Il mito dell’Italia nel potere persuasivo dei Media

Medias-URN SardinnyaDi Melis Roberto.

Pensate al decadimento sociale dell’Italia: Una nazione fittizia guidata da una classe dirigente che proclama moralismo in TV mentre l’economia va a rotoli….salvo il giorno seguente presentarsi con i calzoni abbassati di fronte ad un trans o ad una escort.

Negli ultimi 60 anni, gli strumenti di comunicazione, ovvero i mass media abituali che oggi conosciamo come i giornali, le radio e le tv, sono ormai la guida suprema sotto cui inginocchiarsi:
Dagli anni del “Carosello” fino agli ultimi talk-show, le masse hanno sempre seguito ciò che viene definito “intrattenimento”, ma anche folklore, informazione, calcio (il vero collante della Repubblica), spazzatura e propaganda politica: Un ludibrio di comunicazione giunto fino al punto da confondere tutto in un unico calderone.
Bisogna prendere atto che buona parte di ciò che scrivono i giornali e di ciò che si dice in tv o nelle radio è spesso e volentieri il prodotto del gruppo bancario ed editoriale collegato ai principali partiti centralisti di turno.
Certo, in Italia non c’è un rischio “regime”, abbiamo la democrazia, ma c’è un rischio di omologazione verso il basso, perché la “democrazia del quarto potere” è deviata e/o diretta dalla partitocrazia e dal clientelismo.
Stando ad alcuni organi di informazione interni, l’Italia quasi non avrebbe sentito la crisi internazionale, i media hanno salvato le apparenze, così come “Noè salvò sulla sua arca il meglio del creato dal diluvio universale”.
Peccato che le tasche vuote dei nostri concittadini siano tutt’altro che semplici apparenze.
Ma è proprio il ceto medio a non accorgersi di quanto i mass-media in Italia siano poco credibili. Alcuni canali, mediante programmi televisivi di critica politica o persino sulla rassegna stampa (così come attraverso degli show di intrattenimento), eseguono una vera e propria campagna elettorale sui partiti di cui fanno parte. In Italia infatti ad ogni cambio di maggioranza si trasformano anche le principali redazioni giornalistiche, talvolta persino alcuni esponenti dello spettacolo.
Ma ormai la cosa ha smesso di sorprenderci.
Ci sono pure alcune emittenti che eseguono una propaganda elettorale velata, forse più efficace rispetto a quella classica proprio per la sua subdola insidiosità:
Quanti di noi si saranno fatti delle risate osservando dei cabaret in un clima di satira politica che non risparmia nessuno? (A parte l’editore di turno s’intende..).
I politici ne sono infastiditi? Macché..ne sono i mandanti! La TV di Stato ne è un triste esempio, da sempre oggetto di polemiche tra forze politiche di maggioranza e di opposizione.
Si trasmette e si scrive solo ciò che non rappresenta la realtà drammatica in cui versa lo Stato Italiano.

