Dal Fiocco Verde alla sovranità fiscale. L’idea: Un modello Commonwealth per la Sardegna?
I cittadini sono chiamati a firmare per un appuntamento importante con la democrazia: l’iniziativa lanciata dal comitato del Fiocco Verde per istituire una Agenzia Sarda delle Entrate si inserisce a pieno titolo in quella visione riformistica della politica tesa a conquistare per gradi la sovranità.
Il controllo di una fiscalità fatta su misura per il tessuto socio-economico della nostra isola è il primo passo per la buona amministrazione delle risorse e per far capire al Popolo Sardo il valore dell’autogoverno e della responsabilità. Perché senza autogoverno e responsabilità, la nostra isola rimarrà in balia dell’assistenzialismo e della lamentela fine a se stessa, quella che alimenta il più classico gattopardismo politico dei maggiori partiti italiani in Sardegna.
Ciò di cui abbiamo bisogno, al di là dell’applicazione dell’art. 9 dello Statuto Autonomo Sardo (in materia di riscossione delle Entrate), è la creazione di una legislazione ad hoc distinta ma non concorrente rispetto a quella dello Stato Italiano. Per intenderci, ciò che si è già realizzato da anni nel modello Commonwealth, ovvero la creazione di un sistema in cui economie diverse coesistono nel quadro di una sola figura istituzionale eretta al rango di guida simbolica della confederazione. Ad esempio, la Regina Elisabetta II del Regno Unito è anche Capo di Stato dell’Australia e di altri Stati e nazioni ormai indipendenti dal vecchio dominio britannico. Senza che ciò influisca in termini economici nelle libere scelte di questi ultimi. Possiamo dunque immaginare una soluzione federativa simile come tappa intermedia della Sardegna tra l’Autonomia regionale del 1948 (insufficiente e neppure pienamente utilizzata), e la piena autodeterminazione dallo Stato Italiano.
L’avvio di una formula fiscale realmente autonoma consentirebbe di esaltare la subordinazione dell’attuale Statuto Speciale (e la classe dirigente centralista regionale) agli interessi della penisola italiana, ben diversi e spesso concorrenti a quelli Sardi. La vertenza entrate su cui lavorò insufficientemente anche la vecchia Giunta Soru infatti non solo non ottenne il rispetto dell’art. 8 dello Statuto Speciale (che prevede la restituzione di una parte del gettito fiscale maturato nell’isola, pari a circa 10 miliardi di euro), ma ha visto arenarsi un tema che invece avrebbe meritato e merita ogni possibile attenzione da parte dell’Opinione Pubblica e naturalmente di quella classe politica corresponsabile di tali mancanze, tanto a destra quanto a sinistra (come ben illustrata dal prof. Alessandro Mongili in un recente intervento su Sardegna 24).
La differenza essenziale della nostra realtà rispetto ad altre soluzioni istituzionali consiste, purtroppo, nella rigidità costituzionale italiana che non riconosce altre entità fuorché se stessa e i propri dettami. Contrariamente, ad esempio, il Regno Unito non ha neppure una vera e propria Costituzione.
In attesa dunque di portare su un piano prettamente politico i termini dello scontro complessivo con l’attuale formula costituzionale, è opportuno muovere i primi passi anche con un primo tentativo di riforma dello Statuto Speciale (con una Costituente sollecitata da vari fronti, inclusa la Fondazione Sardinia), ma anche attraverso l’immediato ricorso alla volontà popolare.
Bisogna tuttavia considerare che l’iniziativa del Fiocco Verde per un ente di riscossione Sardo delle Entrate promossa da Franciscu Sedda (ProgReS) può muoversi in parallelo alla richiesta di applicazione di altre parti dello Statuto Regionale fin’ora disattese.
Pensiamo all’art. 12 in materia di punti franchi. Occorre ricordare a tale proposito che il concetto di Zona Franca non è antitetico a quello della sovranità fiscale. Esistono forme di defiscalizzazione di varia natura, incluse deregulation burocratiche (come nelle accise sui carburanti e sul lavoro) che vengono attuate sia da Stati che da Autonomie locali soggette ad altre giurisdizioni. Elementi di cui tenere conto nei dibattiti che interessano politici ed economisti.
La Sardegna ha il disperato bisogno di attirare investimenti, capitali e risorse da impiegare per la formazione, lo sviluppo e l’impiego in tutti i principali settori dell’economia: dal primario al terziario, senza ignorare il manifatturiero.
La politica nazionalista Sarda saprà raccogliere questa sfida designando un processo riformistico globale o si limiterà alla retorica e alle soluzioni estemporanee?
Di Adriano Bomboi.
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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi
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