Solidarietà o mediocrità? Quei partiti ‘Sardi’ che parlano di TAV e non di Statuto Sardo

“Non dubitate che un piccolo gruppo di cittadini coscienti e risoluti possa cambiare il mondo. In fondo è cosi che è sempre andata”.
Margaret Mead, 1901 – 1978.

Si capisce: dare la solidarietà ad una protesta popolare che non riguarda il proprio territorio può essere un modo per attirare l’attenzione sui problemi del proprio.
Tuttavia, la musica inizia a cambiare quando dall’altro territorio la solidarietà rimane alquanto contenuta e se, soprattutto, chi da queste parti solidarizza con terze cause talvolta finisce per scordarsi della sua.

Se pertanto i partiti italiani in Sardegna sono maggiormente dediti alle vicende romane di un Berlusconi o di un Di Pietro piuttosto che del trend dell’economia isolana, quelli Sardi non navigano in acque migliori. Alcuni di questi riescono addirittura ad occuparsi di legittimo impedimento e di linea ad alta velocità che dovrebbe attraversare la Val di Susa in Piemonte (TAV), ma, curiosamente, si scordano che il loro obiettivo dovrebbe essere quello di premere per una riforma delle istituzioni dell’isola.
Non siamo qui per stabilire se la linea TAV sia giusta o meno, non è il nostro compito. Dobbiamo però domandarci se una cospicua parte del variopinto indipendentismo Sardo non stia nuovamente declinando verso il ritorno ad un altro partito, ben più ampio, e che non ha confini politici ma attiene ad una subcultura sociale che si presenta con alcune caratteristiche classiche: quella di dire no a tutto, come a qualsiasi infrastruttura pubblica (ripetiamo, a prescindere dal caso TAV); e quella di configurare queste proteste sempre come appendice ultima della sinistra radicale italiana.
Il problema dunque è ben altro che lo stabilire se la solidarietà ad una causa sia giusta o meno, ma consiste nello stabilire quanto e se ci si sta occupando della nostra.
Quanti movimenti Sardi avete sentito parlare di riforma dello Statuto Regionale nell’ultimo mese?
Escluse le comprensibili battaglie ai radar e ad Equitalia, qual è il contributo dei 10 partiti autonomisti ed indipendentisti Sardi al tema delle grandi riforme? Con quanti e quali lavoratori Sardi in crisi è stato avviato un dialogo?
Ma soprattutto: abbiamo realmente bisogno di un così alto numero di sigle che probabilmente preferisce occuparsi di terzi interessi e meno di quelli territoriali?
Al tempo della colonizzazione italiana in Libia ed Etiopia, lo sport preferito dai Savoia era quello di fomentare interesse verso la politichetta italiana, attenuando così le sincere spinte autonomistiche dei territori controllati, distraendoli e ponendo ogni resistenza politica nel quadro di una disputa che non riguardava più il territorio natio.
Se oggi questo lavoro viene indirettamente portato avanti dai media italiani in Sardegna, senza una regia politica al riguardo, è altrettanto evidente che i nostri movimenti Sardi, prima che quelli italiani, appaiono ben propensi a portare in secondo piano la battaglia per la sovranità dell’isola nel vano tentativo di conquistare la piazza mediatica del momento. La TAV è una di queste.
L’indipendentismo Sardo, originariamente nato da pochi soggetti, è una realtà politica che ha l’ardire di voler mutare le sorti socio-economiche della Sardegna, ma è triste constatare quanto in diversi casi gli slogan e la demagogia abbiano ampiamente sostituito la ricerca di soluzioni strutturali ai problemi. E’ il caso del PSD’AZ, che al posto di parlare di regole e di mercato si rintana nel populismo di una sedicente “flotta Sarda”, replicando così nei fatti la classica cultura di una politica economica della dipendenza dalle partecipazioni pubbliche tipica dell’era social-democristiana. Ma anche nel mondo dell’associazionismo, il comitato Sardo “si.nonucle” in solidarietà ai resistenti della TAV è finito ad impacchettare un comunicato ideologico d’altri tempi contro il “neo-liberismo”.
Se rimane valido il pensiero dell’antropologa USA Margaret Mead, si può essere ottimisti, perché ci sono comunque indipendentisti che nel loro impegno quotidiano non si scordano la missione di offrire un servizio ai propri cittadini. Tra questi, gli intellettuali che non scordano l’importanza delle riforme, ed anche membri del PAR.I.S. che, come Doddore Meloni, chiedono senza timori lo status di apolide alla Repubblica Italiana ma chiedono anche conto del perché la qualità dei servizi ai cittadini sia scadente. Ad esempio come Bruno Delussu di Sinnai che ha effettuato un esposto contro i rallentamenti degli sportelli postali durante il mese di giugno. Spesso sono politicamente e socialmente più utili queste iniziative che non l’offrire sterili solidarietà del tutto prive di riscontro sul nostro territorio.

Grazie per l’attenzione.

Di Bomboi Adriano.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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