Parte piano triennale della lingua, il Sardo a scuola – Di R. Bolognesi

La Giunta Regionale, su proposta dell’assessore della Pubblica Istruzione Sergio Milia, ha dato il via libera al Piano Triennale degli interventi  2011-2013, per la promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna. Nel nuovo Piano si punta molto sulla scuola e sulla famiglia, oltre ai media, per la comunicazione, per la promozione dell’informazione in lingua sarda. Ci sarà inoltre un sostegno ai premi di poesia, al sardo curriculare nelle scuole, agli sportelli linguistici. Interventi mirati per la  creazione di opere didattiche, traduzione di opere di prestigio e investimenti per le Università. Ecco l’opinione dell’esperto Roberto Bolognesi.

È apparso sul sito del PSD’AZ cagliaritano un articolo di Michele Podda che condivido in pieno (E la MONTAGNA partorì tanti TOPOLINI).
Il sardo deve essere immediatamente introdotto nelle scuole come materia curricolare. Ma chiunque abbia partecipato al dibattito sulla limba in questi anni sa che è proprio qui che cominciano i problemi.
I problemi sono di due ordini, ma si tratta in entrambi i casi di problemi politici e sono i politici che devono trovare una soluzione.
Quale sardo introdurre nella scuola?
Chi deve insegnare il sardo?
Questi problemi sono ancora irrisolti, perché i politici si sono finora nascosti dietro il dito degli “esperti”.
A loro volta, gli esperti sono schierati su posizioni politiche contrapposte e inconciliabili. In taluni casi, inconfessabili.
Chi ha seguito la mia polemica nei confronti dell’università di Sassari, nelle scorse settimane, si sarà reso conto che non esistono posizioni “neutrali” o “equilibrate” in queste questioni (L’agenda politica di Lupinu). Quello che esiste sono posizioni politiche dichiarate e posizioni politiche non dichiarate, ma verniciate di un’autoproclamata “imparzialità” che nasconde interessi politici molto concreti.
I politici dichiarati, allora, non possono più appellarsi al parere degli “esperti”, perché questi non sono altro che dei politici sotto mentite spoglie, che non hanno interesse a proclamare apertamente la loro appartenenza a una fazione politica: tirant sa pedra e cuant sa manu.
Perché?
Rispetto alla prima domanda, mi permetto, da partigiano dichiarato della limba, di fare alcune proposte.
1) La questione della lingua parlata e quella della lingua scritta vanno chiaramente distinte. In Sardegna non esiste alcun netto confine tra varietà settentrionali e meridionali della limba, mentre esistono due tradizioni ortografiche seguite da un numero limitato di persone. Se i politici avessero ancora dei dubbi, chiedano allora agli “esperti” che sostengono la divisione del sardo, di tracciare nettamente questo confine tra “campidanese” e “logudorese”. Chiedano, insomma, che i partigiani dell’ “imparzialità” indichino, paese per paese, chi deve usare il “campidanese” e chi il “logudorese”. Così tutti potrebbero verificare da sé, se quello che affermano gli esperti è vero. Io – malignamente, lo ammetto – mi limito a constatare che se non l’hanno fatto finora, qualche buon motivo ci sarà pure! Comunque, se i Sardi si dichiarassero felici di una tale divisione effettuata dagli “esperti”, io mi inchinerei volentieri davanti alla volontà popolare. Temo, però, che una simile concretizzazione delle idealizzazioni proposte da Wagner e dai suoi seguaci incontrerebbe le stesse difficoltà che incontra la LSC. Si veda, per esempio, il non travolgente successo ottenuto dallo “standard campidanese”, patrocinato dalla provincia di Cagliari. Per il “logudorese” esiste poi soltanto la proposta personalissima del Prof. Pittau, che non mi sembra abbia avuto sorte migliore. Fatto sta che, in politica, qualunque proposta si faccia, alla fine si riceve il conto. Insomma, chi sbaglia paga, e anche chi non fa niente può sbagliare e pagare caro.
