2014-2024: 10 anni fa una rivoluzione liberale e libertaria nell’indipendentismo sardo
Dieci anni fa, una monografia sull’indipendentismo sardo, che fotografava il contesto passato e recente dell’allora politica isolana, divenne occasione per introdurre una serie di temi e principi sino ad allora inediti nel circuito nazionalitario locale.
“L’indipendentismo sardo. Le ragioni, la storia, i protagonisti” (Condaghes, Cagliari, 2014).
Con esso si superava definitivamente una formula etnonazionalista di stampo socialista in favore di un civic nationalism di matrice liberale. Una summa di conclusioni avviate tramite gli articoli pubblicati su Sa Natzione dal 2005 al 2014, e approdati alla Condaghes grazie al consiglio del compianto Gianfranco Pintore, uno dei maggiori scrittori sardi contemporanei.
L’indipendentismo veniva così interpretato come motore propulsivo per un riformismo culturale, sociale, economico e istituzionale della nostra società. Un agente progressista, aperto alle sfide della globalizzazione, e contrapposto alla partitocrazia italiana di destra e sinistra, ritenuta non idonea ad affrontare riforme utili al cambiamento.
Tra le novità, si propugnava una Sardegna confederale, sul modello elvetico, ma europeista, integrata alla NATO, con una battaglia per la riduzione del settore pubblico a favore di quello privato, auspicando una riforma dell’istruzione, anche in chiave plurilinguista, con un fisco ed una burocrazia a misura di impresa e del cittadino, capace di attirare investimenti in loco.
Nomi come Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek, Milton Friedman, Karl Popper e tanti altri, compresi grandi classici come Adam Smith e John Locke, venivano direttamente proiettati in un ambiente che non aveva particolare familiarità con tali contenuti.
Inclusi pure interventi del Generale della Brigata Sassari Gianfranco Scalas, del filosofo Carlo Lottieri e del leader indipendentista Bustianu Cumpostu. Da Washington a Tokyo, è il testo identitario sardo più diffuso al mondo in biblioteche e librerie universitarie.
Un libro dei sogni?
Si e no.
Si, perché ovviamente, nonostante le vendite del libro proseguano anche oggi online, nessuno dei punti auspicati si è tradotto in una robusta proposta politica. In primis da parte dell’area sardista, che non ha saputo affrontare gli attesi principi di trasparenza e riduzione del perimetro assistenziale della nostra spesa pubblica, utilizzata come strumento per ottenere consenso politico. Né questa ha avviato riforme per accrescere la nostra Autonomia all’insegna della responsabilità: ossia più poteri istituzionali, ma graduale limitazione dei trasferimenti centrali all’isola.
Non solo non si sono attuate riforme al riguardo, ma non si è neppure iniziato a discutere nel merito della loro eventuale natura.
Questi propositi non hanno fatto breccia, se non in minima parte, neppure nella restante area indipendentista, che in larga misura rimane influenzata dalla cultura populistica italiana di sinistra radicale. E da altre disastrose esperienze internazionali di riferimento, priva di un apparato critico di riflessione sul proprio agire, flagellata dal leaderismo, nonché inquinata dalla passione per alcune dittature asiatiche e latinoamericane. In definitiva, spesso portatrice di contenuti che non ottengono particolare fiducia da parte dell’elettorato sardo.
Ma non è e non è stato del tutto un libro dei sogni per altre ragioni.
Superata la fase complottista e rivendicazionista di una consistente parte dell’indipendentismo, accline al complottismo, al movimentismo di piazza privo di controproposte ed a ritenere i mali sardi interamente originati da cause esterne, si iniziava a valutare con umiltà e responsabilità i nostri limiti.
E se dobbiamo fare un’autocritica, alla luce di quanto esposto, bisogna affermare che c’era un grande assente nel lavoro del 2014.
Il testo, soffermandosi sulla storia e sui principi del variegato universo sardista, non conteneva un capitolo ad hoc sulle condizioni economiche dell’isola, né un’analisi aggiornata al presente circa i limiti e i ritardi del nostro capitale umano: si pensi ai disastrosi tassi di produttività del nostro scarno tessuto aziendale, alla rigidità ed ai costi del nostro mercato del lavoro, al palese ritardo tecnologico ed ovviamente ai gravi ritardi formativi dei nostri giovani. Un brodo di coltura per sterili movimentismi populistici, in sintonia col declino del resto del Mezzogiorno e d’Italia.
Questa lacuna verrà colmata con un nuovo lavoro alcuni anni più tardi, di gran lunga più rilevante del primo, e non con un solo capitolo ma in un intero libro: “Problemi economico-finanziari della Sardegna” (Condaghes, Cagliari, 2019), con postfazione dello storico Marco Bassani.
Tutt’ora, nella quasi totalità degli argomenti, di stretta attualità e necessità.
In conclusione, non possiamo sapere che cosa accadrà nei prossimi dieci anni. Possiamo però certamente prevedere che, senza alcuna riforma, la Sardegna proseguirà la sua desertificazione socio-economica, e sarà ancora più difficile arrestarla.
Insomma, se alle feste volete regalare uno o due libri utili a contrastare la demagogia e il conformismo dilaganti, sapete dove rivolgervi.
Adriano Bomboi.
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