Sequestro in Algeria: Una lettera a Rossella Urru, un esempio per la Sardegna
E’ alquanto triste accorgersi del valore delle persone solo quando queste balzano agli onori della cronaca per qualche brutto avvenimento che le riguarda. Ma forse è proprio la discrezione del loro operato a darci una misura del loro spessore umano.
Chi opera con sincerità nel campo della solidarietà e della generosità infatti non ha tempo per lodarsi ma solo la consapevolezza di fare del bene senza aspettarsi nulla in cambio.
In una società dove i beni materiali hanno completamente sostituito l’umiltà e l’aiuto verso il prossimo, persone come Rossella sono un esempio per tutti e uno stimolo a guardare con speranza al nostro futuro.
Non è stata rapita solo una donna, è stata rapita la parte migliore della Sardegna: quella che non si arrende, quella che non si lamenta e che porta avanti con grande dignità quei valori che troppo spesso diamo per scontati nell’indifferenza generale.
Chi, come il sottoscritto, ha visitato realtà dove la democrazia, il benessere e persino una strada su cui camminare, sono merce rara, è ben consapevole dei rischi a cui si può andare incontro. E questo non fa che aumentare la stima verso una persona che, con grande coraggio, ha messo da parte gli agi dell’occidente per aiutare un Popolo in difficoltà.
Siamo fiduciosi nell’operato delle istituzioni algerine, del Ministero degli Esteri italiano e delle Agenzie di Sicurezza interessate dalla vicenda.
Siamo vicini a Rossella e alla sua famiglia in questo difficile momento augurandoci il suo immediato rilascio affinché possa tornare a casa.
Adriano Bomboi,
Ass.ne U.R.N. Sardinnya, 16-11-11.
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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi
Mi associo a te, Adriano. Il professore che seguiva la mia tesi di Storia del diritto italiano (sugli istituti dotali detti “a sa sardischa” e “a sa pisanischa”) mi rimproverava sempre quando usavo l’espressione “nel buio del Medioevo”.
A quel buio, ahimè, stiamo tornando. Solo che questo nostro buio non ha di quello la spiritualità e l’arte eccelsa, che lo riscattava: luce destinata a illuminare avanti, nei secoli.
In questo nostro buio protagonista è l’immagine liquida – per dirla con Bauman – quegli istanti squarciati dai flash fotografici o illuminati dall’invisibile occhio della videocamera, sui quali poi il buio che torna a chiudersi pare più denso, più definitivo, perché porta con sè un oblio che si nutre di ferite non rimarginate e di traumi irrisolti: un buio/avvoltoio, che ci racconta in maniera o-scena (fuori dalla scena della vita) quanta e quale è la nostra morte interiore.
E’ una instancabile corsa alla visibilità, anche brevissima e spesso fine a sè stessa.
La grande lezione che persone come Rossella ci danno è invece ancora nel segno dell’essere, piuttosto che dell’apparire.
Tanto più ingiusta, per questo agire e spendersi non autoreferenziale, appare la privazione della libertà (e speriamo sia solo questo, e che a Rossella venga almeno risparmiata la violenza)e tragico il silenzio che ne inghiotte il grido d’aiuto.