Una via d’uscita esiste, e non da oggi (si veda il mio articolo in La lingua sarda atti del II convengno del GLS, Quartu 1997): evitare la confusione dei problemi posti dalla lingua parlata con quelli posti dalla lingua scritta. Se a livello del parlato i Sardi – e lo sappiamo tutti – sono attaccatissimi al loro dialetto locale, solo il 16% di essi scrive una qualche forma della limba (chirca sotziulinguistica). E se i politici volessero sapere quanto pesa questa divisione tradizionale tra “logudorese” e “campidanese”, avrebbero soltanto da commissionare una ricerca sull’uso delle diverse varietà del sardo scritto. Detto questo, va anche aggiunto che per il resto dei Sardi – e meno che mai per i bambini – la tradizione ortografica non gioca un ruolo importante.
Se si vuole lasciare che i Sardi imparino a scuola il loro dialetto locale esistono due vie: adottare il dialetto locale anche per lo scritto – e quindi per il materiale didattico – seguendo la tradizione ortografica pseudofonetica dell’italiano, oppure adottare uno standard ortografico che corrisponde in modo indiretto alla pronuncia locale di ciascun dialetto – seguendo la tradizione anglosassone: in proposito si veda quest’articolo (Due popoli, una lingua). Nel primo caso, i costi del materiale didattico verrebbero moltiplicati all’incirca per il numero dei dialetti esistenti – e si sancirebbe la divisione dei sardi – mentre nel secondo caso, i soli costi aggiuntivi sarebbero quelli dei brevi corsi di fonologia che dovrebbero seguire gli insegnanti di sardo. E adottando un’ortografia unitaria, si sancirebbe la reale ed esistente fondamentale unitarietà del sardo.
Sia la prima che la seconda opzione costituiscono delle scelte politiche, che i politici non possono delegare ad altri (ai politici mimetizzati da “esperti”).
2) Il sardo deve essere insegnato da parlanti del sardo e il sardo deve essere usato come lingua veicolare. Uno dei problemi più grandi per le lingue minoritarie è quello della mancanza di registri e di un lessico adeguati, e questo problema si presenta immediatamente in tutta la sua gravità nel momento in cui si decide di usare il sardo come lingua veicolare nella scuola. Come si spiegano la storia e la geografia in sardo? La situazione di diglossia esistente in Sardegna, relega il sardo all’uso nei registri bassi e al trattamento di argomenti quotidiani, non specialistici. Uno degli aspetti fondamentali della formazione degli insegnanti di sardo sarà allora quello dell’apprendimento di questi registri formali e tecnici. È chiaro che questo può avvenire soltanto se il sardo viene usato come lingua veicolare nei corsi di formazione per questi insegnanti. La R.A.S., allora, deve porre delle condizioni precise alle università: i finanziamenti dei corsi di formazione, devono essere subordinati all’impiego del sardo come lingua veicolare in un numero di casi che non può essere inferiore alla metà. Non si deve ripetere lo scandalo della carta bianca lasciata agli atenei italiani di Sardegna. Le conseguenze le conosciamo ormai tutti: a lasciarli fare, questi burloni si faranno beffe dei diritti linguistici dei Sardi (universidades de Sardinnia).
E non si tratta di mettere in discussione l’autonomia dell’università: se, per fare un esempio puramente ipotetico, è ovvio, l’università di Sassari avesse dei motivi ideologici per non usare il sardo come lingua veicolare, è liberissima di rifiutare i finanziamenti regionali. Quei fondi andrebbero allora ad altri soggetti disposti ad attenersi alle direttive regionali. Altrimenti, come nel passato, si tratterebbe soltanto di un finanziamento occulto all’università, dirottando una parte consistente dei limitati fondi a disposizione per la limba. Non sono un giurista, ma da profano sento odore di appropriazione indebita e di truffa, quando sento parlare di corsi di botanica in italiano, spacciati per corsi di cultura sarda.
Occorre allora restare allerta e soprattutto occorre incalzare sia l’Assessore alla Cultura, sia gli altri amministratori regionali e i politici, perché essi evitino che gli abusi del passato si ripetano.

I Sassaresi sono dei burloni simpatici, ma è meglio che non ridano alle nostre spalle.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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    1 Commento

    • io sono delparere che ogniuno deve parlare il sardo che ha imparato da piccolo il discorso sardo nelle scuole si puo risolvre solo cosi altrevie non ne vedo oltre cuesto ce un altro rebus da risolvere cuello di carloforte in cuanto cuelli parlano genovese

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