La SARAS contro il Galsi afferma l’esistenza di metano ad Arborea. I movimenti Sardi escano dal sonno con 4 proposte
La SARAS di Sarroch, uno dei 6 petrolchimici più grandi d’Europa e monopolista Sardo nella fornitura di gas, benzina, oli e raffinati vari che manda avanti le nostre auto e l’energia elettrica prodotta da ENEL, afferma di essere vicina alla scoperta di miliardi di metri cubi di metano nel sottosuolo di Arborea (La Nuova, 08-11-11).
Il quotidiano “La Nuova Sardegna” e l’intera classe politica Sarda non si rendono conto che tutto questo avviene alla vigilia della decisione che stabilirà il destino del GALSI, il metanodotto Algeria-Sardegna e resto d’Europa: l’unica reale infrastruttura che potrebbe scalfire gli attuali introiti della SARAS a spese dei Sardi. In un Paese normale questa manovra sarebbe il più evidente sintomo di un’azione lobbistica e monopolistica contro la quale qualsiasi politica autonomistica (o indipendentistica) che si rispetti avrebbe dovuto alzare la voce per allentare le catene della dipendenza. Invece il silenzio regna sovrano, mentre importanti gruppi energetici italiani (inclusa la suddetta ENEL) continuano a fatturare ingenti quantitativi di denaro a causa della loro posizione dominante sul nostro mercato.
Se la SARAS è certa di quanto afferma lo dimostri piuttosto che esibirsi in proclami tesi ad avversare indirettamente terze vie di metanizzazione dell’isola.
Inoltre, se i movimenti Sardi sono contrari al metanodotto, di conseguenza si dovrebbero attivare politicamente verso l’unica e credibile alternativa possibile al monopolio SARAS: quella della zona franca, già prevista dall’art. 12 del nostro Statuto Speciale. Può essere un tema capace di unire anche gli scettici sul progetto GALSI.
Alle Canarie (Spagna) grazie alla zona franca un litro di benzina costa mediamente la metà rispetto al costo medio dell’andamento sul mercato. Alle Baleari (Spagna) esiste un gasdotto che serve un territorio inferiore a quello della Sardegna, ciò nonostante non vi è stata alcuna flessione del turismo, né danni ambientali.
L’ass.ne U.R.N. Sardinnya invece propone 4 interventi di politica energetica e fiscale che cerchiamo di riassumere in breve:
1) La richiesta per la revisione della Legge Regionale n. 20/59 concernente le royalty sui diritti di produzione energetica in favore del territorio.
2) L’attivazione della zona franca (art. 12 R.A.S.). Non si può più rimandare il tema della defiscalizzazione relativa alle accise sugli idrocarburi.
3) L’avvio di una campagna politica che per la prossima Costituente dovrà adoperarsi nella riscrittura dello Statuto Sardo e nella quale venga contemplata l’ipotesi di realizzare un Antitrust Sardo capace di monitorare e sanzionare le posizioni dominanti sul mercato isolano (articolo di Sa Natzione del 01-11-11).
4) L’avvio di una campagna politica per la differenziazione delle fonti di approvvigionamento energetico onde stimolare la concorrenza, tra cui il sostegno alle rinnovabili e, nel medio termine, il sostegno alla metanizzazione dell’isola (gassificatori e/o metanodotti), onde uscire totalmente da politiche demagogiche e inadeguate rispetto alla crisi di competitività che colpisce il nostro tessuto civile e industriale.
Sardigna Natzione occupò la centrale elettrica di Fiume Santo (Porto Torres). Oggi serve ben altro in termini di azioni e proposte. Dal movimentismo occorre passare alla politica.
Appare fondamentale convocare un tavolo di concertazione sui predetti punti tra parti sociali, l’Università Sarda, sindacati e associazioni di categoria, tra cui la Confindustria Sardegna, per discutere sui termini di rilancio dell’isola relativamente all’emergenza fiscale ed energetica, che (unitariamente alla formazione) rappresentano alcuni dei principali fattori di ritardo politico e strutturale del territorio.
Lamentarsi non basta, urgono riforme. 10 movimenti autonomisti e indipendentisti impegnati a dividersi sulle bandierine e incapaci di portare avanti queste battaglie sono i più grandi alleati della dipendenza politico-economica dall’Italia: rottamiamoli.
