L’indipendentismo corso riprende la lotta armata?
L’indipendentismo corso riprende la lotta armata?
Una presunta rinascita del Fronte di Liberazione Nazionale della Corsica riaccende in Sardegna varie riflessioni.
Di che si tratta?
Un gesto isolato di militanti insoddisfatti dalla strategia democratica intrapresa dai vecchi leader?
Un dissidio interno alla maggioranza nazionalista?
Oppure una provocazione dell’intelligence francese contro quest’ultima?
La riflessione di Mario Carboni (PSD’AZ).
L’apparizione di guerriglieri mascherati in Corsica, seguita da un comunicato che rende di dominio pubblico la rinascita del FLNC, che aveva deciso di abbandonare la lotta armata, ha suscitato in Sardegna la solita e particolare attenzione.
Le due isole sorelle sono governate da due autonomisti e, seppur in condizioni diverse, l’autonomismo si trova in forte crescita. Il che lascia spazio a diverse considerazioni.
Quando si attua una lotta armata e poi si smette, come già accaduto in passato, c’è sempre chi non è d’accordo o chi vuole ricominciare. Non per questo bisogna per forza esorcizzare o demonizzare i fatti evocando l’uomo nero od oscure trame da barbuti dei servizi.
Politicamente parlando è preferibile dire se si è d’accordo o in disaccordo con gli ultimi avvenimenti. Ed io sono radicalmente contrario.
In primis, e non solo da sardista, in quanto avverso alla violenza, per di più in una fase della storia europea in cui si manifesta democraticamente la lotta di liberazione delle nazioni senza stato.
Inoltre, in Corsica, dopo i locali successi elettorali dei nazionalisti, si avvicinano le elezioni regionali 2021, che saranno la prova del nove per i partiti al governo.
La prossima legislatura sarà molto importante perché il nuovo Statuto d’autonomia entrerà in pieno vigore con più competenze. Sarà quindi il successo dei nazionalisti corsi a decidere quanto si potrà ottenere, in seguito, oltre agli accordi di Matignon, per dare corpo ad una maggiore Autonomia statuita nei punti fondanti dell’Autonomismo/indipendentismo còrso.
Che non sia tutto rose e fiori in Corsica è cosa tristemente nota, e che ci sia attrito fra le due componenti della maggioranza capitanate dai due Dioscuri – uno a capo dell’Esecutivo e l’altro dell’Assemblea – è cosa nota.
Non per nulla Max Simeoni ha recentemente pubblicato una profonda e allarmata dichiarazione avvertendo sui pericoli dell’elettoralismo e del dimenticare i principi e le battaglie politiche che hanno condotto alla vittoria.
Evidentemente aveva sentore, o notizia, che a qualcuno prudessero le mani o che forse altri volessero iniziare una politica dei due forni, una pacifica e l’altra violenta: sia per fare pressione sui francesi, che però se ne infischiano ed anzi possono strumentalizzare al meglio i loro interessi; sia come manovra politica per recuperare voti verso la componente ora minoritaria rispetto a quella autonomista dei Simeoni, e che forse ritiene di aver perso qualcosa accettando la via parlamentare, elettorale e sopratutto, contemporaneamente, non violenta.
Da non escludere infatti il fuoco “amico” interno alla galassia nazionalista, una scelta politica per separare ciò che si è unito con grande difficoltà e che per vincere ancora alle prossime elezioni regionali dovrà essere ancora più unito per non rischiare di perdere anche solo per una manciata di voti o di non voti dissidenti.
A tal riguardo attendiamo le dichiarazioni politiche dei vari partiti e movimenti su questa estemporanea resurrezione del Fronte di Liberazione Nazionale della Corsica.
I quali si trovano in un momento di profonda riflessione, ma è certo che i còrsi aspettano chiarezza e non ambiguità.
Non bisogna dimenticare il grande successo alle presidenziali del 2017 della Le Pen, votatissima in Corsica, e del grande successo della destra in generale, dove l’anima forse troppo spostata a sinistra degli autonomisti/indipendentisti, alleati con successo con i verdi per le Europee, confligge, per l’appunto, con un’anima parallela destrorsa.
Quest’ultima, approfittando della pandemia e di altre crisi epocali quali islamismo radicale presente anche in Corsica con un potenziale bacino di reclutamento nell’immigrazione musulmana, potrebbe dare preoccupazioni e brutte sorprese elettorali agli autonomisti, se divisi o poco convinti.
Chi da noi, volesse trovare similitudini e consonanze con una realtà politica da sempre diversa dalla nostra, o consolazione per sconfitte elettorali da schiacciasassi rispetto alle quali non c’è traccia di rielaborazione del lutto, né di autocritica per errori commessi e neppure nuove idee sulle quali ricostruire una militanza reale, si condannerebbe all’inconsistenza politica di lungo periodo.
Eppure Corsica e Sardegna possono guardare ad obiettivi analoghi, seppur inseriti in contesti diversi: rafforzare il successo dell’autonomismo teso all’indipendenza, governando progetti riformistici che dovrebbero durare almeno due legislature, cioè non meno di un decennio per ottenere risultati importanti.
Ma sbagliano i velleitari antisardisti nostrani, che ad ogni sparo o esplosione nell’Isula suredda fanno festa, senza comprendere il contesto nel quale si manifestano tali percorsi politici.
Lo aveva già osservato a suo tempo Camillo Bellieni, scrivendo quanto le due isole fossero sì sorelle, ma non gemelle.
Scarica questo articolo in PDF
Redazione SANATZIONE.EU
La Sardegna governata da un autonomista? Questa è davvero una barzelletta!