Lettera al Presidente della Plastwood (OT)
Per chi, come noi, crede in una Sardegna migliore, l’aver letto le sue dichiarazioni tenute sul quotidiano l’Unione Sarda del 27-03-10 (vedi PDF) è stato un duro colpo.
La situazione che Lei ha descritto rientra nell’ordine di una constatazione che da tempo abbiamo ben presente: La materiale impossibilità di creare sviluppo, cultura ed occupazione in un luogo vessato da istituzioni, non solo sorde, ma strutturalmente incapaci di accompagnare l’impresa fuori da un periodo di
difficoltà.
L’inevitabile conseguenza di questo sistema porta all’estinzione di tutti i buoni propositi che l’hanno spinta in un avventura imprenditoriale (Geomag/Supermag) che comunque ha saputo dare lustro alla Sardegna. E di questo prestigio gliene siamo grati.
Ma le parole non producono utili:
In una vera Autonomia, con una reale Sovranità, una situazione simile non sarebbe stata possibile. Pur considerando la normativa UE sui criteri del libero mercato, lo Stato non avrebbe dovuto calcare la mano sul piano del debito maturato nel corso del tempo.
Tantomeno avrebbe trovato porte chiuse da parte di un serio partito territoriale nel momento del massimo bisogno.
Il dramma della realtà purtroppo supera la fantasia e Lei non è il primo, né sarà l’ultimo a lamentare questo stato di cose.
Da tempo e senza protagonismi ci battiamo per una riforma della politica identitaria Sarda, perché riteniamo che il superamento dei ritardi culturali, sociali e politici, passano prima di tutto per una riforma degli strumenti che dovrebbero consentire quelle riforme istituzionali idonee a creare una vera Sovranità:
Ben diversa da quella fantomatica Autonomia che bussa alla porta dello “scambio di clientele” e svanisce come nebbia al sole quando si tratta di salvare dei posti di lavoro.
Gli strumenti di cui facevamo menzione possono essere solo dei partiti Sardi, soggetti politici in grado di pesare nei numeri di un’amministrazione regionale orientandone l’agenda delle riforme.
Ed è solo con una Sardegna munita di reale Autonomia che potremmo ridurre il centralismo politico romano (di destra o sinistra che sia); riqualificare la Pubblica Istruzione regionale (disponendo, ad esempio, la formazione di una cultura di management); e tale Sovranità potrebbe intervenire sul Fisco; il Credito dovrebbe saper creare investimento in loco; ed inoltre ci sarebbe un canale di comunicazione ben più serio di quello attuale nei confronti dell’Unione Europea.
Il sistema corrente invece non crea ricchezza, la consuma. E con essa svanisce il progresso e la capacità di camminare sulle proprie gambe, che alimenta il classico parassitismo politico. I partiti italiani con le loro logiche di posizionamento sono inadeguati, così come spesso e volentieri anche i nostri movimenti Sardi, ideologizzati e talvolta folklorizzati rispetto alle sfide che ci attendono.
Noi crediamo in una Sardegna diversa. Continui a crederci anche Lei, perché perdere la volontà del cambiamento (come capita troppo spesso a noi Sardi), è indice di resa:
E la resa equivale al consegnare un triste futuro ai nostri figli.
Cordiali Saluti,
Bomboi Adriano.
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Gruppo U.R.N. Sardinnya – Nazionalisti Sardi
Dobbiamo cambiare la nostra mentalità di sudditi e di schiavi, per iniziare a sentirci cittadini per poter essere protagonosti del nostro futuro, solo se saremmo uniti ci riusciremmo.
Iniziamo a discutere di politica economica.