In Sardegna, mentre spariscono i giovani, si preferisce parlare di Berlusconi and Company
Pubblicato su www.frantziscusanna.net.
La classe politica sarda è impegnatissima in questo periodo a verificare vittorie e sconfitte elettorali, a rilasciare proclami sui massimi sistemi, ad annunciare la fine del berlusconismo e la resurrezione degli eredi del governo Prodi-Mastella-Bertinotti.
In Sardegna, intanto, il sistema socio-economico si trasforma, muta incessantemente e le trasformazioni, che meriterebbero ben altra attenzione da parte della politica, passano quasi inosservate.
In fondo i fenomeni sociali sono poco interessanti quando non si tratta di cronaca o di avvenimenti direttamente strumentalizzabili nella diatriba tra centro-destra e centro-sinistra italiani. L’interesse nazionale del nostro popolo risulta sempre marginalizzato, trascurato e reso subalterno all’interesse nazionale italiano: questa è la regola, il resto è eccezione trascurabile.
A chi interessa, ad esempio, se nell’ultimo anno i giovani contribuenti sardi tra i 15 e i 24 anni si sono ridotti del 5%? E che tale trend è paurosamente in crescita?
Una recente ricerca, analizzando i dati del Dipartimento delle Finanze – Ministero dell’Economia, ha messo in evidenza che in Sardegna in un anno sono spariti dalla lista dei percettori di reddito ben 2500 persone in una fascia d’età cruciale per i destini economici di un popolo (senza un corrispondente aumento dei livelli di istruzione). Nel 2008 risultavano circa 53.000 e nel 2009 si è passati a circa 50.000. Il dato è significativo ma pare che nessuno se ne voglia preoccupare.
Si dirà che siamo in crisi, si dirà che a risentirne siano in particolare i giovani ma non si può evitare di trarre le considerazioni più generali: in Sardegna si sta assistendo ad una catastrofe epocale. Non basterà indignarsi: per uscire da questa situazione ci vorrà la politica, ci vorrà soprattutto una classe dirigente nazionale sarda che porti avanti strategie per questo popolo e per le sue giovani generazioni.
Per questo abbiamo bisogno di misure di ampio respiro che sostengano lo spirito imprenditoriale, la formazione, la ricerca e che siano attente a supportare le idee delle nuove generazioni, il loro mettersi in gioco, la loro voglia di cambiamento.
Nel frattempo si potrebbe: creare “un fondo per il futuro”, sul modello del Future Found creato dal governo indipendentista scozzese, che serva da supporto alle giovani generazioni per sviluppare idee innovative in settori strategici; rafforzare i servizi pubblici per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile; istituire una carta dei diritti di cittadinanza che supporti i percorsi formativi e di vita delle giovani generazioni.
Insomma, si dovrebbe smettere di discutere d’altro e cominciare ad agire nel nostro interesse, per il nostro interesse.
Non possiamo più rimanere in silenzio di fronte alla marginalizzazione di generazioni intere del nostro popolo e soprattutto alla cancellazione del loro diritto di avere una famiglia, un lavoro e un futuro dignitoso in questa terra.
I governi ed i partiti politici vanno valutati su ciò che sapranno fare su queste tematiche e non sulla capacità di chiedere l’elemosina al governo italiano di turno.
Chi vorrà continuare a parlare di Berlusconi, Prodi e dei loro eredi faccia pure. A noi indipendentisti deve interessare ben altro.
Di Frantziscu Sanna, 01-06-11.
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Redazione SANATZIONE.EU
[...] in Sardegna sono maggiormente dediti alle vicende romane di un Berlusconi o di un Di Pietro piuttosto che del trend dell’economia isolana, quelli Sardi non navigano in acque migliori. Alcuni di [...]
Frantzì, fin dall’anno scorso a Oristano, quando ci siamo incontrati in un Atobiu, mi son reso disponibile a sviluppare con qualunque movimento o gruppo indipendentista, attività di costruzione e strutturazione di “ferramentas” da adattare ai bisogni della società sarda. Son convinto che esista una impellente necessità di far qualcosa di concreto. Son disposto a discutere con chiunque voglia e abbia intenzione di rendere operative idee, proposte e progetti in grado di uscire dalle secche delle solite dichiarazioni a costo zero, che suscitano entusiasmi ma non hanno alcun effetto operativo. Plaudo a questa iniziativa di URN, che ha mostrato in questo spazio come stia crescendo un indipendentismo più maturo che, pur nelle sue differenziazioni ideologiche, sta rivalutando la comunicazione a 360 gradi. Ti chiedo pertanto se tutti assieme vogliamo, tramite questo spazio URN, proporre una svolta nei processi di comunicazione del mondo indipendentista, per implementare forme di comunicazione alternative e nuove ? Forme di comunicazione che diventino strumenti per concretizzare progetti. So molto bene che questo discorso ha bisogno di disponibilità varie e della volontà di tutti. Capire le posizioni altrui é difficile ma é esercizio indispensabile. Dobbiamo allontanarci dall’autoreferenzialità premiante l’EGO individuale, tipica degli insiemi d’appartenenza, per interscambiarci e/o creare progetti complessi, con un grado di astrazione più elevato dell’attuale, che ci permetta la visione chiara dell’insieme delle posizioni indipendentiste. Dobbiamo essere in grado di costruire “Un Assotziu Comunu” di collaborazione, con il fine di proporre linee razionali di azione Comune, in grado di navigare al meglio nell’universo dinamico in continua evoluzione che é il GLOBALE, ma con una direzione polare che non può essere altro che LOCALE nella sua elaborazione.