Elezioni 2010: Protesta e Nazionalismo Sardo in crescita, manca un disegno politico

“Dovremmo avere il coraggio di ritornare di nuovo a casa per trovare le radici di una nuova e moderna prosperità. Dove la disoccupazione non devasti più la nostra gente, dove l’eredità culturale non sia cancellata dalle solite logiche di guadagno, dove il peggiore affarismo metropolitano non continui ad uccidere le nostre menti…”
Da: “Il partito che non c’è” – Anghelu Caria (1947 > 1996).

Cari Lettori,

Vi avevamo promesso un’analisi del voto dopo le amministrative dello scorso 31 maggio. Al di là dei ballottaggi, l’imponente mole di dati presentatasi alla chiusura delle urne nel primo turno – con tutte le variabili e le motivazioni raccolte – non ci permettono di elencarvi le singole curiosità che molti di voi si attendono. Altri dati ci perverranno nel tempo. Possiamo comunque riassumere il complesso della situazione politica che, come Sardi, ci interessa più da vicino nell’ottica di ragionare su un progetto per lo sviluppo economico e sociale della nostra terra.

Il dato generale pende favorevolmente verso i Partiti Sardi: siamo lieti di una netta affermazione della loro crescita in tutte le 8 province Sarde da parte delle sigle che hanno espresso i loro candidati.
Il risultato è altalenante a seconda del territorio e non sono mancati casi dove purtroppo i movimenti Sardi si sono contesi gli stessi elettori a vicenda: una situazione derivante dalla loro frammentazione che non cambia la positiva crescita di IRS; la prevalente affermazione nel Nuorese del Partito Sardo d’Azione; l’incremento del PAR.I.S. “Malu Entu”; e la chiara tenuta di Fortza Paris, tra le principali sigle che hanno partecipato a questa competizione elettorale.
Il PSD’AZ è stato probabilmente la rivelazione provinciale del momento, lo stesso leader Paolo Maninchedda con questa vittoria candida la sua area alla testa di ponte di tutto il partito aprendosi immediatamente alla collaborazione con i riformisti presenti in tutti i partiti Sardi ma anche in quelli italiani: tra coloro che sono stati costretti a digerire candidature inappropriate per la rappresentanza del territorio. Ma torneremo a breve su questo tema ed all’apertura dello stesso On. Maninchedda all’ipotesi di un Partito Nazionale Sardo.
Per IRS, unitariamente a diverse amministrazioni comunali, gli elettori promuovono Sebastian Madau alla carica di consigliere per la Provincia di Oristano, segue la conferma di Sale in quella Sassarese e si candida per una poltrona nel Nuorese Bobore Bussa.
Uno dei lavori più difficili dell’ultima campagna elettorale è stato quello portato avanti da Fortza Paris, una sigla che era praticamente scomparsa dopo la prima fusione nel PDL e che in soli 2 mesi di lavoro, a prescindere dal deludente risultato della lista Massidda nel Cagliaritano, raccoglie qualcosa come 15.000 voti. Portandosi così (senza mezzi, candidati noti e finanze adeguate) direttamente alle spalle di un movimento come IRS, attivo da 8 anni.
Per quanto riguarda IRS, risulta infatti inferiore alle aspettative il risultato della corrente ideologica rappresentata da Ornella Demuru, nonostante la segretaria indipendentista avrà tempi e modi per migliorare la sua posizione.
La perdita di voti di IRS in talune aree (rispetto, non tanto al 2005 ma al 2009*) è stata comunque positivamente rimpiazzata dai buoni risultati ottenuti nel resto dell’isola, uniti ad una complessiva crescita del movimento in tutti i territori rispetto alle statistiche del recente passato. *Il dato diventa comparabile nel momento in cui IRS parla di elettori “coscienti”, ma se tale quella percentuale fosse stata, non sarebbe certo mutata così rapidamente.
Nonostante tutto, è il bipartitismo (PD-PDL) il grande sconfitto del 31 maggio scorso. I più grandi partiti italiani perdono pezzi e consensi nel pieno di una crisi economica che ne evidenzia tutti i limiti strutturali e dirigenziali nel momento di massimo bisogno da parte dei Sardi. Non si può affermare ci sia stato un vero e proprio test sulla Giunta Cappellacci, né sull’opposizione che non conferma alcun successo assoluto. Il Popolo non ha creduto loro ed ha disertato le urne, premiando invece in diversi casi i partiti Sardi nel loro complesso. Questo non significa tuttavia che vi sia una robusta partecipazione dell’elettorato alle tematiche dell’indipendentismo Sardo. Questa consapevolezza si è invece verificata laddove i movimenti Sardi hanno consolidato una loro posizione nel territorio o vi hanno investito diverse risorse umane e materiali: elemento facilmente distinguibile osservando la diversità di elettorato in cui (ad esempio) hanno pescato IRS ed il Partito Sardo d’Azione. Purtroppo IRS non raccoglie voti oltre i giovani e non raggiunge il grande elettorato: non si penetra nel ceto medio, nelle fasce meno abbienti ma anche nelle categorie professionali più prestigiose. Area che sembra invece attirare il progetto sardista.
Una curiosità spiegabile (non solo) per la storica esperienza dei sardisti nel settore amministrativo, ma altresì per l’assenza di una coscienza territoriale diffusa che coinvolge i Sardi nella loro totalità. Senza una reale Autonomia, sono solo i giovani formati alla scuola dell’indipendentismo a guardare con meno timore all’ipotesi repubblicana, mentre la crescita dell’elettorato sardista è permeata anche da un nuovo bacino di consapevolezza “sovranista”, il quale ritiene che nessuna repubblica possa essere fatta senza preventivamente trasformare e potenziare la sovranità regionale per gradi. Due visioni speculari e non necessariamente contrapposte quando arriverà il momento di collaborare politicamente.