Grazie per l’attenzione.
Di Adriano Bomboi.
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- Articolo correlato su SARAS e Accise (Riformatori Sardi): Vedi.
U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi
Due osservazioni solamente data la complessità dei contenuti dell’articolo.
La zona franca in Sardegna agirebbe solo sulla parte fiscale del costo degli idrocarburi prodotti da Saras. Cioè accise ed IVA e ricarico di tasse speciali varie statali sedimentatesi nei decenni.
La Saras non sarebbe scalfita per nulla dalla ZF anzi se ne avvantaggerebbe notevolmente perchè aumenterebbero i consumi ( tenendo presente che i consumi sardi sono irrisori rispetto alla totale produzione )
Da aggiungere che Saras lavora sopratutto e quasi per la totalità per conto terzi italiani ed esteri e non commercializza al consumo, se non i casi particolarissimi.
L’esempio delle Baleari alimentate da un gasdotto sottomarino pende in sfavore del Galsi, che è un’opera pensata per i ricchi consumatori continentali e non per la Sardegna, per la quale costituirebbe una pesantissima servitù di passagggio. Similmente alle Baleari la Sardegna meglio starebbe con un gasdotto ( già previsto negli anni 80) di importazione di gas dalla rete italiana partente all’incica da Piombino e con arrivo a P.Torres in zona già industrializzata.
Il Galsi ( che prende il nome dal Galsi che è solo la società incaricata di progettare il gasdotto dall’Algeria e non la società che gestirà il gas ) è la classica opera coloniale, nata per esclusive esigenze esterne, per cui a carico dei sardi rimarrebbero le sovradimensionate servitù di ogni tipo e due o più centrali di rilancio enormi e che deformeranno intere economie turistiche e il paesaggio con ferite non facilmente rimarginabili.
Nella prima ipotesi di metanizzazione, vedi Metanosarda formata anche da imprenditori sardi e poi assorbita da Eni ( anni 80 ), la dorsale sarda dalla quale sarebbero dovute partire le connessioni con le comunità e produzioni consumatrici, partiva da P.torres ed arrivava a Macchiareddu, due zone industriali per cui l’impatto era minimizzato. il Galsi infischiandosene della Sardegna invece parte dalle coste del Sulcis ed arriva ad Olbia, puntando solo all’accorciamento del percorso. Vengono fatti fuori tutti i centri industrializzati, per alimentare i quali bisognerà fare bretelle aggiuntive.
Proprio un assudo, guardando gli interessi della Sardegna.
Credo che il metanodotto magnum del Galsi non si farà mai, sopratutto perchè non sono chiari gli utilizzatori finali e non sono stati sottoscritti contratti a lunghissimo termine per il metano trasportato, che sono le precondizioni per l’investimento dopo la progettazione. Non è casuale che l’UE non abbia inserito il Galsi nelle reti previste per il futuro e quindi escludendolo dai finanziamenti. Intanto la Sardegna resta senza gas metano. Se venise trovato in Sardegna sarebbe una bella rivoluzione energetica e politica ( vedi Scozia ) . Si tratterebbe di non farcelo rubare dai colonialisti comunque si chiamino..
Tengo a precisare che l’articolo non avversa la SARAS ma l’attuale situazione di cui la SARAS indiscutibilmente gode. La ZF infatti non avrebbe lo scopo di “annientare” la SARAS. Non sono tuttavia convinto che gioverebbe per forza di cose all’azienda pur se non tratta al dettaglio determinati prodotti, perché la ZF potrebbe attirare altri attori economici del settore. In questo senso quindi non è facile prevedere come si comporterebbe un mercato meno rigido dell’attuale, con le suddette defiscalizzazioni e con una infrastrutturazione da metano (qualunque sia la forma).
Sul GALSI non sono convinto che, nel caso non si farà, i motivi siano riconducibili all’assenza di contratti a lungo termine. Nell’est Europa ad esempio sono stati rinegoziati. C’è caso e caso comunque.
Bisogna aggiungere, il Greenstream Libia-Sicilia è stato completato nel 2004 dopo soli 13 mesi circa.
Molti partiti indipendentisti bloccano o fermano ciò che serve ai Sardi. Io non capisco quale sia la logica indipendentista. Vorrebbero forse ritornare ai tempi in cui non esisteva la macchina come mezzo di trasporto ?
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