Dialogo sulla necessità di un Partito Nazionale Sardo
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La situazione dell’isola è paradossale: La democrazia Sarda è inficiata da due problemi. Il primo è quello di non avere sufficiente rappresentanza politica in sedi di governo (e quindi di non poter orientare a dovere il nostro sviluppo economico). Il secondo, non meno grave, è che i movimenti Sardi, nonostante il costante giudizio negativo del corpo elettorale sulla loro frammentazione politica e l’assenza di un credibile programma di governo, persistono con comportamenti egoistici che ormai rasentano il grottesco.
I dirigenti di tali movimenti, incuranti dello scarso interesse popolare manifestato attraverso il voto, continuano con la triste politica delle divisioni e dell’ideologia fine a se stessa.
La storia del Regno Unito è esemplare, sulla falsariga di quella dell’Impero Romano, nell’India coloniale la sua politica usava dividere con sterili sotterfugi le locali forze politiche che invece unite avrebbero potuto causare loro serie sconfitte politiche. E così avvenne: Il divide et impera fu sconfitto. Ma oggi Roma governa.
Consideriamo invece il Partito Sardo d’Azione, che, benché abbia avuto il coraggio di non ghettizzarsi politicamente ma di sviluppare alleanze, risente tuttavia della sua inconsistenza numerica al punto da non avere un valido potere contrattuale con le forze politiche italiane con le quali dovrebbe sviluppare coalizioni amministrative.
Non mancano neppure i vecchi sussulti ideologici di sinistra, secondo i quali ad esempio il movimento dei Rossomori non dovrebbe allearsi (a giudicare dalle parole dell’esponente Gesuino Muledda) con il PSD’AZ, in quanto quest’ultimo si sarebbe “compromesso” con il centrodestra italiano. Posizione legittima, ma nel momento in cui ci si allea per amministrare il territorio, il collante di un partito Sardo può essere l’antiberlusconismo e non gli interessi del proprio Popolo? Evidentemente nò.
Chi ha scelto di dare priorità alla lotta verso l’avversario rispetto all’amore per il proprio (vecchio) partito ha scelto una cultura da cui non è mai nato nulla di buono: Ha scelto il disprezzo piuttosto che l’equilibrio. Ha scelto le chiacchiere rispetto ai programmi.
Il debole impianto politico di un partito che si dichiara “indipendentista” ma preferisce allearsi con un partito italiano come il PD -piuttosto che con partiti Sardi- la dice lunga sulla sua natura.
I movimenti c.d. “indipendentisti” che invece si sono presentati sempre da soli alle elezioni, nonostante la tanto sbandierata coerenza, al momento non governano alcunché.
La stessa “coerenza indipendentista”, dopotutto, è una dottrina ostile ad un miglioramento delle condizioni di vita della Sardegna: A causa di quella stantia retorica che (fin dal secolo scorso) avversa un concreto percorso autonomista come gradino di lancio verso un potenziamento della sovranità Sarda in materie fondamentali come il fisco e la Pubblica Istruzione.
Ciò che manca da parte loro non sono le proposte su questi settori, ma la capacità di riversare tali proposte in un progetto di governo, che, gradualmente, consenta l’adozione delle istanze segnalate.
Un processo che si chiama autonomismo (non inteso come quello dai calzoncini corti dello Statuto Regionale del 1948), o che potrebbe (e dovrebbe, in una prima fase) chiamarsi federalismo. Conseguendo quindi analoghi poteri amministrativi da ripartire tra Cagliari e Roma.
E senza tali riforme non ci sarà mai un’accrescimento del sentimento popolare verso la nostra terra, e quindi a rigor di logica non ci sarà mai alcun partito territoriale che svilupperà i numeri giusti per poter evitare (in una fase successiva) una collaborazione con le sigle politiche centraliste italiane.
Tali movimenti identitari non sono veri “Nazionalismi Sardi” se prima si definiscono secondo svariate etichette, tutte in rissa tra loro.
Per i veri Nazionalisti Sardi il Popolo ed il Territorio vengono prima di tutto. Ma chi dei principi ne fa una gloria è solo l’ombra di se stesso, un vanesio celato dietro una maschera dai mille volti.
La “coerenza” secondo tali movimenti si traduce puntualmente in settarismo e spesso, non solo verso il diniego di alleanze con partiti italiani (che a livello teorico ed emotivo sono comprensibili), ma anche e sopratutto impedendo una collaborazione tra sigle che hanno finalità simili. O quantomeno che potrebbero averle in una prima fase di reciproca collaborazione su base programmatica: Ad esempio proprio tra chi ritiene di dover migliorare la posizione della Sardegna nel quadro dello Stato Italiano o tra chi ritiene di dover fare un nuovo Stato (Sardo), sempre e comunque parte dell’Unione Europea. Una possibilità oggi strutturalmente non perseguibile, ma solo a condizioni correnti.
Nel frattempo la disoccupazione non registra rallentamenti; lo sviluppo si allontana; le politiche di crescita rimangono ancorate ad un sistema fiscale ed istituzionale iniquo per le esigenze dell’isola e che quindi disperdono le poche risorse ottenute: non per investire sul futuro ma per coprire debiti di bilancio che vengono puntualmente spalmati nel tempo.
I leaders dei partiti autonomisti ed indipendentisti Sardi appaiono come quelle povere formiche stuzzicate da uno spray velenoso che arriva dall’alto: Si muovono in maniera disordinata, ognuna ritiene di correre verso la salvezza rispetto ad un nemico che non distinguono chiaramente.
C’è chi muore in gruppo, c’è chi muore sola, c’è chi si salva ma in seguito morirà di stenti.
La disfatta è scontata perché non sono né strutturalmente, né metodologicamente in grado di competere con l’avversario.
Il risultato di questo indegno spettacolo sarà la completa vittoria del loro carnefice.
I movimenti Sardi sono primitivi.
La Sardegna non ha bisogno di formiche, la Sardegna ha bisogno di uomini e di donne dalle idee chiare, dal guanto di velluto e dal polso di acciaio.
Dobbiamo dire basta con movimenti indipendentisti che fanno due passi avanti e quattro indietro disperdendo nel settarismo o all’opposizione ogni buona proposta.
Basta con certo “autonomismo” che non parla di Storia Sarda e di bilinguismo nella Pubblica Istruzione.
Basta con consiglieri regionali che urlano ad una platea di sordi unionisti: Siamo noi a dover costruire parte di quella platea. Affinché ci siano orecchie che recepiscano messaggi che altrimenti cadrebbero nel vuoto senza condizionare la normale routine dei sordi.
E basta quindi con la conduzione dell’economia nella mani di istituzioni esterne alle esigenze della Sardegna.
Basta dunque con lo strapotere di partiti primitivi come PD e PDL che del bipolarismo non ne hanno fatto uno strumento di efficienza amministrativa ma lo hanno usato come clava per la soppressione dei diritti della minoranza Sarda e dei suoi specifici bisogni.
Come dobbiamo comportarci? Ad esempio, un movimento come IRS alle Regionali 2009 non ha preso 30.000 voti, ne ha presi 17.000 circa su lista. Fonte: Regione Autonoma della Sardegna.
Nel 1999 sa Mesa Sardos Liberos prese 45.207 voti su lista regionale (con vecchia legge elettorale), pur marciando sulla crisi della sinistra di allora e pur marciando con un modello politico ancora da riformare.
L’unità dunque è sempre stata importante.
E l’unità non serve solo a pesare nei numeri di una eventuale amministrazione, ma serve altresì a dare un chiaro messaggio riformista e di coesione verso la Pubblica Opinione.
Ma sia ben chiaro: Se la Sardegna oggi è in ritardo rispetto alla formazione di un Fronte o di un ipotetico Partito Nazionale Sardo, la responsabilità non è dei partiti italiani in Sardegna, è dei partiti autonomisti ed indipendentisti Sardi attuali.
Un forte movimento territoriale non potrà mai essere un ennesimo piccolo partito che si spartisce le briciole del solito scarno bacino indipendentista. Tantomeno di quello incostante autonomista. Ma neppure potrà mai essere la “fusione a freddo” tra le sigle politiche autonomiste ed indipendentiste oggi esistenti.
Il Partito Nazionale Sardo sarà la sintesi di un percorso dibattimentale sul campo storico, sociale, economico e sopratutto politico della nostra terra: Perché sfidare il bipolarismo riducendo la frammentazione attuale significa superare e mettere ordine in concettualità e ideologie incompatibili con la Sardegna contemporanea.
Una incompatibilità che, come affermato in apertura, è stata più volte decretata dal Popolo Sardo attraverso la democrazia, attraverso le elezioni. Ed al Popolo dobbiamo rendere conto: Non alle vuote teorie di pochi.