Internet è un potente mezzo di comunicazione dove si ha la libertà di informare e di ricevere informazione, e questa viene prodotta anche da soggetti o associazioni indipendenti dal mondo politico.
Il web è dunque un grande vantaggio per tutti quei lettori attenti che credono ancora nel valore e nel ruolo che un’informazione imparziale deve ricoprire in una società moderna: integrare e controbilanciare il potere politico.
Eppure sono ancora tantissime le persone che non utilizzano in maniera oculata le notizie della rete, o peggio, che sono ancora schiave di un sistema (politicizzato) dell’informazione ostile alla diffusione del web.
E non è un caso.
Sono anche i media ad aver costruito il mito dell’unità nazionale italiana, a partire dal dopoguerra e dal boom economico degli anni ’60, quando la TV entrò in pianta stabile dentro le case di molti cittadini.
In Sardegna questo processo, come sempre, fu più lento: A causa del degrado economico con cui veniva mantenuta la popolazione, ben peggiore dell’attuale sistema assistenzialistico in cui la ricchezza viene bruciata e non si investono risorse per solidificarla e farla respirare di vita propria.
C’è la convinzione di essere italiani e di essere membri di un paese avanzato, ed in parte lo siamo.
C’è la convinzione diffusa che in tutte le parti del mondo, come in Italia, ci sia solo una lotta individuale e macchinosa tra due visioni speculari ma fratricide, tra la “destra e la sinistra”, quasi fossero due squadre di calcio per le quali bisogna fare il tifo. Si tratta di una dinamica pre-esistente nel subconscio popolare:
L’Italia come nazione non esisteva, era una sommatoria di stati con lingue ed identità differenti le quali sono state unite dall’espansionismo militare del Piemonte, a suo tempo avvallato dalla benedizione di Napoleone III° di Francia.
La dinamica della “rissa tra squadre” era pertanto un fenomeno prevedibile nel DNA di questo organismo, il quale non ha fatto altro che acuire le sue divisioni a seguito della guerra fredda.
La penisola è stata infatti un Paese di confine (nel Mediterraneo) con gli stati del Patto di Varsavia, era dunque inevitabile che la resistenza ideologica seguita alla caduta del fascismo si saldasse ad un contesto che ha finito per produrre uno scarno bipolarismo nel quale l’unità della Repubblica è solo la cornice di un quadro mal riuscito in partenza.
In un luogo in cui ignoranza e populismo sono il sale del pubblico vilipendio, c’è la convinzione che tutto ciò che dicono i mass media sia la realtà assoluta.
Le conseguenze?
Tutte le istituzioni pubbliche, le scuole ed i servizi sono malati e nulla funziona a dovere. Non esiste il concetto del bene pubblico.
A livello sociologico, ogni azione può essere opera buona o cattiva in base allo schieramento di appartenenza. La sedicente nazione non conta. Esiste solo la fazione, la tribù, l’individualismo.
Ma per stare sull’attualità, pensate ad una nota parte del mondo sindacale, che “difende” vari ceti del popolo in maniera apparentemente determinata, ma con l’unico intento di accrescere la sua lobby, per poi andare in piazza a cincischiare piuttosto che sedersi e dialogare con le altre parti sociali. Chi ne paga le conseguenze, in fin dei conti, è sempre il popolo.
I media coadiuvano alacremente questa pubblica ignoranza, nelle TV commerciali si ergono a miti degli imbecilli mentre nel frattempo il tasso di efficienza della nostra scolarizzazione forse farebbe invidia solo al “terzo mondo”.
Questo anche perché, a differenza di molti altri paesi, l’Italia centralista non investe in innovazione ed ancora meno tutela le varie anime identitarie che la compongono. Sembra quasi che prima del 1861 non esista alcun patrimonio multiculturale, né alcuna ricchezza da valorizzare.
Se facessimo un paragone con i paesi definiti “poveri” (o comunque più bassi per reddito procapite), negli stati dell’est Europeo troveremmo un tipo di scolarizzazione che tende all’investimento sulla cultura dell’individuo, sulla sua preparazione al mondo del lavoro e sullo sviluppo della collettività. Non è un caso che in Italia (paese da G8?), molti laureati sappiano parlare una sola lingua e non sappiano affatto capitalizzare il proprio curriculum di studi.
Siamo così giunti al paradosso da avere, non di rado, laureati perfettamente ignoranti in diverse pertinenze di pubblico interesse.
Schiavi senzienti dell’omologazione e della retorica a cui sono esposti, gli italiani vorrebbero difendere un benessere che in verità non esiste.
Avremmo bisogno di un sistema federale.
Ad esempio, siamo lontani dal federalismo fiscale e amministrativo che c’è in Spagna, ma anche dal benessere e dalla qualità di vita che esiste negli altri stati d’Europa.
Pensate, nell’est Europeo, come in alcuni paesi del nord’Africa, hanno piccolissime spese e stipendi in linea con il costo della vita; in certi stati nazionali indipendenti come l’Irlanda o comunità autonome come la Galicia e la Cantabria spagnola hanno piccole spese e grandi salari; in Italia invece difendiamo ideologicamente il sistema ed il modello istituzionale del nostro Stato. Nonostante si abbia grandi spese, piccoli stipendi e nessun progetto sostenibile per il futuro. A parte quello di andare in pensione il più tardi possibile per salvare il sistema previdenziale dal crack…
Non si arriva a fine mese ma nel frattempo dai media l’occhio del grande fratello e della telefonia mobile bazzica nelle nostre vite: Veniamo sovraccaricati da pubblicità di vario genere, anche sulle connessioni internet, che gli italiani pensano siano tra le più avanzate del mondo con milioni di megabytes al secondo, da dividere in realtà con tutta l’utenza che è connessa in quel dato momento attraverso “chiavette” usb impresentabili in qualsiasi stato del nuovo secolo.
Ormai anche negli stati più poveri dell’occidente e dell’oriente è arrivata la linea wireless gratuita e sempre attiva.

In sintesi…levate all’Italia il calcio, i vari format dei più disparati reality show, levate i telegiornali, occultate gli scandali sessuali e l’intrattenimento politico e quindi chiedetevi:
Che cosa rimane dell’Italia? Come in un fiume carsico, tutte le pulsioni presenti che denotano l’assenza di un sentimento nazionale comune verrebbero violentemente a galla.

U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos

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