UE: Dal massacro di Katyn al Trattato di Lisbona
Verso la costruzione dell’UE. Contro i totalitarismi di destra e sinistra.
Ad una donna, capitò una mattina di salutare il proprio marito che si recava al lavoro nell’università in cui era docente. In agenda quella giornata c’era la pacifica protesta contro la censura imposta dalle autorità naziste ai centri di cultura della Polonia occupata.
Mentre accompagnava alla porta suo marito, scambiarono qualche fugace parola su che cosa si dovesse mangiare a pranzo e sul figlio al fronte, un valoroso ufficiale dell’Esercito Polacco. Da poco padre di una bambina. Correva infatti il secondo conflitto mondiale e la Polonia veniva militarmente spartita dagli effetti del Patto Molotov-Ribbentropp, un’alleanza tra il regime sovietico e quello nazista per la spartizione di Varsavia e dei Paesi Baltici. I nazisti andarono subito al dunque con i metodi che in Europa avrebbero tristemente collaudato (da ricordare anche il famigerato Ghetto di Varsavia), i Sovietici pure, con la differenza che l’occupazione comunista veniva presentata come “un baluardo di difesa contro” la tirannide nazista.
Ma anche i nazisti sul piano della propaganda non rimasero indifferenti e ben presto presero, a parti inverse, le “difese” del Popolo Polacco “contro” la tirannide bolscevica.
Di quella donna sappiamo che da quel giorno non vide mai più né il marito e né il figlio.
Il primo finì in un campo di concentramento nazista in cui perì, il secondo svanì nel nulla e per molti anni non si seppe se fosse vivo o morto. Quella donna non fu l’unica a perdere dei familiari in quella maniera. A migliaia di famiglie polacche toccò la stessa sorte.
E’ solo con la caduta dell’URSS che l’ultimo presidente Sovietico conferma il massacro di Katyn:
Quasi 50 anni prima il dittatore Stalin ordinò alla sua polizia segreta (NKVD) una “pulizia di classe” dei dirigenti polacchi finiti sotto la sua sfera di influenza, seguita all’occupazione della Polonia (prima) e della sconfitta dei nazisti (dopo). Tutti gli ufficiali, assieme a parecchie migliaia di militari comuni e cittadini vari, furono gradualmente incarcerati e deportati verso diverse località al limite con il confine russo. Da quei luoghi, con la promessa di una rapida liberazione, a gruppi vennero invece caricati su treni e bus per poi essere portati in una foresta (Katyn): Al loro arrivo, con fare ordinato e scientifico (sulla falsariga degli eccidi nazisti di massa), vennero privati degli effetti personali, legati con le mani sulla schiena ed inviati all’interno di una prigione dove vennero sistematicamente uccisi con un colpo alla nuca (sparato da un noto marchio di pistole tedesche) per poi essere caricati in un camion che li avrebbe portati (con un macabro quanto interminabile via-vai) in fosse comuni. Per sveltire la procedura, spesso si giustiziava i malcapitati direttamente a ridosso della fossa in maniera tale che la ruspa potesse coprire immediatamente di terra la catasta di cadaveri. Si decapitava così la classe dirigente che avrebbe potuto guidare la resistenza polacca contro il nascente regime sovietico nei paesi dell’est europeo. Le ultime stime del genocidio parlano di un totale di circa mezzo milione di morti.
Attorno ai 22.000 i soli morti tra l’aprile ed il maggio 1940 a Katyn, mentre sono solo 390 circa i sopravvissuti per varie ragioni.
Ben presto tuttavia il massacro venne a galla e con esso pure la verità, peccato che la verità “ufficiale” degli occupanti russi sancisse in capo ai tedeschi la responsabilità di questo crimine:
Chi si opponeva a questa versione (cui veniva anche obbligato ad una sottoscrizione formale), poteva rischiare il carcere, la tortura o ancora peggio.
Ai defunti di Katyn invece nei cimiteri si rimuoveva la lapide per cancellare ogni traccia e memoria dell’accaduto.
In precedenza, al processo di Norimberga, l’URSS non venne accusata di alcunché in quanto aministiata dal ruolo occupato di potenza vincitrice. Gli alleati occidentali non proferirono parola al riguardo.
Mai il detto “la storia la scrivono i vincitori” fu più azzeccato.
