive alla giornata, esprime una rappresentanza politica insufficiente e, d’altra parte, dispone di molti uomini di saldo ingegno e di vasta cultura, ma disorientati, perplessi e instabili nell’attività politica e amministrativa”.
Parole che forse vi suoneranno familiari, nonostante i quasi 100 anni che ci separano da tali dichiarazioni.
Ma cosa significavano e cosa significano oggi quelle parole?
Tra le righe, possiamo notare con amarezza la visione di un Popolo Sardo incapace di esprimere una propria politica territoriale, un Popolo che guarda con benevolenza ai propri beniamini politici in quanto rappresentanti del potere.
Ma chi sono questi “beniamini” se non articolazioni spuntate di quel potere che oltre-mare, nel passato come nel presente, controlla la Sardegna?
Non sono altro che politici Sardi emanazione del centralismo: PD, PDL, UDC, IDV, Sinistra, ecc. Personaggi dall’indubbio valore morale ma che, purtroppo, sacrificano puntualmente il bene pubblico in nome di interessi di bottega (il proprio partito) ed in nome di interessi privati (derivanti magari dai lauti stipendi emanati dalla Regione ed ai Parlamentari da Roma).
Questa serie di persone è endemicamente portata a non interessarsi dei veri problemi dell’isola (se non a chiacchiere).
Come giustamente pensano molti cittadini: “Chi glielo fa fare” ad un deputato Sardo ad interessarsi della cosa pubblica nel momento in cui vive la sua vita con puntuali entrate di qualche migliaio di euro al mese?
L’economia e la società crollano sotto tali personaggi ma i cittadini che li hanno eletti e che hanno dato forza a quel sistema ne subiscono passivamente gli effetti commentandoli come: “Cosa ci vogliamo fare? Quelli hanno il potere…Le cose vanno così”.
Questa mentalità disfattista, radicata in molti cittadini, non è altro che un retaggio del passato monarchico della Sardegna: Per secoli esposta alle prepotenze di autorità esterne, come la Spagna ed il Piemonte.
La necessità dello sviluppo economico pertanto agli occhi di molti Sardi non è vista come un diritto ma come un favore che “a limite il potente di turno elargirà in cambio del voto”.
Ecco come la Sardegna, a causa del suo passato, è stata un terreno di coltura molto fertile per le peggiori metodiche clientelari esibite dalla politica centralista. Una dinamica che ha pertanto rallentato la lucidità e la capacità di esprimere critica e giudizio sulla natura e sull’operato politico della classe dirigente Sarda: Emanazione e succube allo stesso tempo dell’influenza delle segreterie politiche di Roma.
Così i Sardi sono spesso finiti nella storia ad identificarsi con chi ci ha conquistato, siano essi Sardi comuni oppure illustri rappresentanti Sardi di un’autorità esterna.
Si è così arrivati persino al paradosso di pensare che i Sardi “non avrebbero gli uomini giusti per guidare la Sardegna”.
Non ci sentiamo di dare torto a chi la pensa così, infatti quegli uomini “giusti” si sono dedicati a mandare avanti una sedicente patria italiana che si è scordata dell’isola.
La Sardegna dal 1861 ad oggi ha dato all’Italia alcuni Presidenti della Repubblica (epoca post-monarchica), uno stormo di deputati e senatori, una truppa di generali, centinaia di agenti segreti, migliaia di uomini-soldato, migliaia di poliziotti e carabinieri, uno stuolo di letterati, giornalisti, docenti, architetti, ingegneri e uomini di scienza vari, persino musicisti nonché ovviamente imprenditori svaniti nel nulla e mai più visti ad investire in Sardegna.
Non solo quindi abbiamo avuto una valida classe dirigente che poteva governare l’isola, ma questa ha addirittura governato l’Italia. Uno Stato che ci ha usato senza dare nulla in cambio.
Oggi Roma ci sottrae miliardi di euro e non si riescono a trovare neppure 500 milioni di euro per completare un’infrastruttura stradale.
Ed i parlamentari Sardi che fanno? Votano addirittura a quei provvedimenti lesivi per la Sardegna perché così “impone il gioco di squadra”.
Forse poiché costoro sono psicologicamente esaltati dalla loro posizione di prestigio; individui certamente deboli sotto un profilo caratteriale e timorosi di perdere l’effimero potere acquisito.
I cittadini inermi ovviamente, per via di quel famoso retaggio servile verso la monarchia, tacciono ed ignorano che la democrazia assegna loro il valore di protestare contro quegli “Onorevoli” (forse poco onorevoli) che hanno mandato a rappresentarci al fine di dare un senso costruttivo al loro mandato politico.
Gli “onorevoli” Sardi non si rendono così conto che persino in altre realtà politiche italiane, magari come quella Siciliana, i politici appaiono compatti e determinati nelle loro richieste:
E sanno anche dire nò quando serve.
I politici Sardi trovano invece qualsiasi scusa per giustificare la loro totale assenza di interesse sui temi reali dell’isola: Partono dal luogo comune della discordia tra Sardi, fino ad arrivare alla bassa incidenza demografica dell’isola (che ci fa pesare poco nei grandi numeri della politica). Eppure altre minoranze linguistiche sparse per l’Italia -e presenti in Parlamento- non si pongono il problema.
Il politico Sardo, smidollato e persino meno furbo di quanto si pensi, non capisce che dando potere al centralismo inibisce al suo stesso territorio di svilupparsi. Così i suoi figli nasceranno in un luogo disagiato e che magari non ha neppure una strada decente su cui camminare.
Se quindi i cittadini comuni sono pervasi da quel senso di immobilismo e di ineluttabilità per cui nulla sembra voler cambiare, i politici Sardi dal canto loro rincarano la dose raccontando la bufala per cui: “Le cose stanno così…più di così non possiamo fare…”.
Sporadicamente da parte loro compaiono proposte e progetti, idee che finiranno nell’oblio completo e persino senza un minimo sostegno, né coordinazione, da parte del proprio gruppo politico.
E’ in questo clima generale che l’isola si vede tagliata fuori dallo sviluppo, vede perdere il nostro denaro (pensate ai 5 miliardi di euro con cui lo Stato è in debito con la Regione), mentre Roma regala fondi FAS per 4 miliardi alla Sicilia con ben 138 opere in cantiere..e quì? La truppa Parlamentare Sarda si esalta per aver messo in opera un impegno per farne 4 con 18 milioni di euro…Magari anche perché la classe politica regionale non ha idea di come si faccia un piano organico di sviluppo e quindi non ne ha mai approntato uno.
Ed i Sardi chiaramente: O non sono bene informati sulla portata dei danni creati da centrodestra e centrosinistra e quindi perdono tempo dietro le squillo del Cavaliere, oppure accettano i fatti (laddove arriva una qualche informazione) con passività e rassegnazione, per i motivi suddetti.
Emblematica in tal senso è la storia della rivoluzione di Giovanni Maria Angioy, quando, al culmine dei moti contro il Piemonte, venne abbandonato persino da molti vecchi sostenitori (in nome di farfugliati particolarismi).
Oggi, nonostante da Roma continuino ad arrivare “i vari Berlusconi e Franceschini” del momento, non facciamo altro che proseguire nell’errore del dare credito alle solite cialtronerie che ci vengono propinate.
Qualcuno manifesta pure per la “libertà di stampa”…come se la libertà di stampa sia il dover sapere le porcherie private del Primo Ministro Italiano e non il furto dei nostri soldi a vantaggio di singoli e di poteri politici ed economici centrali che li sperperano e li destinano ad altri territori. Sono cose gravissime.