Ma a differenza del bipartitismo italiano, il bipolarismo ha infatti tamponato la crisi dei due maggiori partiti italiani di centrodestra e centrosinistra. L’effetto più evidente del fallimento del “metodo Vendola” in Sardegna lo si è avuto proprio in un territorio complesso come il Cagliaritano, dove le due liste contrapposte al centrodestra di Farris ed al centrosinistra del condannato in primo grado Milia catalizzano meno dissenso (esterno ed interno ai loro bacini di riferimento) del previsto.
Un episodio disdicevole avvenuto durante la campagna elettorale è stato proprio quello che ha visto elementi del PDL di Farris contestare (assieme ad elementi della sinistra) il comizio tenuto dalla Lega Nord Sardegna con il Senatore del PDL Piergiorgio Massidda: una pessima caduta di stile e soprattutto di democrazia da parte di chi, tutto l’anno, non fa che ricevere da Roma in Sardegna i più vari rappresentanti politici centralisti (vedere Vendola o Berlusconi) ma si costerna (non disinteressatamente) all’arrivo di un noto esponente leghista. Il fenomeno Lega Nord nell’isola è stato comunque precedentemente arginato a causa del veto apposto dal Partito Sardo d’Azione all’ingresso dei Padani nella coalizione del centrodestra Sardo.
D’altra parte, che motivo di vanto poteva essere per la Lega Nord Sardinia il fatto di essere il “miglior alleato italiano” del PDL? Questa è la Sardegna.
La Lega ovviamente, con la sua spinta finanziaria, spaventa il già tortuoso sentiero dei partiti Sardi. Eppure a noi non dispiace del tutto che una forza politica venga a ricordare loro l’inutilità delle nostre divisioni interne. Gli stessi membri della Lega Nord Sardinia del resto sono tutt’altro che “razzisti” come certa propaganda potrebbe dipingere: perché hanno semplicemente visto nel movimento Padano un modello territoriale di successo. A dispetto delle note e superflue frammentazioni dei partiti Sardi.
Ma questa non è neppure la Puglia, dove un candidato come Vendola può fare la voce grossa con le segreterie romane:
Se dunque la lista Massidda (che si presentava come alternativa al PDL “ufficiale” di Farris) non tiene testa all’arroganza del centralismo, lo stesso dicasi per la lista targata “Italia dei Valori” in cui correva l’On. Palomba per la guida della Provincia di Cagliari, alternativa alla coalizione Milia. IDV che purtroppo nel Nuorese ha scelto l’apparentamento con la discutibile coalizione di Deriu: tutt’altro che incentrata sui pregi dell’alternanza.
Il Nazionalismo Sardo rimane purtroppo succube del centralismo italiano e delle sue logiche, pensiamo ad esempio quanto la scelta elettorale dei Rossomori condizioni il suo rapporto con il PSD’AZ in ragione della sola esistenza del Premier Berlusconi, leader del PDL con cui sono alleati i sardisti.
Nel Nuorese è stato proprio il Partito Sardo d’Azione ad aprire una breccia storica nel bipolarismo: al primo turno i sardisti hanno ottenuto 10.509 voti (pari al 12, 83%) contro gli 8.855 voti (pari al 10, 81%) del PDL alleato.
Tutto questo non deve farci esultare ma indurci alla riflessione.

