Servitù e Libertas: perché sui poligoni bisogna smetterla di fare i moderati

Di Adriano Bomboi.

Come si allontanano le servitù militari che inquinano e non producono ricchezza per il territorio? Secondo alcuni amici unendo le nuove istanze del presidente Pigliaru a quelle del variegato movimento anti-basi. Stando ai sostenitori di questa tattica, a Roma dovrebbero impressionarsi per la compattezza dei manifestanti e delle richieste di ridimensionamento esposte dalla Giunta regionale al Ministero della Difesa.
Quindi cosa aggiungere al dibattito sulle servitù? E’ noto quanto in passato alcuni governatori più celebri di Pigliaru (e con un notevole seguito popolare) non siano mai riusciti a modificare l’assetto dei poligoni Sardi, che anzi sono costantemente aumentati nel corso degli anni, dato l’incremento commerciale e tecnologico dei test bellici effettuati. Non credo neppure che oggi le condizioni siano più propizie che in passato. Alla guerra fredda si è sostituita la lotta al terrorismo internazionale, il peacekeeping e soprattutto l’attacco preventivo in varie forme, circostanza che sicuramente sarà emersa nelle telefonate rivolte dalla Difesa verso Cagliari. Inoltre la vecchia tattica governativa non è mai cambiata: separare le singole vertenze della questione Sarda per poi diluirle separatamente in una infruttuosa e lunga trattativa. E’ la separazione dei polli, e succede anche sul piano militare. Dopotutto Pigliaru non è il più qualificato per un gioco al ribasso: nel corso della vertenza entrate rinunciò a 10 miliardi di euro puntando a 5, e l’esito lo conosciamo. Roma ha dato anche meno. A Palazzo Chigi e al Ministero della Difesa manca una telefonata dalla giunta regionale che sappia alzare la voce. Sulla riduzione delle servitù militari non possiamo fare sconti, per avere (almeno) 5 bisogna puntare a 10, e non il contrario. Non si tratta di massimalismo, ma di capire che oggi l’inconcludenza si annida anche nel tatticismo fine a se stesso.
Decenni di storia autonomistica e di rivendicazioni fallite (inclusa quella del sardista Mario Melis) dovrebbero averci insegnato qualcosa. La controparte, lo Stato, non è un interlocutore affidabile. Nel 1989 ha usato persino la Corte Costituzionale per nullificare un referendum consultivo sul tema.

E allora la domanda diventa una sola: siamo diventati tutti democristiani? Qui la gente muore di cancro, civili e militari, e noi giochiamo a fare i moderati. A Bolzano si scontrano persino sul fisco, da noi di fronte alla morte la politica si aspetta che non venga turbato l’ordine costituito. Non concordo neppure con Paolo Maninchedda quando cerca di separare l’efficienza della rappresentanza dagli umori della piazza, contestando chi ha legittimamente scelto forme non istituzionali di protesta. Io non ci sto, e ve lo dice uno che non può certamente essere accusato di sfrenato antimilitarismo.
La linea degli oppositori alle basi, prevalentemente di sinistra, è morbida. Ma attenzione, non sto invitando a trasformare i cancelli di Capo Frasca nel bersaglio di una nuova guerriglia No TAV, sono contro la violenza e per la democrazia. Ma bisogna capire che a Roma occorre parlare chiaro, e che non si può saldare il movimento anti-basi alla posizione del presidente Pigliaru (che trascinerebbe nel fiasco il valore politico della protesta). Piuttosto, bisogna far capire al nostro governatore – come ha già sostenuto Vito Biolchini (secondo me riponendo fiducia eccessiva in Pigliaru) e Fiorenzo Caterini – che invece bisogna aprire uno scontro istituzionale con lo Stato su diversi fronti, da quello fiscale, a quello militare, passando per quello culturale. Senza questa linea la manifestazione del 13 settembre contro le servitù sarà una semplice passerella, che al massimo finirà per offrire qualche contentino ai Sardi sul versante delle riduzioni, ma lasciando inalterato lo zoccolo duro dei poligoni Sardi. I tempi di Renato Soru e del caso di La Maddalena sono finiti, oggi gli Stati Uniti non stanno smobilitando alcuna base, non ci sono decisioni altrui su cui ricamarci politicamente sopra. Bisogna inoltre coinvolgere l’Unione Europea, l’Italia è l’unico Stato al mondo che bombarda dei siti archeologici tutelati nel suo stesso territorio. Sono fatti di una gravità inaudita di cui qualcuno deve rispondere. Chi gioca a fare il moderato e il demosardista non si rende conto di sottrarre alla nostra politica le ragioni per alzare i toni dello scontro con lo Stato della barbarie.
La Costituzione Svizzera consente ai Cantoni di esprimersi, in modo vincolante, in tema di Difesa e politica estera, in Italia si tratta di materie precluse alle Regioni. Forse la sinistra che sostiene sia la Costituzione italiana e sia il movimento anti-basi dovrebbe fare ordine nelle proprie idee, per riformare il dibattito in chiave veramente sovranista.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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