Basta con questo autolesionismo!
Le cose devono cambiare perché possono cambiare.
Dobbiamo e possiamo incrementare il dialogo e la costruttività.
Dobbiamo dare voce al disagio per spezzare il silenzio, perché il silenzio avvantaggia il centralismo e lo status quo.

Nazionalisti Sardi non si nasce, si diventa nel momento in cui il mondo ci crolla addosso nella più totale indifferenza generale.
Fortza Paris!

Di Puddu D. e B. Adriano.

U.R.N. Sardinnya ONLINE

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    7 Commenti

    • Popolo di pecoroni! Quando cambieremo?

    • Parole sante!

    • Salve,
      ho con piacere condiviso l’analisi nel mio blog e volevo congratularmi con gli autori per la chiarezza e la lucidità espositiva. A parer mio pecca solo nel passaggio in cui ci si rammarica di aver ricevuto poco in cambio dall’Italia. Ovviamente non perchè non sia vero ma perchè non si apre ad una riflessione sull’autodeterminazione e sull’indipendenza della Sardegna. Il sentimento del credito è proprio figlio, credo, della sindrome descritta. Si mantiene con il carceriere un rapporto di sub-alternità ed è dunque un legame malato. Eccezionale invece il passaggio in cui descrivete la coscienza servile, che “vittima” dei secoli, appartiene ormai al nostro popolo. Una coscienza appunto che non supera la dialettica del servo e del padrone, che non si pone e apre al mondo in modo paritario.. Grazie

    • [...] le ragioni di uno Stato che ci dimentica giorno dopo giorno. Non è colpa di nessuno, la “Sindrome di Stoccolma dei Sardi” è il prodotto dell’omologazione culturale italianista e del suo [...]

    • [...] Ma noi non abbiamo alcun potere in tal senso. I Sardi sono storicamente afflitti da una qualche “Sindrome di Stoccolma” che ne impedisce le capacità strutturali di sviluppo. Eppure, gli stessi Sardi all’Italia [...]

    • [...] della nostra Specialità al centralismo italiano. I fatti, come abbiamo visto, lo dimostrano. La “sindrome di Stoccolma” non paga. Non c’è da stupirsi pertanto che il Capo di Stato abbia risposto in tono [...]

    • [...] si accetta una situazione lesiva e la si consolida con la propria partecipazione. Tipico della “sindrome di Stoccolma”. Di riforme, di federalismo e di sovranità per sovvertire tali iniquità non si parla, il [...]

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