Post-elections: L’indipendentismo dei Sedda, dei Cumpostu e il sardismo dei Maninchedda
“La lealtà ostentata è un’impostura raffinata”.
Francois de La Rochefoucauld (1613 – 1680).
Dico la verità: a me non è piaciuta la campagna elettorale cagliaritana. Troppi veleni e troppi barbagianni venuti dalla penisola e prendere alla manina questo o quel candidato per indicarlo ai villici come il migliore in grado di guidarli. Uno spettacolo indecente e che spiega quale sia il livello culturale entro il quale è sprofondato questo bipolarismo italiano, fatto di risse e di minacce reciproche per conquistare fin l’ultimo plebeo scampato alla raccolta dei voti.
Eppure, ve li immaginate degli indipendentisti che dopo aver volgarmente mandato “affanculo” i candidati del bipolarismo italiano si apparentano con qualcuno di essi ai ballottaggi per andare “affanculo” insieme? La cosa sarebbe oltremodo imbarazzante.
Come sarebbe imbarazzante far finta di ignorare che “affanculo” sono stati mandati i dirigenti indipendentisti che, a Cagliari, non solo non hanno convinto l’elettorato, ma hanno convinto poco gli indipendentisti stessi.
E così torna a galla la logica del “meno peggio”, quella dove in genere il vecchio retaggio ideologico indipendentista vede nella sinistra il danno minore. La stessa area politica che in Parlamento ha votato per estendere i poligoni militari, quelli oggi sotto inchiesta dalla Magistratura per inquinamento ambientale e umano, probabile causa di tante patologie cancerogene.
Eppure, l’indipendentismo dovrebbe iniziare a capire che non può presentarsi sempre da solo contro una legge elettorale bipolare ma deve potersi alleare programmaticamente (e quindi non ideologicamente in base alla stupidaggine del “meno peggio”) o con il centrodestra o con il centrosinistra, per poi in seguito staccarsi da entrambi i poli. Magari allorquando si avrà il coraggio di riparlare di proporzionale.
Ma stare ai margini della vita politica, senza governare, forse può tornare utile solamente ai conservatori dell’indipendentismo, i quali possono abitualmente fare i martiri con la solita cerchia di persone ma senza proporre lo straccio di una riforma nell’interesse del proprio Popolo. E senza assumersi mai responsabilità per i disastri elettorali di cui sono i primi artefici.
Il problema dell’indipendentismo oggi è che non pone in cima alla sua agenda politica le riforme ma solo la propria autoreferenziale ideologia. Per esso è più importante la coerenza fine a se stessa che non – attraverso la compartecipazione ad un processo riformista – garantire a tutti i cittadini quegli strumenti che possano far maturare in loro una coscienza territoriale (ad esempio intervenendo su scuola e fisco).
Altrove infatti il nazionalismo è cresciuto perché ha creato le condizioni propedeutiche affinché attraverso le riforme si sviluppasse la sua base elettorale, per poi, all’occorrenza, staccarsi decisamente anche dai poli centralisti.
Parlare dei fallimenti del passato sardista non è una motivazione valida per non ripetere la strategia delle alleanze da parte indipendentista.
Ma in Sardegna cosa ci vogliamo fare? Prima del 2005 l’indipendentismo non aveva nel suo vocabolario neppure il termine “riforme”, checché ne dicano i vari Franciscu Sedda, Bustianu Cumpostu, etc.
Anzi, Sedda è addirittura riuscito a dividere gli indipendentisti in base alle bandierine (speriamo non volontariamente, anche se non ci crede nessuno) ed in un convegno a Cagliari il 29-01-11 si è addirittura domandato con i Rossomori cosa potrebbe mai fare un’isola di un milione e seicentomila abitanti contro gli oltre 60 milioni di italiani in tema di federalismo…
Vi pare possibile che un indipendentista non sappia che la lingua (così come succede a Bolzano e persino in Québec) è lo strumento con il quale si porta avanti una politica sovranista a prescindere dai numeri?
E che dire di Cumpostu? Da anni non riesce ad arrestare l’emorragia di consensi verso Sardigna Natzione, che nel corso dell’ultimo decennio ha perso la sua centralità nel panorama indipendentista. Come mai? Perché da parte sua e della sua cerchia non si ascoltano le critiche e non si dialoga mai seriamente con tutte le aree della società e dell’economia, né si è mai dedicata sufficiente attenzione alla comunicazione. A che serve quindi parlare di unità se poi si commettono sempre gli stessi errori che portano l’elettorato a darsela a gambe?
Tutte persone intelligenti ma i cui atti spesso ci lasciano perplessi.
L’indipendentismo nel suo complesso non ha neppure una strategia: perché non capisce che prima dei partiti italiani il “meno peggio”, se esiste, al di là del valore dell’alternanza, sono quelli territoriali. Ed i Riformatori Sardi, anche se non indipendentisti, sono un partito territoriale. A chi giova sfidare il bipolarismo italiano se dopo una discreta dose di indipendentisti vede nella sola sinistra “il meno peggio”?
