E se rivolgessimo la riflessione di Muroni ai movimenti Sardi?
“E’ disperatamente necessario ritornare alla qualità; dobbiamo ristabilire uno Stato minimo della migliore qualità, laddove invece la democrazia tende ad instaurare uno Stato massimo della qualità più scadente.”
(Erik von Kuehnelt-Leddihn, 1909-1999).
Il direttore dell’Unione Sarda Anthony Muroni ha espresso il timore che tanti indipendentisti da tempo si pongono: la Sardegna ci sarà ancora senza un capace supporto politico in sua difesa?
Il rischio è che l’isola divenga una pura entità geografica in balia di tutti quei poteri politici ed economici da cui, comunque, è storicamente sopraffatta (e con la determinante mediazione del ceto politico centralista).
Ma sul piano elettorale quali strategie hanno avviato i nostri movimenti autonomisti ed indipendentisti Sardi per far fronte alla situazione? Come intendono conquistare l’amministrazione dell’isola per arrestare questo lento e costante declino della Sardegna? In ultima analisi, come si stanno organizzando per superare l’iniquo sbarramento elettorale delle prossime regionali e in cosa si distingue la loro proposta politica? Vediamone alcuni.
Da una parte abbiamo il PDS (non quello di Occhetto), il “partito dei Sardi”, sempre più configurato come “partito delle leggi di attuazione”, perché fin’ora dal ventilato programma si è compreso solamente che non si intende riformare lo Statuto Autonomo ma semplicemente dare seguito ad una serie di misure mai attuate dal sardismo: autonomia nella riscossione fiscale, riduzione degli oligopoli, nonché, fra i vari temi, un assessorato alla lingua Sarda (e non un istituto). I limiti di questa proposta? Si tratta di un sovranismo senza sovranità, con la scadenza già indicata sull’etichetta, poiché rispetto al sardismo non ha fin’ora offerto una pacchetto programmatico contenente delle riforme istituzionali (Sedda e Maninchedda avrebbero quindi potuto lavorare dentro il PSD’AZ, se ideologie e personalismi non l’avessero impedito).
Il bello della politica è che cambia giorno dopo giorno, perché se la strategia di Paolo Maninchedda era quella di sfruttare la crisi interna al PD per proporsi come candidato del centrosinistra, questa poteva dirsi valida fino a poche settimane fa, ma oggi manifesta tutte le difficoltà dovute alla capacità dei conservatori del PD di fare quadrato attorno al nome della Barracciu, sbarrando così la strada per la vittoria a qualsiasi eventuale outsider (e perdendo anche la sfida con il centrodestra). A questo punto, per evitare che il PDS divenga l’ennesima microsigla autonomista di corredo a qualche polo centralista, vi chiederete se Franciscu Sedda e Paolo Maninchedda hanno avviato contatti con il progetto politico di Michela Murgia. “Ovviamente” no, sia la Murgia che Sedda e Maninchedda si scambiano accuse di inconsistenza politica a vicenda. La prima attraversa solo a sinistra senza vedere il camion che arriva da destra, ragiona come se avesse la vittoria in tasca. E come se la collaborazione fra indipendentisti (non in un partito unico ma unitario) sia deprecabile. I secondi sciorinano curriculum per dimostrare la loro coerenza di posizioni ed il lungo attivismo politico rispetto a quello della scrittrice di Cabras. Certo è che se il decennale attivismo politico di Sedda si è tradotto nell’accoglimento della strategia sardista (alleanza con partiti italiani per conquistare riforme graduali), non si capisce dove stia la grande innovazione politica. Ma bisogna anche dire che sia Sedda che Maninchedda hanno tutto il diritto di cambiare opinione e proporre una politica che, stando ai loro intenti, dovrebbe produrre risultati. Vi starete poi chiedendo in cosa si differenzi la proposta politica del ProgReS di Michela Murgia rispetto al PDS. Non lo sa nessuno, forse neppure loro. Si sa semplicemente che hanno programmi analoghi, con diversi livelli di competenza per attuarli (non fatemi argomentare quest’ultima frase o partirebbero infinite polemiche e dovrei parlare nuovamente di PNS). Di conseguenza le differenze non sono relative all’ideologia programmatica ma si collocano solo sul piano delle alleanze elettorali.
Ed IRS? Fra un dialogo col PD ed uno col Movimento 5 Stelle, il movimento di Gavino Sale dimostra di essere pervenuto alle medesime conclusioni di Franciscu Sedda, e cioè che le alleanze con partiti italiani sono giustificabili se servono a conseguire una amministrazione regionale che abbia una coerente presenza indipendentista. E che differenze programmatiche ci sono rispetto al PDS? Probabilmente, come nel rapporto col ProgReS, nessuna. E perché sono divisi? Ve lo dico dopo.