Dopo le elezioni, dovremmo tutti attivare una tavola rotonda di discussione, di dialogo e di eventuale collaborazione. Le forze politiche non mancano:
Partito Sardo d’Azione,
RossoMori,
IRS,
Sardigna Natzione,
Fortza Paris,
Riformatori Sardi,
U.D.S.,
PAR.I.S.,
A.M.PI.
E l’associazione Sardegna Democratica; la Confederazione Sindacale Sarda; il comitato per la nuova “Carta de Logu”; la Fondazione Sardinia e quant’altri, singoli e gruppi, anche dai partiti italiani, che sono stanchi di assistere impotenti alla sistematica distruzione della Sardegna.
Nel tempo abbiamo introdotto con costanza i termini “riforme”, “Partito Nazionale Sardo (PNS)” e “forte movimento territoriale” nel lessico indipendentista. Senza dare nulla per scontato:
Perché negli ambienti chiusi e conservatori le più grandi banalità spesso sono fonte di innovazione. Oggi dobbiamo avere il coraggio di immaginare e disegnare una nuova geografia politica dell’identitarismo Sardo.
Nelle nostre intenzioni dobbiamo guardare ad un modello incentrato sui valori del liberalismo; che sia un punto di riferimento, di eccellenza ma anche di prestigio.
E a chi vi dirà che dovete desistere, rispondete loro che possiamo fare la differenza.
Fortza Paris!
Di B. Adriano.
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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi
Per il Sig. S.S.:
Si accettano solo commenti o critiche pertinenti all’articolo, non commenti sull’autore dell’articolo. Il nostro modo di intendere la politica non prevede l’attacco personale e gratuito. Grazie.
faccio politica da una vita (attualmente p.d.l.)Ho fatto l’amministratore per 15 anni. Penso che sia arrivato il momento di porre le basi per un partito unico dei sardi.tanti amici la pensano come me.Tanti mi telefonano dicendomi facciamo qualcosa.non posso dire che capellacci e soci stia facendo male, ma il loro fare è sentito lontano dalla base.
Io stesso mi sentivo rappresentante di una parte dei sardi e oggi penso che non ci sia niente di più sbagliato.
Stiamo ricalcando lo stesso errore di sempre. DISUNIDOS
facciamo il gioco di Roma ,e Cagliari ormai si sta adeguando a questi standard
Ritengo che abbiamo la fortuna di vivere nel posto più bello del mondo ( posso fare paragoni perchè ho girato tanto)ed essendo tre gatti non sopporto il fatto che non siamo tutti milionari. Se questo non è , è solo colpa dei politicanti che ci hanno amministrato da sempre.E scusatemi se non faccio differenze tra destra e sinistra e sardisti.
saluti
Giovanni
Sono d’accordo che bisogna costruire un Partito Nazionalitario Sardo, per questo
dobbiamo avere le idee chiare sulla politica economica perchè la gente possa capire, senza di essa non si può costruire una Nazione.
A sibiri Pierpaolo
Giovanni non hai detto una cosa molto semplice: sei per la sovranità piena, l’Indipendenza oppure no? Il Pdl in cui militi non ha nulla di tutto ciò, che ci stai a fare?
Scusatemi ma, pur con tutta la buona fede e tutta la buona volontà di un indipendente (prima ancora che indipendentista) dal pensiero libero quale spero di essere, ritengo che sia sicuramente difficile (praticamente impossibile) pensare di poter unire le forze con qualcuno come Giovanni (che ha fatto l’amministratore per 15 nel centrodestra) con i suoi amici al telefono, che hanno oggi il coraggio di dire o pensare che Capellacci and Soci (soci in senso affaristico ovviamente, nomen omen) NON stiano facendo il male di questa Terra e di questo Popolo…
Anche se lo fanno con il consenso maggioritario di tanti altri sardi. Quanto sia consenso reale o consapevole non so, ma visti gli effetti ha ben poca importanza dato che è sicuramente consenso colpevole!
Posso concordare con voi sul fatto che ad essere davvero indipendenti e liberi si è sempre in troppo pochi “pocos”, e spesso si è anche “locos” a pensare di riuscire a cambiar le cose…
Ma penso anche che per ricercare in Sardegna una reale indipendenza oggi, non si debba scendere troppo a patti. Nemmeno con se stessi.
L’indipendenza di un uomo è cosa che, si badi bene, può dipendere solo dal proprio intelletto e dal proprio agire e non da uno schieramento politico.
Meno che mai dipenderà dunque proprio da quei movimenti che “creano” appartenenza, dunque generano solo altra dipendenza (politico-partitica) anche con matrice spesso di casta o settaria (nel loro ambito tutti i partiti, dal PD al PDL fino ai minori, compresi IRS o il PSd’AZ, sembrano vivere con questo schematismo di appartenenza, convenienza e interesse oggi in Sardegna.
I Sardi diventano una massa informe da usare solo a proprio diretto beneficio.
E questi partiti o movimenti, sono spesso INUTILI per la causa dell’indipendenza, così come lo sono sempre stati finora anche solo per quella di una falas autonomia. In quanto hanno esponenti che PARLANO sempre troppo di questi aspetti ma che indipendenti o autonomi dal sistema non lo sono per niente.
Loro per primi, dato che del sistema politico “continentale” distorto e scorretto accettano regole e tecniche imposte dall’esterno e quando non le accettano le emulano e scimmiottano dall’interno.
Dunque queste persone e i loro partiti o movimenti non saranno in grado di FAR davvero mai niente per entrambe (indipendenza o autonomia) alla pari di tutti quelli che li hanno preceduti. Infatti a maggio ne vedremo molti tra loro, accomodarsi sul primo seggio elettorale di qualsiasi ente locale o sistemazione personale che riusciranno a trovare…
Ennesima forma di assistenzialismo “politico-economico” di questa terra succube a cui tutti questi “ribelli” si adegueranno di buon grado.
Quindi penso NON si debba mai aver timore del proprio isolamento se questo significa rettitudine morale e consapevolezza della propria forza.
Per non dipendere da nulla. Meno che mai da false idee di indipendenza.
Isolamento non significa esser soli. L’importante è essere consapevoli.
Perchè non ha senso conquistare le masse pur di non essere soli e “disunidos” andando a ricercare l’unità d’intenti con chiunque si dica “sardo” o “per i sardi” (per quali intenti e quali reali interessi si usino entrame le forme di questa appartenenza è sempre tutto da dimostrare).
Ad esser troppo aperti si corre il rischio di perdere di vista l’obiettivo.
La storia insegna che spesso l’indipendenza di un popolo (conquista di molti) corrisponde all’impegno consapevole di ben pochi e spesso anche al loro sacrificio a favore di una massa inerte di ignavi.
Cercare di unirsi per non esser troppo pochi dunque è giusto, però non significa aver paura. E nemmeno che si debba esser pronti calarsi le braghe, come molti e troppi sardi ignavi hanno sempre fatto finora di fronte al politicante o potentato di turno. Con le loro azioni, con il loro pensiero e con il loro consenso elettorale o mediatico.
La strada da fare è dunque davvero tanta e se l’unione con altri Sardi propri simili, in grado di pensare con la propria testa, dovesse arrivare a breve, BEN VENGA, ma non è con il vogliamoci bene o con il porgiamo sempre l’altra guancia che si andrà troppo avanti da Sardi consapevoli e indipendenti.
Da buon ateo penso che l’indipendenza dovrebbe essere una presa di coscienza dei singoli uomini, senza religione e nessun “Messia” o referente politico che li possa guidare.
Figuratevi quindi cosa posso pensare dello scenario attuale che purtroppo vede (come ha sempre visto) in Sardegna, ben pochi uomini o donne degni di questo nome.
Se siamo terra degna di nessun Messia, siamo anche un’isola abitata da molti Ponzio Pilato e altrettanti Barabba, diverse Marie Maddalene e da una schiera infinita di piccoli ladroni (purtroppo senza nessun pentimento o golgota che li aspetti…).
E tutt’intorno a questi, per nostra sfortuna e sopratutto per quella dei nostri figli, resta una grande massa di sardi, ignavi o centurioni arruolati a pagamento, a chiudere in silenzio ogni corteo prima di ogni quaresima o turno elettorale.
Specifico che non ho fatto l’amministratore per 15 anni col centrodestra, ma questo cosa c’entra?
forse che questo vuol dire essere sardi di serie b?
Sardigna liberat. dici che ad essere liberi ed indipendenti si è sempre troppo pochi e poi scrivi che è pressocchè impossibile pensare di unire le forze con uno che neanche conosci .
RIPETO
Cadiamo sempre nello stesso errore DISUNIDOS.
Ma la cosa che un pò mi scoraggia è la paura a confrontarci .
Il pensare meglio pochi ma buoni.
Il pensare che l’unico punto di vista giusto sia il nostro.
Ritengo che per far alzare la testa alla Sardegna abbiamo bisogno di uno scopo che ci unisca in una sola voce, e per fare questo non cè Sardo che non sia degno di appartenere a questo schieramento.
Il pensare di non agregare un solo sardo portera sempre alla sconfitta.
Pierpaolo… sono molto d’accordo con tè un popolo gravato da problemi economici non ha facoltà di raziocinio .
Silvan…Credo che sovranità e indipendenza siano realtà che debbano realizzarsi per gradi.
La gente ha bisogno di dati stabili, senza questi ….non ti segue.
Saluti
Giovanni
E l’essere divisi in grupetti che ci ha sempre portato a essere sudditi.
No Giovanni, non è solo la questione dei gruppetti. Se tu non credi all’indipendenza non sei capace di descriverne le possibilità per i tuoi concittadini. Se tu non credi all’indipendenza ti tiri indietro quando hai da assumerti le tue resposanbilità e caschi sul primo piatto avvelenato che ti propone il bipolio. I gradi, troppi gradi, non esistono quando ci son di mezzo riforme costituzionali gestite dallo stato centrale, mica la avvii così una fase costituente. Poi parlare di partito nazionale sardo senza capire che ciascun partito territoriale ha un proprio codice-statuto che ha precise regole per il suo scioglimento vuol dire continuare a parlare di aria fritta. Nessuno dei partiti sopra citati si scioglierà, al massimo si può ragionare in termini di convergenza e governo locale quando è la credibilità delle persone, una per una, a dimostrarne la fattibilità. I problemi nei partiti territoriali locali sono altri e hanno a che fare con la semplice leggerezza umana.
E, non intendo addentrarmi in questo discorso sull’etica e la responsabilità di ciascuno su un forum o un blog in modo anonimo. Non servirebbe a nulla. Buona consapovolezza.
Saludi a tottusu, ritengo che bisogna uscire dai soliti schemi dei partiti, iniziando con un nuovo approccio alla politica Nazinale Sarda che dovrà essere di tipo programmatica e non ideologica, portando le discussioni non solo sui portali internet, ma tra la gente perchè solo così che si getteranno le basi di una casa nuova per i sardi.
Pierpaolo
Noi pensiamo che un PNS debba essere il risultato di un lungo processo che certamente non si può fare dall’oggi al domani. Non è solo un problema di statuti o di credere all’indipendenza. Ci può anche essere un Fronte, ma i movimenti non sono tutti uguali e proprio perché alcuni non sono partiti…hanno meno motivi per stare divisi…perché ci sono statuti in certe sigle che sono scritti da poche persone e non hanno una vera struttura nel territorio Sardo…Sono argomenti spesso privi di sostanza e questo sta già emergendo dai rari incontri tra indipendentisti. La vera frattura da superare in Sardegna è quella tra autonomismo e indipendentismo, secondo noi è su questo che servirebbero i dibattiti: Sui veri problemi politici, perché l’indipendentismo in se non non ne ha e quelli che dividono li ha creati per ragioni storiche e personalistiche. Ma oggi di fronte al bipolarismo sono ingiustificabili. Se il fine per tutti è avere sempre più sovranità, dobbiamo metterci in testa che la divisione tra chi vuole fare uno Stato Sardo e tra chi vuole solo maggiori poteri per la Sardegna (in una vera fase graduale) può non avere nessuna differenza pratica quando si apre un percorso di governo.
No Giovanni.
Scusami, non ho detto che non mi interessa unire le forze con qualcuno che non si conosce o che ha fatto (o non ha fatto) l’amministratore a destra per anni.
Amministrare localmente i piccoli centri di un territorio come il nostro, nelle condizioni in cui versano, spesso comporta l’assumersi scelte che non sono più “politiche”, ma vedono semplicemente il sostentamento quotidiano delle realtà o tamponano delle emergenze.
Io invece mi riferivo a logiche di progetto e di visione di futuro che abbiano un respiro più ampio per questa Sardegna.
E in questo senso penso che le opinioni espresse, dai rappresentanti di uno schieramento politico, quando sono sincere così si spera lo sia il libero pensare di ogni individuo, possano qualificare gli uomini al pari delle loro azioni.
E qualifichino anche le forze politiche che questi uomini frequentano.
E se tu oggi pensi e giudichi positivamente, secondo una tua del tutto lecita opinione l’operato di una giunta regionale come quella attuale allora io ti dico che NOI SIAMO MOLTO LONTANI, diversi e destinati probabilmente a restare disuniti. Perchè NON ti reputo indipendente nel pensare.
Che poi la tua opinione si sia formata o venga dall’esterno o dall’interno del mondo politico di questa regione, non mi importa.
Io penso di potermi dichiarare indipendente non soltanto perchè non appartengo a nessuna logica politica, o non mi sento da esse rappresentato, ma anche perchè credo, anche per questo, di poter avere a cuore questa Terra e il suo futuro in modo più chiaro di chi, almeno secondo me, ha negli occhi i segnali di fumo continui del proprio schieramento politico.
Altrimenti, fuori da ogni considerazione di schieramento, dovresti ammettere anche tu che non solo questo centrodestra regionale ha fatto ben poco in quest’anno di attività ma, ancora peggio, TUTTO quello che ha fatto è eufemistico definire solo come “sentito lontano dalla base”.
Sempre che ci si accordi sul termine.
Perchè se la tua base sono i Sardi ti dico che secondo me non esiste azione fatta da questa giunta in regione che non risulti PALESEMENTE contraria agli interessi di questa Terra, del futuro della sua collettività e dunque dei Sardi, in quanto tutto è sempre obbediente e succube a logiche esterne e sfavorevoli alla Sardegna.
E anche quando l’azione politica pare favorire soggetti in apparenza “sardi” ogni cosa viene fatta seguendo un preciso manualetto (che non saprei se definire più cencelli o più di loggia) che si pone come obiettivo solo il rispetto degli interessi di casta dei soliti e pochi notabili isolani noti, delle loro clientele economiche e della tutela del più basso sottobosco di potere e prevaricazione esercitata da questi sui sardi deboli, bisognosi e “ignoranti” che li circonda e li sostiene. Sardi ignoranti solo nel senso che spesso ignorano (perchè vengono loro accuratamente celati) i motivi e le cause reali del loro bisogno, che è sempre stato generato e indotto (dal piano di rinascita in poi) proprio dal potere di casta per il controllo del territorio.
Ignoranza che viene alimentata in quanto crea la forza e la sopravvivenza di tutto il sistema. Sistema che esiste e si tutela anche in quanto “statuale”, essendo lo stato di indigenza assistita, l’unico stato di possibile nazione che ci è spesso consentito, in quest’isola di gattopardi e prede, dove nulla cambia mai davvero.
Un’isola la nostra dove sempre e tutto è stato legato al bieco tornaconto economico di un’enclave ristretta di gattopardi “elettorali” che spesso non abbiamo nemmeno il coraggio di chiamare “mafiosa” soltanto perchè siamo ignoranti o la pensiamo meno pericolosa in quanto non ha mai ucciso o non ferisce nessuno.
Non ha bisogno di esercitre violenza questa enclave. Dato che è stata ed è in grado di alimentare in ben altri modo il consenso e la sudditanza alle sue logiche. Ecco secondo me non esiste azione di Capellacci & Company che non sia finora riconducibile a queste poche e banali deduzioni.
E se un Sardo non riconosce questo, da qualunque parti voti, non dimostra nessuna indipendenza, non soltanto per fini di tipo “identitario o nazionalitario” ma di banale giudizio della realtà dei fatti.
Questa è la mia semplice, sincera e probabilmente inutile (almeno in questa sede) opinione.
Non si tratta quindi di un giudizio dato dallo schieramento politico il mio.
Non condividevo certo le troppe, sbagliate e spesso confuse azioni del centro-sinistra della giunta precedente.
Così come non ho mai condiviso e penso che ancora prima non ci sia stato NESSUNO in grado di fare, a livello politico regionale, delle azioni che fossero sempre e solo nel sincero interesse dei Sardi.
Ma se volessimo entrare davvero nel semplice merito delle cose credo sia ormai EVIDENTE per tanti Sardi dal giudizio libero e indipendente (presenti anche tra quei pochi critici nel centrodestra) come anche le azioni più sbagliate (nei modi, nei tempi, nel personalismo, nelle interpretazioni normative o nei metodi) di uno come Soru avevano forse più motivazioni sincere di rivendicazione e tutela degli interessi reali di questa Terra o dei Sardi di quante non se ne siano mai viste fare da nessun esponente politico precedente (e purtroppo successivo) in Sardegna.
Comprese quelle dei tanti, troppi, indipendentisti, nazionalisti, autonomisti o sardisti che siano o a parole dichiarino d’essere.
Da Lussu, fino a Mario Melis o agli attuali Sardisti o Indipendentisti.
Ecco se uno come Soru, che forse indipendentista non lo era per niente (così come probabilmente non era nemmeno davvero di sinistra) ma sicuramente era INDIPENDENTE e una idea di NAZIONE SARDA forte l’aveva più di tanti altri, viene costretto a estromettersi con forza dalla gestione della cosa pubblica mi sembra ci sia poco da sperare.
Una idea di Sardegna forte deve anche essere in grado di prendere decisioni rapide, anche scomode, per poter finalmente di imporre scelte e logiche diverse nei confronti di uno stato (quello italiano) con cui volenti o nolenti, per molto tempo ancora ci si dovrà confrontare.
Se uno così viene rapidamente sostituito, nel silenzio complice dei sardi, da uno come Cappellacci che considerare un fantasma o un ectoplasma politico è quasi un complimento credo ci sia ben poco da salvare in Sardegna…
E se questo avviene per volere della maggioranza composta da TUTTE o quasi le forze politiche di centro e di sisnistra, compresi i vari movimenti indipendentisti o autonomisti e sardisti (disunidos che per una volta solo si son trovati uniti)oltre che per colpa di tanti sardi ignavi o ignoranti di cui parlavo, credo che l’idea di una Sardegna Nazione sia sconfitta in partenza.
Insomma se dopo un anno di questo andazzo amministrativo della regione tu, o chiunque altro, mi dice che pensa di poter salvare in un ottica identitaria o nazionalitaria, anche una soltanto fra le azioni di chi apparentemente governa oggi questa isola, significa che TUTTI, nessuno escluso, siete sicuramente lontani anni luce da me.
Ma forse sono io che non sono davvero Sardo.
O magari sbaglio a pensare che la Sardegna abbia diritto ad un futuro migliore di quello che i sardi stessi le prospettano.
Sicuramente però, ritengo che unire le forze, tra persone così diverse e in queste condizioni non sia solo difficile. E’ un’utopia.
Non è utopia! Da un anno a questa parte i movimenti indipendentisti stanno dialogando, si sta aprendo anche un nuovo “fronte” disponibile a cllaborare dentro irs e ci sono movimenti autonomisti come fortza paris e psd’az pronti ad alleanze…serve tempo…non dobbiamo fasciarci la testa prima di essercela rotta!!!
Jaku:
Direi che non si dovrebbe confondere il fatto che le persone come noi e tanti altri dialoghino intorno a queste aspettative (così come tutti gli individui diversi ma intelligenti hanno sempre fatto con il giusto rispetto l’uno dell’altro) con il fatto che i movimenti o meglio ancora dei partiti politici “ufficialmente” facciano la stessa cosa.
Però vorrei anche rivolgermi qui nel merito a Bomboi e agli altri Nazionalisti Sardi su questo sito sopratutto per capire come si possa pretendere che quei partiti/movimenti citati prendano posizione in merito con documenti e azioni pubbliche. Mi scuserete ma il post è lungo.
Se leggo la lista di movimenti che considerate da “riunire” di cui si parla qui, chi sarebbero REALMENTE COMPATIBILI con il processo serio di costituzione di una NAZIONE SARDA?
Dico questo perchè è quello che un Sardo, anche fiducioso nella bontà del processo, ma non appartenente a nessuno di questi osservandoli dall’esterno (come me) possa intuire come quello che proponete sia ben poco possibile.
1) Sardisti: (RossoMori, PSdAz)
Sembrano tutti vecchi reduci da una guerra di trincea, sopravissuti alla loro catarsi post-anni ’80 nella maniera peggiore. Con una scissione interna continua e che prosegue (per fissione) da decenni. Sembra di assistere nel ns. piccolo localismo, alla diaspora dei radicali italiani (che ha generato Emma Bonino, Rutelli e Capezzone) o a quella della “sinistra di sinistra”… Ora si hanno le due fazioni.
Una (quella rosso-mora) rivendica come un pregio l’appartenenza ad una sinistra che a me sembra sempre più allineata è sempre più “continentale”.
E qualsiasi cosa dicano sa molto di “vorrei ma non posso essere davvero autonomo altrimenti se vincesse il PD di Silvio Lai in qualche giunta provinciale e noi ci differenziamo troppo siamo fuori dai giochi”…
Dubito di loro quasi quanto dubito degli altri.
Gli altri appunto, quelli che definirei azzurro-mori dato che sarebbe anti-storico chiamarli sardo-fascisti (anche perchè Gandolfo era più deciso e aveva più palle di Maninchedda nel sostenere i propri errori) attraversano il passaggio da una fase di accettazione “silenziosa” di qualsiasi sorpruso abbia fatto alla Sardegna questa destra di “governo” ad un mugugnare sordo che ogni tanto sbotta ma lascia sempre il tempo che trova.
Per il Pdl Berlusconiano/Democristiano alla Oppi sarà molto facile sedarli con qualche ulteriore poltrona nelle Asl e una piccola apertura “politica” sulle loro istanze imprenscindibili del territorio.
Insomma i Sardisti contemporanei si muovono come sempre han fatto nella logica dell’accettazione del “minor male” per la propria terra pur di ottenere la personale gratificazione esterna. Quando non è personale è a favore del partito.
E ci sta anche svendere Teulada o Perdas e regalare la bandiera a Berlusconi.
Questa cosa ha sempre contraddistinto il darsi la zappa sui piedi dei sardisti storici “autonomisti ma mai autonomi” anche nei loro momenti di maggior forza. Mario Melis compreso. E, tanto per farti un esempio, in questa logica ci staranno sicuramente le pale eoliche off-shore di fronte a Cagliari e anche le scorie che andranno a Oristano.
Le possiamo considerare sempre un “minor male” rispetto a un paio di centrali nucleari tutte in Sardegna. Quasi come tagliarsi le mani anzichè le palle.
2) Ex-post-post di partiti vari (Ovvero Fortza Paris, Riformatori Sardi,U.D.S.):
Di loro cosa si dovrebbe dire? Ognuno nel suo piccolo pare sentirsi il centro del mondo Sardo ma sembrano contare quanto il due di picche in termini di peso politico della propria azione per la Sardegna. Secondo me li accomuna soltanto il fatto che si ispirano vagamente ad un “sentire” che è facile chiamare sardità ma molto più difficile mettere in atto. Aggiungo a questo al limite che i loro esponenti sono sardi anagraficamente e vivono in Sardegna. Ma forse qui si fermano. Per il resto, se contano le azioni dei singoli, rappresentativi di ognuno di questi partiti (anche perchè le loro formazioni politiche attuali sono spesso una loro diretta emanazione di convenienza) direi che le azioni sono sempre e solo state di sostegno a politiche esterne a questa Terra, nonostante sia anche la loro.
Politiche che si ammantano di volta in volta del mantello che più conviene indossare prima delle amministrative di turno. Insomma molti di questi postDC o PSI se sembrano oggi agitarsi tutti abbastanza, devo dire anche Mario Floris compreso, onestamente non mi sembra lo facciamo mai davvero per la Sardegna così come non lo hanno mai fatto finora quando hanno avuto (lui per primo) voti, potere e cariche a livello locale e regionale.
E se ognuno di questi sogna di essere eletto per potersi poi dichiarare sempre alla prima occasione un fedele “servitore” dello stato (quello italiano che poi sarebbe l’unico davvero in grado di pagar loro le indennità, i gettoni in commissione o la pensione da consigliere regionale) figurarsi quanto si batteranno mai davvero questi per una Nazione Sarda che non solo NON ESISTE nemmeno sulla Carta (anche Costituzionale) ma che probabilmente se si riuscisse a crearla avrebbe bisogno per i suoi primi anni di vita di una nuova classe politica costituente fatta di nuovi uomini, dei veri “politici non professionisti” in quanto politici idealisti e utopici.
Insomma dei volontari di una nuova classe dirigente CHE NON ESISTE.
Tutti tesi verso una Democrazia Sarda Costituente e disposti alla ribellione (non violenta per carità) contro lo stato Italiano e dunque anche al sacrificio personale e a pagar loro anche economicamente e in prima persona per tenerla in vita una neonata Nazione Sarda. Dubito che se ne trovi uno di questi nuovi politici dentro quei partiti. Così come non se ne vedono di Sardi che fanno gli interessi della Sardegna, nei grossi partiti dentro l’arco parlamentare italiano.
Irs, Sardigna Natzione, URN, Altri nazionalisti
Qui in tutti questi movimenti, a differenza di quanto detto per gli altri, siamo certo più vicini all’argomento “utopia” e sicuramente agli antipodi rispetto quanto detto. Ognuno di questi movimenti, con tutte le diversità ha al suo interno persone, logiche e contenuti molto più pregnanti quanto a idealismo, sincerità e anche forza del proprio attivismo volontario nell’interesse dei Sardi e della Sardegna. Sia come singoli che come gruppi.
Il paradosso è proprio che NESSUNO DI QUESTI (sia come loro singolo rappresentante che come gruppo e movimento) AVRRA’ MAI LA CAPACITA’DI GOVERNARE ALCUNCHE’ in questa Terra di Sardegna (così come nel resto d’italia, senza prima necessariamente CORROMPERSI.
La corruzione che aspetta tutti questi individui e i loro movimenti (tra cui includo anche i Nazionalisti Sardi) non è quella infima delle clientele. Vorrei dare per scontato che ne siano immuni, anche se so che non è mai così. La corruzione di cui parlo è quella del sistema democratico rappresentativo. Che gli imporrà naturalmente il “servire” logiche di rappresentanza democratica, attraverso regole che sono quelle imposte da un altro stato. Che loro rinnegano ma che saranno costretti ad utilizzare.
Essi quindi dovranno accettare per prime , come hanno fatto finora, tutte quelle “forche caudine” elettorali, anche quando non le condividono.
E questi movimenti (tutti nessuno escluso) dovranno passare attraverso altri 20 anni di praticantato dei loro giovani e volenterosi membri (IRS per prima che sembra la forza con la rappresentanza più giovane e forse genuina ma anche per questo sicuramente è la più ingenua e ne sarà facile preda).
Sappiamo tutti che la maggior parte di questi giovani INVECCHIERANNO dentro quei movimenti come è successo ai loro predecessori dentro decine di altri movimenti. Ognuno chiuso nel suo settarismo. Ogni nuovo movimento è tale per definizione.
IRS ORA E’ SETTARIA perchè raduna molti giovani.
E i giovani dentro i movimenti sono tanto più settari quanto più si sentono “rivoluzionari” perchè si devono in qualche modo difendere dalla conservazione dei meccanismi di autodifesa propri dell’esterno o degli “anziani”.
Ma quando invecchiano gli stessi giovani saranno anziani altrettanto settari perchè si spera che altri giovani rivoluzionari come loro li minacceranno.
Insomma, riunire movimenti che nascono “settari” per definizione è utopico.
Quasi quanto la speranza di ognuno di questi movimenti di guadagnare un ulteriore punto (o peggio uno zero virgola) percentuale in più alle prossime amministrative o un seggio in consiglio regionale.
Ogni sciocchezza di questo tipo, concessa loro nel meccanismo di rappresentanza democratica del sistema, viene vissuta come una vittoria.
Guardatevi i forum, blog, siti dei vari piccoli movimenti indipendentisti…
Irs compreso e per primo. Il gioco del sistema è tutto qui. E gli antagonismi parcellizzati in mille rivoli sono perfettamente congeniali al sistema moloch.
4) Sardegna Democratica, Sindacati ecc.
Anche qui vedo ben poche possibilità di unione d’intenti.
Dove dovrebbero convergere le logiche di aderenza di queste entità rappresentative di lobbies (culturali, lavorative, sociali) ad una Nazionalità Sarda aperta a tutti?
Nella tutela di forze che sono rappresentative di Sardi ma che però aderiscono a regole imposte loro dall’esterno?
Se si stratta di forze sociali, come i sindacati che tutelano solo gli interessi di lavoro e lavoratori purchè siano loro iscritti, è utopico.
Perchè la tutela dei singoli prevale anche quando le logiche di un gruppo (i lavoratori dell’industria oppure quelli del comparto edile) vanno contro il resto della collettività o peggio del territorio e dell’ambiente.
Quanto avvenuto e avviene in Sardegna, in questo ambito è lampante.
Unione di forze dunque impossibile e altrettanto utopica.
Parliamo infine dei movimenti culturali o dell’associazionismo in genere se preferite. Sardegna Democratrica sopra tutti.
Se Soru (e dunque SD) non sono riusciti finora e non riescono a trovare il coraggio e le palle per scindersi definitivamente dal PD, prendendo le distanze dai tanti sardi “bottegai oscuri” di sinistra ne seguiranno le sorti.
Riproducendosi anche in Sardegna in quell’eterno gioco di piccole correnti di sopravvivenza (che comprenderanno tutto e il contrario di tutto) che nella sinistra italiana (quella di opposizione o quella di governo è uguale) sono state da sempre naturali e congeniali anch’esse al sistema, da Berlinguer fino a Occhetto, passando per D’Alema e Veltroni.
O per i cosidetti “giovani” del PD attuale.
Anche in questo caso, l’autonomia dei singoli sui territori di rappresentanza è solo quella che viene concessa dagli apparati centrali (che siano federativi cambia ben poco). O sei dentro o sei fuori gli apparati.
E se anche la pretesa di qualsiasi piccola “indipendenza” si suppone la si debba chiedere a qualcuno, si dipende ancor di più da questo qualcuno.
Sempre e a prescindere.
Insomma, concludendo mi pare che mentre noi stiamo a guardare e a parlarne, nel frattempo, tutti i loro, così come anche i vostri progetti di autonomia, indipendenza o Nazione Sarda, Stato Federale o forme di autogoverno che dir si vogliano ecc. per efficaci, sinceri e programmatici che siano si scontrano con l’IMPOSSIBILITA’ MATERIALE ODIERNA di affermare davvero l’esistenza di una Nazione (sopratutto per questa Sardegna) senza avere la forza di avviare un processo istituzionale forte che sia riconoscibile all’esterno, ancora prima che tale processo possa essere unitario e riconosciuto all’interno della Sardegna stessa.
Per avviare un processo di questo tipo si deve avere un forte peso sul territorio (parlo di peso della Sardegna nei confronti dello Stato Italiano).
E questo peso, a differenza della Catalogna, della Scozia o del triveneto leghista, noi Sardi non lo abbiamo, anche perchè le forze democratiche che abbiamo eletto finora non sono mai state in grado non dico di imporlo, ma nemmeno di affermarlo chiedendolo seriamente allo stato italiano da cui dipendono.
Dunque AFFERMARE LA PROPRIA NON DIPENDENZA SAREBBE IL PRIMO PASSO PER L’INDIPENDENZA.
E secondo me l’affermazione di NON DIPENDENZA si può ottenere solo in due modi:
1) IN MODO VIOLENTO. Che è la forma maggiormente attuata da molti popoli nella storia. Forma eticamente esecrabile, sanguinosa per lo stesso popolo che si dice di voler liberare e che non è detto porti ad una reale indipendenza. E’ sicuramente la forma veloce, se si ha la forza (anche militare) per imporla, non è certo il caso della Sardegna. Che ha molti militari sempre pronti a morire per lo stato italiano (sia in tempo di guerra che di pace) e comunque non è certo una soluzione, ad ogni liberazione spesso segue rapida una restaurazione.
2) IN MODO NON VIOLENTO.
Questa seconda modalità è quella a cui ovviamente tutti i movimenti moderni dicono di ispirarsi (divertente come sia IRS che voi citiate nazionalisti citiate Gandhi, che pure cosi non violento almeno in origine non era)
La forma non violenta presupporrebbe una rivoluzione “amministrativa” che permetterebbe ai popoli di non aderire a delle logiche di protesta “politica e democratica” che abbiano però peso reale. Queste si, quando riescono sono quelle che concedono poi la forza per trattare in condizioni di parità con uno stato da cui ci si voglia separare consensualmente.
Sono forme di protesta fiscali, politiche, economiche ed elettorali attuabili nei confronti di uno stato se non lo si sente la propria Nazione.
I singoli lasciati soli, in questo casi rischiano tantissimo. I movimenti se hanno forza nuemrica di rappresentanza, molto meno.
La lega minaccia la rivoluzione fiscale ogni mese. Probabilmente i suoi elettori la attuano a prescindere, evadendo direttamente le tasse.
Questa potrebbe essere una strada anche per la Nazione Sarda, ovviamente non violenta, da tentare.
Magari a cominciare da un fondo di garanzia fiscale sostitutivo per una Nazione Sarda, compresa una forma di tutela con una amministrativa a livello europeo per i cittadini Sardi che decidessero di versare li delle imposte sostitutive. Non vedo ipotesi per la creazione di una assemblea costituente (che non sia il banale consiglio di una regione che viene eletto con leggi e con servitori dello stato italiano)
Non vedo una carta costituzionale scritta da questo consiglio che preveda i diritti e i doveri dei Sardi, o garantisca loro l’elezione e il sostegno politico di un ipotetico governo o parlamento Sardo (fosse pure eletto in esilio)…
Non so qualsiasi forma o cosa che non sia parlare del nulla come avviene da anni quaggiù..
Io non vedo queste forme alternative di protesta, in grado di dare peso sociale ad un popolo e a un territorio. Non le vedo nelle dichiarazioni di nessuno.
E NON LE VEDO OGGI in nessuno dei tanti programmi delle tante forze autonomistiche o indipendenti. Nessuno pensa di attuare una forma di protesta simile. Nemmeno un richiamo ad essa come ultima ratio. Perchè?
Tutto il resto è solo fumo negli occhi, e la prima cartina tornasole l’avremo alle prossime provinciali. Tutti in fila alle urne a votare per i rappresentanti dello stato italiano.
Tutti pronti a papparsi le briciole, quando va pure bene, di un consigliere comunale o provinciale eletto con il proprio uno o due virgola zero per cento.
Buonasera,
Intervengo essendo stato chiamato in causa da “Sardigna Liberation Front”. Io sono del parere che uno dei vari problemi che i Sardi si trascinano dietro (siano essi politici o semplici inesperti cittadini) sia quello del disfattismo: L’errore di vedere sempre e comunque un destino avverso e quindi di perpetuare all’infinito questo pessimismo. E’ quello che leggo (forse sbaglio), nelle sue parole. La stessa mancanza di fiducia e di stima per i nostri concittadini. C’è inoltre da fare una precisazione, i “Nazionalisti Sardi” sono tutti coloro i quali hanno a cuore la loro terra, anche gli altri indipendentisti, ed il nostro Gruppo di U Erre Enne ha solo voluto creare uno spazio in cui dibattere dei comuni problemi. Gandhi l’abbiamo citato semplicemente perché una discutibilissima teoria di IRS, pur di continuare altrettanto discutibili divisioni, ha trovato nel nazionalismo un termine in cui agitare lo spauracchio di una deriva violenta che ovviamente non c’è mai stata da parte di nessuno. Ma tornando al punto dei suoi rilievi, in coscienza, non mi sento di condividere tutto quello che Lei ha affermato, perché i segnali di apertura tra sigle ci sono anche se non emergono negli spazi virtuali o nella totalità delle sedi indipendentiste. Sul piano delle riforme invece sappiamo che per cambiare le cose in una qualsiasi amministrazione servono dei numeri. I numeri non devono necessariamente essere maggioranza ma servono numeri che possano influenzare l’agenda di chi la guida. E sempre in coscienza, non sarebbe corretto negare che in Sardegna si stiano manifestando dichiarazioni sparse, interesse a macchia di leopardo, dialogo ed anche banali speculazioni attorno al tema della riforma dello Statuto Sardo (menzionando persino a chiare lettere il termine Nazione). Non possiamo ignorare questi segnali, per quanto ancora effimeri e per quanto un eventuale processo di riscrittura della carta verrà messo in atto non da forze indipendentiste ma magari autonomiste e addirittura centraliste. D’altra parte qualcosa di simile è successo in Catalogna, anche se con condizioni socio-politiche ed economiche diverse. A Barcellona gli indipendentisti (di sinistra) erano contrari ad uno statuto veramente autonomo. Ma oggi se la Nazione Catalana si sta svegliando lo si deve all’attuazione nel tessuto sociale (sul piano fiscale ed anche culturale) di quello statuto. E si tratta di un passaggio graduale e concreto. Da tempo premiamo in in questa direzione, sul dialogo. Non perché ci piaccia inseguire facili utopie, ma perché -sia da pubbliche dichiarazioni e sia da incontri privati- abbiamo la conferma che in maniera trasversale nella politica identitaria Sarda si è consci dei limiti di questa frammentazione con la quale non si può sfidare il bipolarismo. Servono maggiori aperture. Ma a questo coraggio ci possiamo arrivare parlandone, senza disfattismo. Ecco perché sono d’accordo anche con Jaku.
Bomboi Adriano.
Caro Vargiu cono totalmente in sintonia con quello che ha scritto.
sardigna lib.non capisco come volete avere un”forte impatto nel territorio” quando pensate che una unione di forze e impossibile e utopica.
Non sarete un pò prevenuti nei confronti del centrodestra?
Dite di non approvare quello che Ha fatto Soru ,ma non ho mai sentito nessuno criticarlo quando era in carica.a prendere le manganellate sul porto per informare i sardi che stavamo diventando la pattumiera della Campania Cèravamo noi con Mauro pili e Gavino Sale.
E per dirla tutta, anche quando Mauro era presidente, si ipotizò di portare in Sardegna s’arga de Napoli , ma subissammo l’ufficio del presidente di fax di dimissioni se ciò fosse avvenuto.Questo per far capire la mia indipendenza che non mi impedisce di criticare qualsiasi cosa vada contro la mia “etica”e allo stesso tempo, dialogare con chi mi vede come ad anni luce di distanza.
io sono sempre disposto ad assorbire altri punti di vista e anche farli diventare miei,ma mi piacerebbe che lo stesso fosse per voi.
Il nostro dialogo deve servire per arrichirci a vicenda.
Penso che gli uomini si qualifichino per quello che anno dato per gli altri.
personalmente sono un ottimista , e posso vantarmi di non aver mai chiesto un favore politico a nessuno, ritengo che il giorno che lo farò non sarò più libero di criticare qualcosa che non mi va.
Comunque mi piacerebbe sentirvi un pò più su di tono vogliamo fare una nazione
ma non c’è niente che vi vada bene.
Come pensate di entusiasmare i Sardi se sul nostro sogno trovate solo difficoltà?
Vi meravigliereste di sapere quante persone sono accomunate da questo sogno in Sardegna.
Vi abbraccio tutti
Giovanni
> Giovanni. Io sono un indipendente vero. E non sono per niente PREVENUTO contro le politiche di destra o di sinistra. Sono però ASSOLUTAMENTE CONTRARIO a MOLTO di quello che ha fatto il centro sinistra che è stato al potere in Sardegna in negli ultimi 60 anni e praticamente a TUTTO quello che ha compiuto il centro destra. E in Sardegna, onestamente, non ho mai visto politiche di destra o di sinistra. Come non le abbiamo mai viste realmente in Italia nel dopoguerra.
Ho una certa età e ti assicuro che ho sempre e soltanto visto OCCUPAZIONE E USO SPREGIUDICATO DEL POTERE POLITICO A FINI ECONOMICI, con alto e crescente disprezzo dei territori e delle popolazioni.
In Sardegna peggio che altrove nel resto d’Italia. Con gli stessi Sardi posti a far da servitori eterni e omertosi (consci o inconsapevoli) al potente di turno.
Il paradosso è addiritura tale che questa servitù ha restituito alla maggioranza dei sardi servi molto meno benessere di quanto abbia fatto il dominio incontrastato delle mafie nel meridione d’italia. Un dominio certo diverso, più violento e sanguinoso che ha visto i cittadini di quelle terre soggetti ad altrettanta servitù nei confronti di diversi (anche se in parte simili) padroni. Dunque per cortesia non parlarmi di destra o sinistra. Perchè per me non esistono in Sardegna. E nemmeno in italia.
> Bomboi
Io NON sono per niente un disfattista. E meno che mai uno che ha paura o poco coraggio nel difendere le proprie posizioni. Dico solo che stiamo girando tutti intorno alle parole IDENTITA’, NAZIONE e INDIPENDENZA per evitare di affrontare il vero nocciolo del problema.
Che sarebbe come nascono e come si portano avanti le RIVOLUZIONI.
Dato che di questo si sta parlando. E le rivoluzioni di cui stiamo parlando possono essere soltanto di due tipi. Violente o NON violente.
I presupposti per attuare una rivoluzione violenta sono purtroppo esattamente quelli in cui ci si trova tutti ora in Sardegna. Cerco di descriverli a grandi linee:
- Una massa inerte, paurosa e poco ricettiva formata dal popolo sardo che però ha un sentire diffuso anche se poco consapevole della necessità di essere Nazione.
- Alcune radici storiche fondamentali che rafforzano il percorso di azioni e idee del sentire di cui parlavo. Ma che sono spesso negate alla maggioranza del popolo che non ha accesso alla conoscenza, per diverse ragioni.
- Una serie di enclave culturali minoritarie formate da movimenti politici e relativi pensatori liberi che avendo accesso a tali basi di conoscenza teorizzano, con sincerità e a ragione, i benefici della Nazione Indipendente.
- Un predominio incontrastato fatto di decenni di potere politico ed economico che ha governato il territorio con logiche esterne al bene di questa Terra, anche quando le maggioranze di potere, e i tanti loro servitori, asseriscono il contrario.
- Una stampa e un sistema mediatico asservito a tali logiche di potere che occulta alla massa la maggior parte delle informazioni.
- Una serie di circostanze sempre più sfavorevoli (anche contingenti del momento storico sociale ed economico) che fanno diminuire progressivamente la soglia minima di benessere raggiunto e disponibile per tutti e quindi rendono ancora più indifeso e dipendente dal potere politico economico di cui sopra il popolo dei Sardi.
Dati questi presupposti, per una rivoluzione violenta, mancherebbe solo quell’ultimo passo che comporta, da parte di quelle enclave culturali minoritarie di cui vi parlavo, la scelta dell’uso della forza per la presa delle istituzioni sul proprio territorio.
Per farlo però i loro esponenti dovrebbero essi stessi teorizzare in prima persona l’uso della violenza o delle armi e avere la capacità e la forza di sacrificare se stessi per farlo. Tante rivoluzioni violente sono riuscite con il sacrificio di pochi uomini per il benessere futuro di molti. Tante altre hanno fallito miseramente. Non sto qui a parlarne.
Ragionando sempre per paradossi dunque, l’unico modo serio di affrontare l’argomento sarebbe quello di chiedersi: “siamo abbastanza forti e pronti alla forza per affermare l’indipendenza della Nazione Sarda?”
Io potrei anche rispondere per me e farlo con una certa sicurezza.
Ma essendo un cane sciolto e non facendo parte di nessun movimento, se di mancanza di coraggio si trattasse non sarebbe a me che dovreste rinfacciarlo.
Perchè, seppure la forza non mi spaventi, io sono un NON violento, come immagino tutti voi, quindi ribadisco che la strada dovrebbe essere l’altra.
Per questa ALTRA strada, la rivoluzione NON violenta appunto, vi sto dicendo che le logiche che quasi tutti perseguono in Sardegna (parlo delle attuali “enclave” di cui tutti voi fate degnamente parte) sono sbagliate.
Nei tempi e nei modi. E in parte anche nelle persone a cui vengono affidate.
Anche le rivoluzioni non violente hanno bisogno di una forza vera e vitale.
La forza è innanzitutto quella numerica delle persone che condividono i processi. Voi tutti siete i primi ad asserire che tale presa di coscienza dei Sardi, è cosa lunga. Avrebbe bisogno, oltre che dell’unità d’intenti dei movimenti politici, anche della diffusa conoscenza e consapevolezza che non è la storia o la geografia che sanciscono la Nascita (o forse meglio la Rinascita) di una Nazione. Perchè non dovrebbe aver bisogno nessun bisogno di nascere, in quanto per la storia e la geografia, questa Nazione in qualche modo è sempre esistita.
Quindi la forza di questa Nazione che RINASCE dovrebbe essere il suo Popolo
E questa forza, affermata e certa, potrebbe permettere una trattativa” articolata con lo stato italiano, come tutti si auspicano, fatta però partendo da una posizione di forza appunto.
Dato che L’INDIPENDENZA NON LA SI CHIEDE MA LA SI DICHIARA. SEMPLICEMENTE.
I presupposti per la crescita anche culturale della massa sociale secondo voi sono racchiusi nella ricerca dell’unità d’intenti delle enclave culturali.
Unità che dovrebbe portare il Popolo a sentirsi da esse rappresentato e dunque ad affermare la propria forza, votandole in massa.
La cosa più semplice dovrebbe quindi portarci ad avere un grande Fronte Nazionale, che verrebbe votato da una massa sempre crescente di Sardi. Fino ad ottenere la maggioranza elettorale dentro le istituzioni locali e regionali.
E qui, in un processo altamente “democratico” sancire definitivamente da una posizione di forza numerica elettiva e maggioritaria, la nascita di una Nazione Sarda Indipendente.
Ora mi chiedo. Per arrivare a ciò, dovendo per forza di cose usare gli strumenti che un altro Stato ci concederà fino ad allora, a che punto del ciclo storico di questa terra si sarebbe?
Valutate che ora possiamo anche pensare tutti che lo stato italiano sia in parte favorevole ad un progetto di autonomia crescente e federalismo dei territori, o ci sembrerà al più indifferente nei nostri confronti ma in seguito, al crescere della forza numerica di cui parlate, che anche se unitaria sarà sempre minoritaria rispetto al resto d’italia, chi vieta di pensare che le istituzioni italiane saranno sicuramente ostili a questo processo Sardo?
Io sono certo che semmai si raggiungesse una reale unità d’intenti in tempi rapidi, il vostro fronte unitario (purtroppo minoritario) dei Sardi sarebbe dichiarato altrettanto rapidamente fuorilegge in questo stato italiano.
Ma io so anche che mi direte come questo processo di cui parlate debba essere lento per poter essere quindi “assorbito e assimilato dalle istituzioni italiane e non solo quelle, con tutto quello che ne consegue in termini di diritto alla determinazione dei popoli, di riconoscimento a livello europeo ecc. ecc.
Dunque si dovrà aspettare quanto? E sopratutto, dovendo sistematicamente utilizzare i canali “istituzionali” di uno stato, quello italiano che non ha mai dimostrato di voler lasciare liberi i Sardi di andar per la loro strada, o anche di una istituzione europea di stati che non solo non ci vedono come tali ma che sta assorbendo e centralizzando progressivamente prerogative che erano dei singoli stati più grandi e riconosciuti del nostro, quanto pensate vi verrebbe permesso di farlo seriamente?
Morremmo tutti nell’attesa della vostra Nazione Sarda.
Noi e i figli dei nostri figli.
Dunque, credo innanzitutto che si debba essere pragmatici e si debbano cercare anche altre strade. Che seppure NON violente, si badi bene, prevedono il raggiungimento di posizioni di forza con metodi più rapidi. Strade che, in una prima fase, forse non prevedono nemmeno un Fronte Nazionale e una completa unione di forze. Basterebbe condividere punti di interesse tra forze politiche e movimenti.
Il primo punto di interesse è innanzitutto quello di ricercare un benessere economico diffuso che permetterebbe di affermare con consapevolezza e da posizioni di forza tutte le cose che abbiamo detto in precedenza.
In Sardegna, a differenza della Catalogna, nessuno è in grado ora di prevedere quando sarà possibile ottenere e sopratutto attraverso quali canali. E non vedo grandi proposte in questo senso.
Il benessere economico che tutti ci promettono (almeno a parole) passa per una generico tutela e sviluppo delle risorse dell’ambiente anche a fini turistici, energie alternative e pulite, crescita della conoscenza dei giovani, sostegno alle imprese innovative ecc. ecc.
Le azioni (DI TUTTE LE FORZE POLITICHE) tendono verso versanti diametralmente opposti.
Fatti di conservazione delloo status quo assistenzialistico e di tutela dei benefici raggiunti dalle classi di lavoratori obsolete attuali che in Sardegna sono sopratutto nel terziario diffuso e nel commercio (con la complicità di Sindacati e CentroSinistra) o ricercano il mantenimento di quote di dominio industriale, uso delle risorse pubbliche a fini di controllo del territorio sociale e sfruttamento edilizio crescente dell’ambiente (Centrodestra).
Il resto è nulla.
Io vorrei vedere proposte vere, anche SPREGIUDICATE, di utilizzo della RES PUBBLICA esistente oggi in Sardegna a fini esclusivi di tutela dei Sardi.
Le vorrei vedere CORAGGIOSE E INNOVATIVE, proposte dai movimenti nazionalisti e indipendentisti, le vorrei vedere anche MEDIATICAMENTE efficaci.
Se attuate con risalto mediatico e come una forma di protesta, con l’adesione che diventerebbe spontanea e numericamente efficace raggruppando parti sempre crescenti della popolazione, sarebbe difficile per chiunque nello stato italiano contrastarle con azioni troppo forti.
Quali sono queste cose? Ne ipotizzo alcune che sono tutte tendenti all’aspetto monetario alla creazione di strumenti di sostegno economico e di tutela legale verso i cittadini di una nuova Nazione Sarda:
- Versamento obbligatorio di una quota pari al 50% di tutti gli appannaggi o indennità percepite dagli eletti a livello locale/regionale o italiano che si dichiarino aderenti al progetto Nazionalitario Sardo, di qualsiasi partito o movimento essi siano, per la creazione di un fondo di sostegno alla fondazione del nuovo Stato e per tutte le azioni relative.
- Azioni di creazione di uno strumento di tutela legale internazionale dei cittadini Sardi, che possa chiedere il riconoscimento in rappresentanza di una “cittadinanza senza stato” presso le sedi UE/ONU e attuare in tale veste tutta una serie di azioni e cause legali di class-action internazionale nei confronti di tutti i soggetti (aziende private o rappresentanti di governi o singoli esponenti politici e loro eredi) che si sono succeduti dal dopoguerra in poi, in italia, nell’opera di sfruttamento delle risorse della Sardegna.
L’organismo dovrebbe esercitare azioni simili anche nei confronti dello Stato Italiano, citabile se necessario in tutte le possibili sedi italiane e internazionali con pesanti e continue richieste di risarcimento danni, dato che lo stesso ha concesso attraverso le proprie istituzioni la possibilità di danneggiamento degli interessi dei Sardi.
- Creazione di un fondo internazionale, da alimentare con qualsiasi strumento economico legale permesso dalla legislazione vigente, che vada dall’emissione di buoni pluriennali del tesoro all’azionariato diffuso o al sistema di rete bancaria etica per far si che possa diventare il soggetto istituzionale pubblico di riferimento bancario futuro per qualsiasi emissione monetaria di valuta del nuovo stato.
- Creazione di un fondo previdenziale e contributivo pubblico sul quale tutti i Sardi lavoratori autonomi e professionisti o imprese (che abbiano il coraggio di farlo e subirne le conseguenze) possano decidere di versare le quote di tutte le loro tasse o tributi, calcolate secondo il regime tributario vigente in italia, destinandole alla nascente Nazione. I cittadini verranno ovviamente difesi in sede legale contro lo stato italiano, dallo strumento di tutela legale citato in precedenza.
- Acquisto di una piattaforma petrolifera dismessa, da porre nel mediterraneo occidentale al largo delle Baleari (oltre le acque territoriali dello stato italiano) su cui venga dichiarata la extra-territorialità di rappresentanza e su cui si dichiarino la sede del Governo e del Parlamento in esilio della Nazione Sarda.
I due strumenti istituzionali potranno essere eletti con voto telematico dai cittadini sardi, censiti in una nuova angrafe dello stato e autorizzati con strumenti di firma digitale.
- Creazione di una autorità consolare di rappresentanza che possa trovar sede in qualsiasi stato extra-UE che accetti di ospitarla, in attesa di riconoscimento internazionale in sede europea. Lo stato dovrebbe avere una legislazione fiscale molto più agevole di quella italiana., affinchè il passaggio sia conveniente.
Lo stato dovrebbe dirsi pronto a ricevere e supportare tutti i cittadini che richiedano la DOPPIA CITTADINANZA con attribuzione di quella addizionale dello stato ospitante (che deve essere riconosciuto in sede internazionale) purchè lo stesso riconosca autonomamente la Nazione Sarda.
Non è nemmeno importante che lo Stato sia riconosciuto dall’Italia o in sede UE.
E non è necessario stringere accordi con le Bahamas o con qualche altro paradiso fiscale. Sarebbe sufficiente anche il Canada.
In questa fase il passaggio potrebbe dar diritto ad un sussidio di cittadinanza o addiritura pensione integrativa che verrebbe erogato dal fondo monetario della nascente nazione Sarda. Il cittadino in modo legale potrebbe anche dichiarare di versare la maggior parte delle proprie tasse nei confronti dello stato ospitante che dichiarerebbe sua residenza elettiva. Se percepisce redditi in italia, in tal caso sarebbe soggetto però ad un accertamento tributario come sospetto evasore.
In realtà essendo il processo di verifica verifica tributaria così complesso, dubito che la guardia di finanza si muova per un normale stipendio.
E potrebbe intervenire a supporto dei singoli lo stesso strumento di tutela legale di cui si parlava. I tempi delle cause relative probabilmente sarebbero più lunghi del riconoscimento della Nazione Sarda stessa sul suo territorio.
La cosa divertente è anche che nel caso di recepimento dello status di “cittadinanza apolide” da parte dello Stato non UE ospitante, le tasse relative ai compensi percepiti potranno essere deviate altrettanto legalmente sul fondo monetario neo-costituito per la Nazione Sarda. Senza che lo stato italiano possa far nulla. Nonostante vi sembri strano è tutto possibile e previsto anche dalla normativa europea, a causa dell’ingresso della Romania che non aveva una anagrafe di cittadinanza fino a pochi anni fa e che ha ancora milioni di apolidi.
Un cittadino apolide che percepisce un reddito all’interno dell’unione europea, può in relatà decidere di pagare le proprie tasse nello stato che le accetta (anche extra-UE) purchè lo stesso riconosca la sua condizione di apolide.
E se in pensione e ha pagato i propri contributi nella sua vita lavorativa, non soltanto non perderebbe nessun diritto alla riscossione della pensione o di uno stipendio di uno stato estero ma lo dovrebbe ottenere lordo.
Il problema si presenterebbe solo nel caso in cui, per esercitare una funzione pubblica (dipendente della pubblica amministrazione) esso debba mantenere la cittadinanza italiana. Ma in molti concorsi è previsto che si sia cittadini italiani solamente “all’atto dell’immissione in graduatoria”. Se si perde successivamente non viene precisato cosa succede. Anche questo è un buco legislativo tutto italiano, suppongo.
Come vedete, le idee di questo tipo sono certo non mancano. I fronti da aprire sarebbero molti e contemporanei. Le forme di proteste, ad alto impatto mediatico, le più fantasiose e possibili sarebbero tutte da trovare e inventare.
Il problema in Sardegna, per poter dichiarare tale una qualsiasi idea di Nazione, NON è più soltanto culturale, geografico, storico o identitario.
Si tratta di falsi problemi che saranno in parte risolti e rapidamente superati dalla contemporaneitò degli eventi, che sono sempre più veloci delle forze politiche e di qualsiasi movimento sociale.
L’unica rivoluzione efficace in un mondo dominato da leggi economiche di mercato è quella che sovverte i mercati.
Mi pare fosse Griffith parlando della sceneggiatura di “NASCITA DI UNA NAZIONE” a scrivere che: “una Nazione, al pari di una volta in una chiesa, per potersi reggere avrebbe bisogno di svilupparsi almeno su 3 navate. Una è lo Stato Geografico, l’altra è quello Storico-Sociale. L’ultima è quello Economico-Monetario.
La quarta navata, quella centrale accoglie i cittadini ed è dunque la rappresentanza democratico-politica che all’inizio non è nemmeno così importante.
Diventa indispensabile dopo perchè contribuisce a rendere solida tutta la cupola e trasforma la chiesa in una cattedrale.
Dunque, architetti carissimi, diamoci da fare.
Leggendo il suo intervento “Sardigna Liberation Front” (e sperando comunque sia più sintetico nei suoi interventi anche per gli altri lettori) scorgo alcuni punti su cui mi trovo d’accordo ma non ne condivido la soluzione o il punto di approdo. Ad esempio, quando afferma che la “Nazione si dichiara e non si chiede”, apparentemente è un principio scorrevole, ma nella pratica diventa l’esatto opposto per un motivo molto semplice e di natura storico-sociologica: Abbiamo generazioni di Sardi che sono nati e cresciuti, perfettamente omologati, in una cultura ed in un sistema economico ed istituzionale italiano. Non si può dunque confondere la Nazione con la coscienza Nazionale, soprattutto, come in Sardegna e specialmente nei giovani, dove non esiste neppure alcuna memoria storica (nessuno ha mai riformato la Pubblica Istruzione in tal senso) e dove quindi anche la Lingua non è un parametro diffuso di unione popolare. Per essere nazione e sentirsi tale servono elementi di coesione sociale, questi oggi quali sono? Senza riforme quelli che ci sono li stiamo perdendo. Altro conto è se si vuole produrre una nuova nazione completamente avulsa da alcune caratteristiche tipiche dell’isola. Ma non mi pare sia il caso dell’eterogeneo nazionalismo Sardo che, secondo varie sfumature, più o meno ha cardini di continuità ideologica con l’identità storica, culturale e persino ambientale della Sardegna e quindi del suo passato. Per quanto questi debba evolversi autonomamente ma in un moderno contesto globale. Ecco perché in questo ambito democratico, la “scoperta” dei propri elementi identitari deve passare anche per la scuola e quindi attraverso un processo di riforme autonomistiche. Lei non vede proposte in questa direzione fin’ora e mi trovo d’accordo con lei, ma le garantisco che ci saranno, nella misura in cui saranno parte di una riscrittura dello statuto Sardo che è nell’agenda di tanti, pure non indipendentisti, anche se si tratterà di un processo che non potrebbe risolversi nell’arco di una sola legislatura regionale.
In merito alla sua proposta di creazione di un fondo in cui destinare tutte le tasse, ecc, dei singoli contribuenti e delle imprese Sarde, non mi pare un’idea legalmente perseguibile con la normativa fiscale attuale. Senza considerare lo scarso seguito che avrebbe.
Sul resto, da anni anche noi abbiamo parlato di rappresentanza, o meglio, di legittimazione politica internazionale. Ma bisogna considerare che anche questa è una fase successiva ad un eventuale potenziamento della politica identitaria Sarda. Non si può avere alcun riconoscimento estero di peso finanto che “in patria” il nazionalismo sardo (sia esso autonomismo o indipendentismo vario) non saprà costruirsi un consenso sociale graduale e diffuso (anche per via di quelle famose riforme da effettuare). Ma in tutto questo continuano a mancare gli strumenti essenziali (che in seguito potrebbero portare anche vero risalto mediatico): Uno o più partiti territoriali coesi, di matrice natzionale ovviamente. Un Fronte od un PNS.
Solo dopo la fase autonomista (quella vera) potremmo sperare in maggiore coscienza diffusa e quindi in maggiori possibilità di attivare iniziative oggi implausibili.
Bomboi Adriano.
Bisogna aprire queste questioni, coivolgendo le persone, le associazioni culturali, quelle di categorie il confronto ci permetterà di costruire un Partito Nazionalitario Sardo.
Spiegare le nostre posizioni sulla politica economica, perchè in questo modo potremmo essere alternativi ai partiti di Roma.