Il candidato dissidente del centrosinistra Nuorese Arbau ha avuto il merito di essersi contrapposto ad una nomenclatura che da anni detiene il potere clientelare della Provincia, una manovra che ha saputo ricondurre al voto tanti elettori inizialmente orientati verso l’astensione. Voti che purtroppo i partiti Sardi non riescono ancora a raccogliere, siano essi omogenei o avversi al bipolarismo. Pesa sul PSD’AZ la cocente sconfitta di Giacomo Sanna per la conquista del Comune di Sassari. Una scelta di coerenza nell’apparentamento con il PDL pagata a caro prezzo a causa della difficoltà di svolgere una campagna elettorale in contrapposizione a chi, come Ganau, ha governato con i Sardisti in maggioranza fino a poco tempo prima: Evento sintomatico dunque dell’assenza di una valida regia politica del partito rispetto alle singole scelte delle federazioni. Il Partito Sardo d’Azione deve lavorare per estendere la piattaforma del dialogo nel Nazionalismo Sardo, urge ridurre la frammentazione ed evitare quanto si sta manifestando sin all’indomani del voto: una politica territoriale che, sebbene in crescita, non dispone di alcuna coesa strategia politica in grado di porsi come robusto interlocutore nei confronti della politica italiana nelle amministrazioni in cui si presenta.
Gli stessi membri di PD e PDL non capiscono che oggi essere riformisti e liberali significa contrapporsi alle segreterie romane da cui dipendono, abbandonando miti lontani per elaborare soluzioni territoriali maggiormente efficaci per lo sviluppo della Sardegna.
Da Todi è giunta addirittura la notizia che l’UDC starebbe lavorando per la costituzione del Partito della Nazione (non Sardo ovviamente, ma italiano), una scelta, la loro, che rientra nel più generale quadro di crisi dello Stato Italiano, con una Lega Nord in crescita ed una retorica prossima ai festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità Italiana che dimentica la realtà storica del suo risorgimento: come lo studioso Francesco Cesare Casula ci ricorda infatti, l’Italia non fu che il connubio di realtà culturali diverse e lo stesso Regno d’Italia fu l’evoluzione del Regno di Sardegna, allora retto dalla Corona Sabauda. Un’architettura istituzionale accentratrice costruita sul divario tra il nord ed il sud, a beneficio del potere politico e della corruzione, elementi che spesso dimenticano le effettive capacità di modernizzazione di realtà uniche come la Sardegna. Ci chiediamo con quale coraggio (ed alla luce della crescente forza dei partiti Sardi) l’UDC di Roberto Capelli potrà assecondare la proposta politica che si starebbe condensando oltre-Tirreno.
Anche Sardigna Natzione, il PAR.I.S. di Meloni, l’UDS ed importanti settori dei Riformatori Sardi sarebbero aperti ad una soluzione unitaria per dare maggiore coordinazione politica ad un bacino che non ha ancora solidi punti di riferimento all’orizzonte.
La nuova Fortza Paris ha adottato senza se e senza ma lo slogan “verso il Partito Nazionale Sardo”, a riprova della volontà di individuare il perimetro entro le quali tutte le avanguardie del Nazionalismo Sardo pongano fine alla dispersione ed alle divisioni e si aprano ad intese che conducano ad un progetto politico unitario e solidale in cui i Sardi possano riconoscersi.
I programmi dei movimenti Sardi sono prevalentemente identici e risultano divisi esclusivamente sul piano delle alleanze politiche. Il movimento IRS, più di tutti, necessita di maggiore apertura nei suoi rapporti con l’esterno, onde sviluppare il giusto clima di dialogo reciproco che il buonsenso di queste elezioni ci ha posto davanti: oggi sappiamo che il bipartitismo non è invincibile ma sappiamo che per battere il bipolarismo occorre sviluppare un maggior peso amministrativo. E si tratta di una credibilità pubblica che costruiremo superando inutili etichette apposte per frazionare la nostra proposta politica e renderla inefficace rispetto ai partiti italiani.
Agli eletti di tutti i movimenti Sardi, sia in maggioranza che all’opposizione, chiediamo di dare prova di interesse verso la Comunità iniziando a votare all’unanimità tutte quelle proposte legislative che in sede amministrativa rappresenteranno gli univoci interessi del Popolo Sardo e che fin da oggi fanno parte dei singoli programmi di tali sigle. Le battaglie sull’identità e per il lavoro possono trovare ampi spazi di convergenza politica.