Tanti lettori vorrebbero sapere che posizioni assumeranno Sardigna Natzione ed A Manca pro s’Indipendentzia. C’è da dire che negli ultimi tempi sono nate diverse sigle con finalità analoghe alla nostra U.R.N. Sardinnya, ad esempio c’è Casa Sardegna ed il Laboratorio Gallura, tutte con l’idea di “unire gli indipendentisti”. Ciò che mi sento di consigliare alla buona volontà di queste due ultime associazioni è di fornire anche un apporto critico e propositivo al ruolo ed alla dimensione strategica operata nella politica Sarda dal complesso dei nostri movimenti, del tutto inconsistenti. Ed il cui sviluppo non arriverà sicuramente dall’unione di sigle le cui leadership non sono ancora adeguate a collaborare, a fondersi dove hanno programmi identici, a riformarsi, e ad intraprendere delle primarie per la scelta dei candidati più idonei ad affrontare delle elezioni (anni fa U.R.N. Sardinnya fu anche la prima a parlare di primarie fra indipendentisti). Ad esempio, fin’ora SNI ed AMPI non hanno sostenuto la Murgia in quanto non hanno condiviso la proposta di candidatura unilaterale di ProgReS. Eppure ProgReS ha avuto tutto il diritto di proporre il nome di Michela Murgia. SNI ed AMPI quindi dovrebbero esprimere dei nomi per partecipare a delle primarie in competizione con la Murgia e per stabilire quale debba essere il candidato indipendentista unitario che non si allea con il bipolarismo italiano. Se non ce l’hanno, cosa abbastanza evidente, allora dovrebbero sostenere la Murgia.
E il PSD’AZ? Il partito si trova ad un giro di boa, non ha compreso la proposta di Maninchedda condannando entrambi ad un possibile marginalismo politico. Il sardismo azionista si è privato di un valido candidato, oltre che di un intellettuale, ed i suoi quadri dirigenti non hanno compreso che nelle attuali condizioni il partito (attivo nella retorica elettorale e passivo nella pratica amministrativa) non sopravviverà altri 90 anni, in quanto non ha più la centralità ideologica del nazionalismo Sardo. Il PSD’AZ poteva essere il nucleo di un più vasto Partito Nazionale Sardo, riformista, dedito al superamento dell’attuale Statuto autonomo regionale, capace di accogliere terze sigle al suo interno. Poteva persino preservarne nome e simbolo in basso ad un generale restyling del progetto, in continuità con una lunga tradizione storica.
L’aspetto più grave della decadenza del sardismo è certamente la sua italianizzazione, perché per evitare quel trend che – come diceva Muroni – vedrà la Sardegna ridursi ad una mera entità geografica, proprio il PSD’AZ avrebbe potuto essere il motore trainante dell’utilizzazione politica ed istituzionale della lingua Sarda (in passato accolse i temi proposti dal movimento linguistico), ma tutto è stato ridotto al silenzio.
Certo, anche con la complice indifferenza di Maninchedda che sottovalutò troppo questo tema nel corso della sua permanenza sardista. Oggi abbiamo candidati politici, non solo sardisti, prevalentemente orientati su nozioni economicistiche, come se l’identità linguistica e culturale non sia la culla dello sviluppo economico (Sudtirol docet). Candidati più interessati al tema della riscossione fiscale che ai criteri di imposizione fiscale, perché per questi ultimi serve una potestà legislativa superiore che lo Statuto autonomo del 1948 non ci consente. Candidati che sognano un “Boston Tea Party” seduti in poltrona, perché vorrebbero emulare l’ideologia dell’indipendenza americana ma senza prendersi i rischi di un invito all’evasione fiscale, che in una realtà come quella Sarda avrebbe i tratti della legittima difesa dallo statalismo romano. Abbiamo candidati divisi per ragioni personalistiche e non per semplici ragioni di posizionamento politico, tanto meno per pluralismo di vedute (datosi che hanno tutti programmi analoghi). E tutti vorrebbero essere i promotori dell’unità e della salvezza della patria, ma per adesso non sanno neppure salvare se stessi.
Diciamoci la verità, la Sardegna non ha la classe dirigente che merita, neppure quella indipendentista. Fortunatamente alle elezioni si farà un po di pulizia, perché il numero delle natiche supera quello delle poltrone.
Adriano Bomboi.
Iscarica custu articulu in PDF
U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos
in realtà la nascita di tutti questi corpuscoli da qualche centinaio di iscritti è quello che sta facendo fallire il sardismo. Non vinco all’interno del partito? me ne faccio uno mio… Se tutti questi dibatttiti proposti da Irs, sardigna nazione, pds progress si fossero svolti nella culla di origine (cioè il Psd’az) oggi avremo avuto veramente un grande partito dei sardi. In realtà questi partiti starebbero bene come correnti di uno stesso partito, dove la maggioranza avrebbe dettato la linea. Invece i personalismi hanno portato gradualmente a questa situazione allucinante dove tutti si accaniscono per raccattare i quattro voti senza ampliare il consenso.
Purtroppo è così…
No m’ammemto de aer lezitu mai chi progres appat fattu propostas de primarias a sos ateros partitos o movimentos indipendentistas.
[...] leghidu s’articulu de Adrianu Bomboi (http://www.sanatzione.eu/2013/08/e-se-rivolgessimo-la-riflessione-di-muroni-ai-movimenti-sardi/) e m’est torrada a conca cussa barzelleta ebrea ki un’amiga–mesu ebrea, dae parte [...]
Già Omar, anche ProgReS non ha mai parlato apertamente di primarie….