Una vera politica territoriale casomai dovrebbe avversare per prima i partiti italiani e non un partito autonomista.
Allearsi non è comunque uno scandalo, purché lo si faccia preventivamente ed in base ad un programma. O sarebbe grottesco fare gli indipendentisti prima (in un primo turno) e i democristiani dopo (in un ballottaggio).
Poi ci sono ancora quegli indipendentisti che ritengono che un partito territoriale debba essere di destra o di sinistra. Se osserviamo i partiti nazionalisti che oggi in Europa stanno vincendo le principali tornate elettorali, notiamo con tutta tranquillità che tali modelli stanno portando avanti politiche centriste, con correnti sia liberali e sia socialdemocratiche. Ad esempio lo Scottish National Party ha dato attenzione tanto ai temi della sicurezza quanto a quelli del welfare, espugnando sia la destra filo-londinese, sia le vecchie roccaforti della sinistra filo-londinese. Ciò avviene ovunque, basti osservare l’N-VA Fiammingo in Belgio, o il CiU Catalano.
Sanno parlare ai bisogni concreti del Popolo senza dividersi sulle ultime mode della corte di Madrid.
E si consideri che in tali casi hanno anche un proprio Parlamento (conquistato grazie ad una vera fase autonomista e sovranista) nel quale talvolta leggiferano su materie etiche (le uniche per le quali oggi seriamente ci si potrebbe dividere sul versante progressista e conservatore). Ma il Consiglio Regionale Sardo non ha queste prerogative.
In Italia le Lega Nord pesca voti persino dagli operai.
A questo confusionario quadretto indipendentista nostrano, privo di strategia e con una base di militanza allo sbando, possiamo aggiungere il classico gattopardismo sardista: quello che si rifugia nell’ordinaria amministrazione e che per non far brutta figura con alcune capre presenti nei partiti alleati, giunge a considerare il suo stesso statuto come folclorico ed antistorico.
Chi sono le capre?
Quelle che non distinguono la nazionalità dalla cittadinanza di uno Stato. E sono anche quelle che quando parlano di federalismo non lo interpretano mai in termini multinazionali.
Vi pare possibile che un nazionalista possa farsi influenzare da una capra? Ovviamente no.
Ci auguriamo insomma che Maninchedda dia qualche strigliata in più ai suoi colleghi di partito, perché avendo avuto il merito di sviluppare il Partito Sardo d’Azione nel Nuorese, potrà permettersi di alzare la voce contro quella componente di sardisti della domenica capitata chissà come e chissà quando nel PSD’AZ: individui che, come alcuni membri dei Rossomori, han preferito festeggiare l’unità d’Italia piuttosto che il 28 aprile, die de sa Sardigna.
E poi ci sono anche indipendentisti che hanno il coraggio di chiedersi come mai il sardismo spesso non produca risultati…
Naturalmente ci aspettiamo che i sardisti quando parlano di “nazionale” si riferiscano alla Sardegna e non al complesso di quella italiana, che invece dovrebbe essere definita statale.
Speriamo anche che Maninchedda parli di storia Sarda, non si capisce per quale motivo un sardista non debba lavorare per far introdurre la storia del proprio territorio nel rispettivo sistema scolastico. Il tutto, sia chiaro, senza dare alla storia attribuzioni nazionalistiche.
Perché se i Sardi non conoscono la terra in cui camminano, che cosa diavolo dovrebbero tutelare? E’ questa la domanda che ogni sardista un tempo poneva al vertice della sua azione politica, e non solo il disagio economico, che è una costante.
Siamo dunque la barzelletta di tutto il nazionalismo delle minoranze senza Stato occidentali.
Naturalmente si prendano queste righe per ciò che sono: una critica costruttiva.
Chi le prende diversamente…beh…vada a quel paese, questa è la democrazia.
E questa è la nostra cultura politica: il liberalismo di dire ciò che pensiamo, affinché si cresca.
Di Bomboi Adriano.
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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi
La sua analisi, a dire il vero un po’ lunga considerato i “tempi” del web che impongono una comunicazione un po’ piu’ veloce, Il progetto di coalizione indipendentista a Cagliari non è stato brillante ma neanche così fallimentare come lei ci propone in modo anche simpatico. Non credo che i dirigenti dei movimenti siano stati vittima dei loro “sfanculamenti”. Del resto è stata un’esperienza anche divertente, la politica si fà anche provocando e con il sorriso.E’ evidente che Lei non ha vissuto la Campagna elettorale di Casteddu.
In una Città molto ostica e acerba per quanto riguarda le tematiche e la politica indipendentista si respira sicuramente aria nuova. Ho visto , mi creda, molti giovani fermarsi ai banchetti, molti ragazzi indossare quelle magliette e collezionare quegli adesivi ( di cui lei non parla )che riportavano frasi del tipo ” equitalia , combattiamola insieme ” oppure ” Gli usurai delle banche, combattiamoli insieme ” e non vado oltre perchè gli annunci erano veramente tanti. Credo che quindi per la prima volta un po’ di vento indipendentista sia entrato a Cagliari ed abbia raccolto bene considerando la tardiva candidatura della Zuncheddu e le poche risorse economiche a disposizione.