Dobbiamo inoltre ricordare gli oltre 45.000 voti raccolti dalla vecchia Sardigna Natzione al primo turno delle Regionali ’99, nelle quali, con una legge elettorale diversa e con maggiori difficoltà derivanti anche allora da un voto di protesta, nel tempo fu dilapidato un bacino elettorale che poteva essere consolidato e sviluppato.
Il passato sia dunque di monito per non cullarsi sugli allori dell’autocontemplazione. Abbiamo perso 10 anni in sciocche lotte intestine ed abbiamo risultati elettorali inferiori alle attese: tolta la parentesi di Progetto Sardegna con l’avvento di Soru in politica, solo oggi si inizia nuovamente a crescere ed a parlare con coraggio di unità e di riforme.
Perché l’una senza le altre limiterebbero fortemente le nostre capacità di penetrazione sociale a scapito di un elettorato cosciente delle proprie aspirazioni. Oggi una inversione di tendenza si è creata, bisogna andare avanti e limitare le reciproche diffidenze.
Dobbiamo dare un’anima ed una mente al corpo del Nazionalismo Sardo.
Insieme possiamo farcela. Non date retta alle sirene che affermano il contrario, esse sono le guardie dell’immobilismo. Il cambiamento è in atto e non ha eguali nella storia di Sardegna.

Fortza Paris!

Di B. Adriano e Corda Marco.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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4 Commenti

  • Deu emu a bolli chi sa cosa e is cosas chi seu liggendi in cust’analisi diventinti realis in pagus annus, perou…Deu, mi seu permittiu de fai una proposta a is de IRS de su Sulcis po occ’annu chi benniri casi ca nci funti is comunalis, poita no pensai a unu laboratoriu politigu, aundi si potzant arreconosci atras personas e atrus partidus e movimentus? Custu momentu bisongiara a dhu pesai beni, no bisongiara a castiai cun ogu trevessu su risultau de is atrus, ma cunu ogu bonu e menti serena bisongiara a nd’arrexonai de aundi si poriri andai! Atrus, bisongiara chi tenganta prus coragiu a lassai su schema centru deretu o centru’e manca, ca no si portara a nisciunu logu!

  • i 45000 voti dilapidati da sn di cui si parla nell’articolo non erano nient’altro che voti dati a listoni privi di rilevanza elettorale. La stessa coalizione raccimolo nelle liste provinciali (utili per entrare nel palazzo) poco più del 1%.

    Un’analisi del voto come quella presentata è a dir poco un assurdità.
    Dire che iRS ha perso voti rispetto al 2009 è pura follia.

  • I 45.000 voti del primo turno avevano rilevanza elettorale ma non confermati sul provinciale sia per la protesta ed anche per l’assenza di una struttura nel territorio che all’epoca l’indipendentismo non aveva. Solo oggi IRS ad esempio ne sta costruendo una. Per quanto riguarda i voti persi, guardi il dato di Cagliari città o del Medio Campidano dal 2009 al 2010. Se legge bene inoltre l’articolo si accorgerà che non c’è scritto che IRS ha perso voti in generale ma che quei voti che ha perso in determinate aree li ha ampiamente rimpiazzati dalla generale crescita del movimento in tutta la Sardegna. Cordialmente.

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