PD sardo si allea coi filorussi di Liberu, prossimo flop della Schlein

Campo largo o campo santo? Mentre gli “indipendentisti” di Liberu emulano la strategia del PSD’AZ, il partito di Fratelli d’Italia scalda i motori per vincere le prossime elezioni regionali. Ma dov’è finito l’indipendentismo sardo?

Sotto il quadretto di sua santità Antonello Cabras, per usare un eufemismo Mongiliano, il PD di Elly Schlein si appresta infatti a perdere le prossime elezioni regionali.

Il mitico “campo largo”, promosso dalla nuova segreteria piddina, come ci ricorda Daniele Capezzone, ha sin qui inanellato una serie disastrosa di risultati elettorali, perdendo importanti Regioni e Comuni. Sia a causa della sua confusione programmatica, sia a causa della manifesta deriva verso sinistra che ha lasciato scoperta un’ampia area elettorale moderata e liberale. Quella su cui (teoricamente) dovrebbe invece puntare la parte più nobile e riformista di un indipendentismo pragmatico.

E d’altronde nessuno sa bene cosa sia questo “campo santo” Schlein (che a noi pare più un cimitero di caduti austriaci della Grande Guerra), se non un generico contenitore di sigle cosiddette “progressiste”, che parte dai 5 Stelle di Conte ed oggi termina coi rossobruni di Liberu. Cioè presunti indipendentisti i cui leader insultano un giorno si e l’altro pure il popolo ucraino ed il suo diritto all’indipendenza dall’imperialismo del Cremlino.

Ma per capire l’entità dei problemi che le prossime elezioni si guarderanno dall’affrontare, è sufficiente osservare tanto la situazione della nostra isola, quanto le implicazioni della scelta di Liberu.

In primis dobbiamo ricordare che la Sardegna presenta seri gap di competitività, istruzione e natalità.

La maggior parte del nostro tessuto produttivo è formato da piccole e medie imprese falcidiate da fisco, burocrazia, produttività bassa e alti costi energetici (questi ultimi accresciuti dal ricatto putiniano su cui gli indipendentisti filo-Schlein non sembrano aver nulla da dire). Causali che hanno origine sia nelle politiche dello Stato centrale, che nell’incapacità politica sarda di darsi un’agenda delle priorità e delle riforme “elvetiche” da affrontare. Probabilmente perché non esiste un’adeguata cultura per svilupparla.

E tutto questo mentre i nostri giovani stagnano nella disoccupazione, nell’assistenzialismo, in un basso tasso di istruzione, ma anche verso nuova emigrazione. In viaggio verso paesi in cui non esistono piccole imprese a bassa produttività incapaci di offrire salari più alti. Mentre gli indipendentisti filo-Schlein scaricano le cause di problemi che non comprendono verso astrazioni ideologiche come “il capitalismo” e il “neoliberismo”, in piena sintonia con la cultura sovranista italiana da cui ritengono di essere “alternativi”.

E dunque Devias, tra i leader di Liberu, che propone di fare?

In maniera alquanto ingenua ritiene che allearsi col centrosinistra italiano consentirà al suo partito di superare gli ostacoli di un’ostica legge elettorale regionale, e di portare qualche candidato tra i banchi del Consiglio regionale per promuovere “l’indipendentismo”. Forse, temo, con l’intento di confondere le idee alla pubblica opinione, magari attaccando le servitù militari, e cioè il lavoro di migliaia di sardi, il nostro diritto ad una Difesa di qualità, che rispetti l’equilibrio delle alleanze internazionali (sul modello dell’SNP scozzese). E soprattutto senza riflettere su una ponderata riduzione delle medesime basi militari per condividere con altre Regioni il peso dell’inquinamento e della sottrazione di ampie porzioni di territorio che esse inevitabilmente comportano.

Decenni di alleanze coi partiti italiani, da parte dell’indipendentismo sardo, dal sardismo sino alla breve esperienza di IRS col consigliere Gavino Sale, seppur su basi diverse, non hanno ancora prodotto significative riforme volte a sviluppare l’autonomia regionale.

E benché non sia una strategia intrinsecamente sbagliata, essere presenti in Consiglio regionale, anche col centrodestra, non deve avere la finalità di fare mera testimonianza dell’esistenza della propria identità politica. L’obiettivo deve e dovrebbe essere quello di sviluppare peso politico, in conseguenza di un radicamento nella società sarda (che oggi possiede per alcuni versi solo il PSD’AZ), al fine di proporre ed orientare la famosa agenda delle riforme di cui ho fatto menzione.

Ci riusciremo?

Non a queste condizioni.

Di Adriano Bomboi.

Scarica questo articolo in PDF

U.R.N. Sardinnya ONLINE

Be Sociable, Share!

    Commenta



    Per la pubblicazione i commenti dovranno essere approvati dalla Redazione.