Per quanto riguarda l’analisi piu’ politica e quindi dell’isolamento di questi movimenti che non riescono ad entrare nelle istituzioni ( anche se ricordo i numerosi consiglieri, sindaci, vicesindaci di iRS…) credo ci sia bisogno di riflettere seriamente. L’indipendentismo in ogni caso raccoglie bene, la strada è lunga e ci sono i margini per una ulteriore crescita. Personalmente da attivista mi faccio il mazzo tanto per parlare con la gente dagli zilleri, per organizzare e partecipare alle manifestazioni, per elaborare soluzioni reali , per confrontarmi nei dibattiti insomma le battaglie ci sono e si fanno, dobbiamo interrogarci perchè i sardi continuano a farsi del Male.
Per non parlare poi dello scippo che i partiti sardo.italici delle nostre agende politiche. Noi in piazza e loro comodi che palleggiano la flotta sarda , equitalia, quirra come fossero veramente impegnati in queste battaglie.Spero che sia pubblicato il mio commento in nome di quel liberalismo di pensiero che chiude il suo articolo. Sigheus a cumbatti e arrexionai imparis per la nostra terra, sperando in un salto di qualità di tutto l’indipendentismo sardo così li manderemo “affanculo” insieme una volta per tutte, insieme a tutti quei sardi che vogliono davvero cambiare e non restare schiavi delle segreterie politiche dei partiti. A mesu Biere
Condivido nella sostanza l’articolo.
Le elezioni di Cagliari rappresentano per l’indipendentismo un bivio. Ora si deve decidere se restare da soli e tendere alla scomparsa o cercare alleanze su singoli obiettivi con i partiti bipolari (inteso come appartenenti al sistema del bopolarismo attuale. Il rischio è che si venga da questi fagocitati. Per evitare ciò è importante avere una strategia a medio lungo termine, dove ogni iniziativa sia inserita in un contesto e non sia frutto di estemporaneità.
il mondo indipenentista è fatto di persone che fra gli industriali-caseari ed i pastori, scelgono i pastori? il mondo indipenentista è fatto di persone che fra chi rovina l’ambiente ed il paesaggio sceglie chi lo difende? il mondo indipenentista è fatto di persone che fra la scuola pubblica e la privata si batte per la pubblica? il mondo indipenentista è fatto di persone che fra la sanità uguale per tutti si batte per la non privatizzazione? il mondo indipenentista è fatto di persone che si schiera per l’accoglienza dei più deboli o sta con chi gli vorrebbe buttare a mare?
Date le percentuali delle ultime elezioni amministrative si direbbe che i sardi una certa idea se la sono fatta. Bisogna tagliare la dipendenza dall’esterno, è per fare questo bisogna avere un progetto condiviso anche con i sardi che votano italiano; avere un blocco sociale di riferimento, avere una visione sociale progressista, avere un progetto di indipendenza che ci porti ad integrarci con l’Europa dei Popoli, e non degli stati. Bisogna avere l’umiltà di percorrere insieme ad altri, sardi se possibile, una lunga strada di emancipazzione e di libertà individuali. Slogan come nè di destra nè di sinistra non hanno in trent’anni di battaglie indipendentiste portato a nulla. Solamente al perdurare la posizione di leader decotti, che ancora oggi elezioni dopo elezioni sono al 0,…,.Bisogna fare delle scelte, in fretta, prima che sia troppo tardi per tutti.
salude
Si vede che non sei di Cagliari e che di Cagliari non sai niente.
Forse come la Zuncheddu, che preferisce allearsi con la sinistra quando di altri comuni sa poco.
ma vi la femu o no vi la femu.l’indipendenza si faci votendi indipendentista,no và alta manera parabali. finimula cun celti inghirii di parauli chi no facini altu che sbulicà li cialbeddhi di la gnenti.vi o abbeddhu a cumprindì chi la CULPA DI CHISTA MANCANZIA DI CUNSENSU ELETTORALI NO è DI LAMPA’ INNANTU A LI VARI SALE CUMPOSTU, ma a la mancanza di cuscenzia indipendentista di li saldi.lu motivu è di cilcà puru in celti passoni chi comu a te no credini veramenti all’indipendenza di chista taRRA,CELTAMENTI LU VOTU TOIU NON è ANDATU ALL’INDIPENDENTISTI,MA ARà INGRUSSATU LI NUMMARI DI CALCHI PALTITU ITALIANISTA.E SI è CUSSì, POI DI’ TUTTU LU CHI VOI,SEMU IN DEMOS-CRATZIA,PERò CUSSI SI FACI LU GIOCU DI BERLUSCAO E COMPONENTI DELLO STATO ITALIANO. SI TU L’AI LA RICETTA,DACCILLA,PONILA IN CAMPU,O PONITI ADDANAnzi e eu ti sigu.saludos