La Nuova Sardegna pubblica la parziale storia nazionalista della Sardegna italiana
“E anche su Buzinu diventò un eroe da ricordare” – Di Gianfranco Pintore.
Il quotidiano La Nuova Sardegna ha cominciato oggi una meritoria opera di informazione storica su “la Sardegna e l’unità d’Italia”, curata dallo storico Manlio Brigaglia. Dico meritoria per due ragioni: la prima è che la Sardegna diventa così soggetto e non oggetto; la seconda è che, forse per la prima volta su un quotidiano, si dice quel che Cesare Casula afferma inascoltato: la Sardegna è il nucleo storico dello Stato italiano. In sé, com’è ovvio, questa affermazione non comporta per la nostra Isola motivo di orgoglio o, al contrario, di depressione. Serve a sapere come è nata l’Italia politica.
Nel merito, la ricostruzione fatta dal giornale sconta la sperimentata vocazione degli intellettuali unitaristi a sovrapporre le proprie convinzioni ideali alla storia. A piegare, voglio dire, le vicende storiche all’ideologia, in questo caso nazionalista di sinistra, in altri di destra. Si scrive, per esempio: “C’è una data di nascita per il Regno di Sardegna: o almeno per una delle sue ultime incarnazioni, quella che non soltanto ha un monarca (quasi) tutto suo, ma ha un re che proprio dall’isola prende nome. E’ l’8 agosto 1720. Vittorio Amedeo II di Savoia, sino a qualche giorno prima re di Sicilia, viene «costretto» dal complicato gioco diplomatico europeo a scambiarla con la Sardegna”. Ma quando mai? Il Regno di Sardegna nacque nel 1324, nel 1720 passò semplicemente di mano e tutti i re che hanno preceduto il Savoia furono re di Sardegna.
Sottigliezze? Può darsi, ma perché queste approssimazioni? Forse una spiegazione è in quest’altra affermazione: “All’inizio i Savoia preferirono che non si facesse niente per insegnare l’italiano in quell’isola che non vedevano l’ora di dar via, poi si convinsero a insegnarla al maggior numero di sardi: è da quel preciso momento che la Sardegna torna ad essere un pezzo d’Italia”. Torna ad essere? Ohibò, ci fu, dunque nella storia precedente, un momento in cui la Sardegna fu “un pezzo d’Italia”? E quando? Quando, come dice Benigni, esaltato in un altro articolo del giornale, l’esercito italiano di Scipione sconfisse Annibale o quando gli italiani venuti da Roma occuparono l’Isola? Vista così, è vero: i catalani e gli aragonesi (ma prima di essi altri) interruppero la continuità della italianità della Sardegna che riprese animo quando i Savoia franco-parlanti, duecentocinquanta anni fa, imposero l’italiano nell’isola.
Quando questo accadde, era ministro per gli affari di Sardegna il conte Giovanni Battista Lorenzo Bogino, nella cui persona, “la Sardegna incontra il Settecento riformatore”, scrive Brigaglia dettagliando le sue riforme. Che il Bogino fosse un riformatore, affascinato dalle idee illuministe, nessun dubbio. Si dà il fatto che i sardi dell’epoca, e delle epoche successive, avevano del Bogino un idea diversa. Sperimentarono, infatti, la sua crudeltà. Ancora oggi, per augurare ogni male si esclama “ancu ti currat su Buzinu”, ti possa raggiungere il Bogino. In verità, pare che il sostantivo “buzinu”, il diavolo, sia di più antica data dell’arrivo del conte. Ma, come si dice, omen nomen. Anche Hitler e Stalin furono a loro modo dei riformatori. Ma dubito che come tali possano essere ricordati ed apprezzati.
Brigaglia, però, non è l’unico a ricordare il Bogino come riformatore. Negli anni Sessanta, intellettuali sardi innamorati della pianificazione e delle magnifiche sorti e progressive di essa, dedicarono al riformista massacratore una rivista, “Il Bogino” appunto. Il sardo-masochismo è anche questo.
Da: http://gianfrancopintore.blogspot.com/2011/03/e-anche-su-buzinu-divento-un-eroe-da.html
Nota ai lettori sui dettagli storici che non emergono nell’articolo de La Nuova menzionato da Pintore:
I Savoia parlavano francese ed imposero l’italiano solo per eradicare via la lingua iberica imposta dai “Re di Sardegna” spagnoli antecedenti al 1720. Gli stessi Savoia tenteranno in seguito di cedere la Sardegna alla Francia. La Sardegna fu pienamente inserita nei moti illuministici della vecchia Europa e non grazie al Bogino, tanto è vero che lo stesso Giovanni Maria Angioy tra ’700 e ’800 subì l’influenza della rivoluzione antifeudale e repubblicana francese, ma nelle scuole sarde boginiane dell’epoca non si hanno riscontri in tal senso volti alla divulgazione dell’innovazione culturale europea. Le università furono gestite dall’amministrazione sabauda con docenti piemontesi. Prima del Bogino l’amministrazione sabauda incentivò la colonizzazione di alcune parti dell’isola facendo arrivare centinaia di famiglie non Sarde, esperimenti pressoché falliti anche grazie agli attacchi condotti dai Sardi che si opposero a questa misura e che furono accusati di “banditismo”.
Il Bogino avviò diverse riforme positive, tra le varie, il servizio postale ed il riordino delle torri di difesa, ma nel complesso sul piano amministrativo esse non incisero significativamente nella struttura economico-sociale della Sardegna. Al contrario il Bogino si distinse per la repressione contro chi si opponeva all’ordine sabaudo dell’isola e fu sostenitore di alcuni massacri. Nelle sue disposizioni, in linea con le punizioni della vecchia “modern age”, ordinò che si bruciassero anche le foreste nelle quali si nascondevano i “villici” e che si potesse esibire la loro testa come prova della vendetta statale.
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Redazione SANATZIONE.EU
Temo che il grado di lobotizzazione dei sardi sia purtroppo arrivato a un punto di non ritorno.
Nn siamo ancora usciti dalla colonizzazione italiana….
[...] illuminista col naturalismo settecentesco e con il romanticismo risorgimentale del 1847, ecco cosa scriveva il nazionalismo italico del noto Manlio Brigaglia su una collana di storia Sarda prodotta dal [...]