La Commissione d’inchiesta di Varsavia sui fatti di questo crimine contro l’umanità si è chiusa nel 2005.
Polonia oggi: Il Presidente Kaczynski firma l’emendamento contro i totalitarismi ed i loro simboli, anche la falce col martello vengono equiparati alla svastica per la sofferenza, le privazioni, il terrore ed i soprusi compiuti in nome del socialismo reale nella seconda metà del ’900 contro il Popolo Polacco. Una decisione ratificata dal Parlamento di Varsavia e condivisa dalla Pubblica Opinione.
Ovviamente il provvedimento non avrà effetto sulle pertinenze artistiche e culturali.
Si tratta di un ulteriore tassello aggiunto per la costruzione della nuova Europa, anche negli ex Paesi del Patto di Varsavia, dove il progressivo emergere della crudele verità storica (accompagnata da note produzioni cinematografiche) rimuove le decennali indifferenze, le omissioni, la vergogna ed i romanticismi socialisti per anni costruiti ipocritamente ad arte per nascondere il sanguinario volto di una realtà politica che non ha prodotto in Polonia la democrazia ma ne ha rallentato l’avvento portando solo morte e miseria.
La Polonia del resto fu proprio il Paese da cui partì, con l’azione del sindacato Solidarnosc, quell’effetto domino che portò alla rapida dissoluzione dell’URSS, simbolicamente rappresentata dalla riunificazione tedesca.
Ed è questa nuova Europa (con la Polonia rimasta nella partita del processo politico grazie ad un compromesso) che dal primo dicembre 2009 adotta formalmente il nuovo Trattato di Lisbona, la carta sostitutiva della Costituzione bocciata negli ultimi tempi dai referendum popolari di alcuni Paesi. Tra cui la Francia.
Con il nuovo trattato in vigore, non si può tuttavia affermare che esso sia un completo successo per la democrazia. Nei fatti per il cittadino comune cambierà poco e non si avvertirà quel senso di integrazione e partecipazione alla costruzione delle istituzioni Europee che fin’ora è sempre mancato.
Aumenterà certamente il potere dell’Europarlamento, il Trattato costituirà l’insieme dei vari documenti fin’ora prodotti per la costituzione formale dell’Unione Europea (come il TUE, modificato, ed il TCE, oggi TFUE).
Aumenteranno le competenze sulle materie inerenti la Pubblica Sicurezza, che quasi sicuramente comporteranno una serie di direttive comunitarie per le legislazioni nazionali dei Paesi membri.
Verrà parzialmente integrata la convenzione sui diritti civili Europea che quindi servirà ad accomunare in un unico testo tutte le discipline statuali sui diritti da conferire alle minoranze per limitare le più varie discriminazioni. Si aprono dunque nuove possibilità giuridiche per i cittadini Europei con l’assimilazione della Corte di Giustizia Europea verso le leggi primarie, nonostante da più parti si legga ancora come controversa la costruzione di un apparato normativo realmente efficace.
Non ultimi i dubbi sulla possibilità di avere una effettiva politica estera UE, ridimensionata dalle solite esigenze dei vari stati membri (i quali all’estero portano spesso avanti interessi contrastanti tra loro) e concretizzata in tale direzione dalla nomina della baronessa britannica Ashton (di estrazione laburista). La quale ha letteralmente “soffiato” via il posto al candidato italiano Massimo D’Alema, malvisto proprio dal gruppo Polacco a causa del suo passato tra le fila del PCI.
Come Sardi, non ci sono dubbi che il nostro ruolo sia proteso verso la necessità di guardare ad un’Europa più democratica, rispettosa delle minoranze, attenta alle esigenze territoriali dei mercati, nonché più rappresentativa proprio per quell’assenza di democraticità che oggi ci vede tagliati fuori: Anche a causa della legislazione italiana sul metodo di elezione di eventuali Europarlamentari Sardi a Strasburgo e Bruxelles.
Grazie per l’attenzione.
Testi consigliati sui fatti di Katyn:
- Pulizia di classe. Il massacro di Katyn. – Di Zaslavsky Victor (Il Mulino, 2006);
- Katyn e l’eccidio sovietico del 1940. Verità, giustizia e memoria. – Di Sanford George (UTET, 2007).
Di Bomboi Adriano.
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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi