Bomboi replica all’On. Guido Melis su Storia e Autonomia
“Che cosa importa ai comunisti della Regione? Io che ho lavorato con loro ricordo bene l’antipatia, l’avversione dei socialisti nenniani e dei comunisti per la Regione. Essi pensavano che il decentramento attenua la forza del potere centrale che per essi è di assoluta necessità per preparare il grande rivolgimento, per attuare la grande conversione della struttura sociale e politica dello Stato.”
Alcide de Gasperi, 9 novembre 1952.
Caro Melis,
E’ singolare che un professore ordinario di Storia delle Istituzioni Politiche, nonché divulgatore e politico quale lei è, abbia recentemente affermato (La Nuova Sardegna 18-09-2010) che il “Regnum Sardiniae”, con la fusione perfetta del 1847, aveva rinunciato alla sua antica autonomia per aderire al “giovane stato piemontese”.
Saprà benissimo che il Regno di Sardegna comprendeva anche il vecchio Ducato di Savoia (quindi l’area geografica che oggi corrisponde alla Sardegna ed a grandi linee all’attuale Piemonte).
Il Regno di Sardegna quindi non ha aderito ad una cosa di cui nell’800 già faceva parte.
Piuttosto, l’unica entità statuale chiamata Regno di Sardegna, e governata dalla Monarchia Sabauda, con la fase risorgimentale si estese ad altri stati pre-unitari assumendo solo successivamente la denominazione di Regno d’Italia.
Probabilmente la sua confusione è determinata dal fatto che, sostanzialmente, la leadership politica dell’epoca era effettuata da una monarchia che aveva origini nell’alta Savoia Francese e che, completando l’unificazione italiana, procedeva nella “piemontesizzazione” politica, economica e culturale della penisola.
Una politica assimilazionista che gettò le basi della drammatica questione meridionale che procede ancora oggi.
Da qui dunque la contraddizione della sua tesi. Come si può infatti pensare che uno “stato grande” sia giocoforza uno stato capace di rispondere maggiormente alle sfide economiche che i singoli territori impongono?
La soluzione andrebbe piuttosto ricercata nella forma dello Stato che regola le comunità amministrate. Uno stato centralista generalmente non riesce a fare fronte alle più disparate esigenze economiche che si presentano, proprio perché esse hanno caratteristiche diverse.
Viceversa, una formula federale, che lei confonde con quella separatista, ha lo scopo di dare le migliori condizioni amministrative ai diversi territori che compongono uno Stato, al fine ultimo di potenziarne le capacità di sviluppo.
La globalizzazione è un fenomeno che procede, come lei ha giustamente affermato, per segmenti orizzontali. Non capisco pertanto come lei possa vedere nello “Stato forte” il mantra della risoluzione dei problemi. Ad esempio: a quale prezzo la Cina compete sui mercati? Distruggendo il suo stesso territorio, la sua qualità ambientale, le sue minoranze ed i più basilari diritti civili, umani e sindacali, oggi convenzionalmente accettati dal progresso umano.
E perché mai oggi tutte le minoranze prive di sovranità del mondo occidentale rivendicano il diritto all’autogoverno? Proprio perché paesi come la Catalogna, la Scozia, ma anche diversamente Taiwan, il Québec o il Kosovo (già indipendente), ritengono di dover aggirare l’intermediazione dello Stato di cui fanno parte per poter amministrare direttamente, in questa spietata competizione globale, le peculiari esigenze economiche e culturali che i vecchi modelli istituzionali ottocenteschi non sono più in grado di ottemperare. E questo principio vale sia per economie deboli che per economie sufficientemente consolidate.
Eppure, anche l’elemento identitario rappresenta quel valore aggiunto economico e culturale che qualifica la nostra stessa esistenza. Pensiamo al ritardo della Lingua Sarda nella nostra società, ma pensiamo altresì alla ingiustificata assenza della storiografia e della letteratura Sarda nella Pubblica Istruzione regionale.
Siamo uno dei pochi casi rimasti al mondo di comunità che non trasmette ai propri figli la conoscenza del nostro passato.
E lei, che di divulgazione storica se ne intende, dovrebbe sapere che se non si sà da dove si arriva, non si può capire dove si vuole andare.
Ben venga dunque l’ordine del giorno sostenuto dal Partito Democratico presso il Consiglio Regionale. Anch’esso, unitariamente alle istanze sardiste ed indipendentiste sarde, potrà offrirci nuovi spunti di un dibattito che per anni abbiamo colpevolmente accantonato.
Bomboi Adriano,
Associazione U.R.N. Sardinnya, 18-09-2010.
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Nazionalisti Sardi
Oggi, abbiamo letto un articolo sull’indipendentismo, scritto, dal Profeta Melis, fautore e difensore dell’Unità d’Italia, il Profeta ci rimprovera
Con forza e determinazione, scrivendo parole di fuoco e pregne d’indignazione. “ Come osate, voi SARDI INDIPENDENTISTI, parlare e discutere di Indipendenza nel momento in cui Bossi sta operando con forza per la disgregazione dell’ Italia?” Supportando la sua indignazione e la sua forza profetica, spiegandoci che il popolo Sardo nel 1847, (ribadendo con forza e alla Sarda ;1847 capito mi hai) aveva sottoscritto la fusione della Sardegna, con gli stati Sabaudi. Alla lettura di queste affermazioni, mi sono sentito piccolo,piccolo, di fronte a tanta cultura,sono stato colto da vertigini, mi sono ripreso lentamente, sentendo il sangue che mi riaffluiva nel cervello, cosi da permettermi di ricordare il 1847 e gli avvenimenti che portarono a quella data. Mi ricordai del 11 febbraio del 1819, quando il conte Alberto Ferrero della Marmora sbarcò in Sardegna, per incominciare i suoi lavori di cartografo, proseguendo nei ricordi arrivo al 1820, anno in cui venne promulgato l’editto delle chiudende, col fine, di creare in Sardegna, una borghesia agraria fedele ai Sabaudi, così da proseguire con l’opera di demolizione avviata dai Savoia della nostra storia Sarda, cosi che, nel 1827 dopo 4 secoli vengono fatte decadere le leggi della Carta de Logu, in essere dal 1421. Proseguendo nei ricordi, arrivo agli anni che vanno dal 1835 al 1839, anni in cui i Savoia ci rivendono le terre usurpate dai feudatari.” Terre da loro avute a gratis “. Ma a questo punto, sono arrivato al 1847, anno della fusione ricordata dal Profeta italico di origine Sarda e mi sono posto la domanda , chi saranno stati i Sardi che contenti e giulivi hanno sottoscritto questa fusione? La risposta è stata, che dovevano essere pochini, pochini, considerando che in quel tempo il 93% dei sardi era analfabeta! Vuoi vedere che i sottoscrittori erano quei signori, che presero a GRATIS i terreni, i boschi, le miniere e quant’altro era possibile prendere dalle genti Sarde. Venendo, con l’accettazione della fusione, premiati dai sabaudi con l’istituzione del catasto dei terreni, messo in essere nel 1851, cosi legittimando la proprietà dei terreni da loro usurpati , permettendo agli stessi di diventare padroni legali delle nostre terre. Continuando a frugare nelle rimembranze dei ricordi, sono arrivato al 1861, quando ai sabaudi in fondo, in fondo, della Sardegna non importava un bel niente, avendo avviato una trattativa segreta per la cessione alla Francia di tutti noi. Ed a questo punto il furore del Profeta Melis contro l’istituzione della “Repubblica delle Banane Sarda” ha trasformato le vertigini iniziali in sorriso,venendomi spontaneo l’augurio al Melis di lunga vita, anche perché, essendo persone come lui, molto utili alla causa indipendentista, ci forniscono inavvertitamente, la misura di paragone, fra una parte di Sardi, mancanti totalmente di autostima, ma che consentono con le loro tesi, a noi indipendentisti, che lottando giorno dopo giorno a rafforzarcela. Cosi da proseguire sino alla conquista della sovranità e relativa indipendenza. Il Presidente, Doddore Meloni P. S. essendo stato definito dal Profeta Melis , l’indipendentismo Sardo un fantasma, ho cercato d’immedesimarmi in fantasma, ho preso un lenzuolo bianco, ho formato due buchi per gli occhi e indossatolo, ho cercato inutilmente e ripetutamente lo stato Etereo, con il risultato che mentre saltavo cercando invano la levitazione,ricadendo per terra mi sono sbucciato un ginocchio, ed il dolore mi ha riportato a prendere atto che come indipendentista ero vivo e vegeto, con l’intenzione di rimanerlo ancora per molto, con buona pace del Profeta Melis
Il Presidente del PAR.I.S. (Partidu Indipendentista Sardu) Malu Entu
Doddore Meloni
http://www.repubblicadimaluentu.com
Il dramma, caro Bomboi, è che quelle sciocchezze non vengono da un politico (in amore e in politica tutto è permesso), ma da un docente universitario di Storia delle istituzioni. Immagino che, oltre a scriverle su un giornale, le insegni pure, poveri ragazzi.
Un esempio di come si piega la verità storica all’ideologia.
Parole, parole.
Serve un referendum popolare come quello che nel 1997 ha consentito alla Scozia, di ritornare ad essere una Nazione oltre che di fatto anche dal punto di vista istituzionale.
Sino a quando non ci sarà una marea di popolo sardo ad affermare col voto che la nostra Isola è una “Nazione”, a Roma faranno orecchie da mercante.
Se solo avessimo una nazionale di calcio Sarda come gli scozzesi.