Disoccupazione, caro carburanti e fisco? Fortza Paris parla di Zona Franca, ecco perché è attuale

Non c’è cosa più triste nel vedere un Popolo in piazza contro la crisi senza avere gli strumenti adeguati per farvi fronte. Uno di questi sarebbe la sovranità fiscale.
Lo slogan sulla “sovranità fiscale” oggi attraversa anche tutti quei movimenti indipendentisti che fino a qualche anno fa non erano minimamente capaci di inquadrare un percorso sovranista nell’interesse della Sardegna. Erano cioè privi della capacità di proporre riforme graduali destinate a potenziare l’economia tutelando cultura e territorio, malgrado sulla carta si sia visto ancora ben poco.
Contro la terribile congiuntura economica internazionale e gli atavici ritardi strutturali della Sardegna esistono soluzioni sempre attuali, correntemente applicate dagli Stati e da alcune Autonomie nel mondo, che consentirebbero anche ad un territorio in crisi come il nostro di affermare la propria sovranità e di dare uno slancio all’economia.
Torniamo dunque a parlare di Zona Franca, tema rilanciato da Fortza Paris, un movimento sardista che ha riscoperto le radici del confronto Stato-Regione sotto il profilo culturale ed economico.

Diffidate da chi ritiene vecchio o inadeguato questo tema, perché, per chi non lo sapesse, la Zona Franca non è una semplice località in cui si defiscalizza il costo del lavoro, la Zona Franca è il simbolo ma anche la leva attraverso la quale un territorio stabilisce il prelievo fiscale più consono alle sue caratteristiche ed alle sue capacità di sviluppo. Non esiste infatti una sola Zona Franca, ma un territorio può avere diverse forme di “zona franca”, cioè di defiscalizzazioni e deregulation burocratiche mirate a differenti settori economici. Ad esempio, se la Sardegna fosse munita di vera sovranità, potrebbe defiscalizzare le accise (ovvero le tasse) sui carburanti ottenendo immediatamente 3 benefici: 1) Ridurre il costo dei carburanti che grava su famiglie e imprese; 2) Attirare investitori su diversi ambiti economici (tra cui turismo e manifatturiero); 3) Ridisegnare la politica dei Trasporti non solo all’interno dell’isola, ma potenziandone i flussi in entrata e in uscita.

Per farvi capire meglio, partiamo da un buon articolo di Mario Cubeddu pubblicato presso la Fondazione Sardinia. Nel testo si sottolineano giustamente le mancanze di partiti e sindacati i quali, non di rado, tutelano interessi opposti all’isola. In esame si è preso dunque il settore dei Trasporti (ricordato anche dalla Confederazione Sindacale Sarda in una recente assemblea sullo stato di salute della Sardegna) e si è rilevato che, ad esempio, la compagnia aerea irlandese Ryanair, per numero di passeggeri, ha praticamente sorpassato (stima più, stima meno) il volume di traffico sostenuto dalla compagnia di bandiera Alitalia. In sintesi, la formula del low cost è stata più vicina alle esigenze dei Sardi, trasportandoli a poco prezzo in mezza Europa, rispetto alla gabbia di una insufficiente continuità territoriale italiana gestita da un oneroso oligopolio dei cieli (Alitalia-Meridiana) difeso dalla politica centralista.
Come U.R.N. Sardinnya riteniamo tuttavia che non sia più sufficiente fare testimonianza di un fatto ma sia necessario capirlo per applicarlo. Vale a dire che il punto non è quello di conoscere il successo di Ryanair, ma quello di capire quale è il modello economico che ha portato Ryanair a quel successo. E il successo di quel modello non è altro che una forma di Zona Franca applicata nel 1997 in Irlanda con la deregulation europea del settore aereo e la defiscalizzazione del comparto (unito ad una serie di misure che hanno portato ad un sensibile abbattimento dei costi di trasporto e di gestione). Il low cost insomma può essere una formula vittoriosa di trasporto purché anche in loco si sviluppino quelle condizioni economiche che determinino un consolidamento di tale modello (magari attirando anche altre compagnie). Ecco perché quando si parla di sovranità fiscale non ci si può limitare solo ad osservare o reclamare dallo Stato la restituzione di un gettito d’imposta indebitamente trattenuto, ma bisogna stabilire in loco, quanto, come e dove deve avvenire la tassazione, diretta e indiretta: è questo il cuore della sovranità fiscale e il senso di un autonomismo o indipendentismo di governo. Quando si parla di “zona franca” quindi non bisogna pensare solo ad una delimitata area geografica ma ad uno “spazio” che può estendersi trasversalmente su uno o più settori economici.
Defiscalizzare e sburocratizzare il lavoro in una terra dove il carburante ormai sfiora i 2 euro al litro e che, stando alle dichiarazioni sardiste, ha un semplice debito del 18% (sul versato) rispetto al 120% di debito pubblico del P.I.L. dell’intero Stato Italiano, significa rimettere in moto l’economia e attirare investimenti esteri. Dobbiamo attirare liquidità o, come comunemente si usa dire, dobbiamo “far girare soldi”.
La “zona franca” ha inoltre una chiara funzione sociale, che non è solo quella di migliorare il tenore di vita delle popolazioni determinato dallo sviluppo economico, ma anche quella di incrementare la presenza demografica nel territorio, contro lo spopolamento dovuto al diradarsi di opportunità lavorative locali. In Francia, dal 1997 al 2001, su determinati settori la misura ha permesso di raddoppiare il numero delle imprese e triplicare quello degli occupati, creando un ciclo virtuoso nella permanenza sociale. Nelle Canarie spagnole, benché aumentato, il prezzo del carburante costa comunque meno rispetto a realtà onerosissime come la nostra.
La gestione politica del fisco è dunque una forma di sovranità che dovrebbe permetterci di saldare i conti con una serie di iniquità che oggi rallentano il nostro sviluppo, tra cui la risoluzione della controversia sulle accise del petrolchimico SARAS che non fruttano alcunché alla nostra terra, ed i cui introiti complessivi ci hanno fatto uscire persino dall’Obiettivo 1 sui fondi strutturali europei destinati alle aree da sviluppare.
In attesa tuttavia di arrivare all’autodeterminazione fiscale, è opportuno rispettare i canoni di quella prevista dal corrente Statuto Autonomo Regionale, che all’art. 12 contempla l’istituzione di punti franchi nel territorio. E’ il tema posto dal movimento Fortza Paris ma anche il filo-conduttore che ha segnato gli interventi sulla sovranità tenutisi recentemente ad Oliena in un partecipato dibattito promosso dalla Consulta Nazionalista Sarda di Antoni Putzu, ed in particolar modo nell’intervento di uno dei massimi sostenitori del tema che è Mario Carboni, responsabile della Fondazione Sardegna Zona Franca. Il convegno è stato un’occasione per ricordare due mancanze politiche: una interna agli ambienti del nazionalismo Sardo, l’altra, non meno grave, che riguarda la non attuazione del provvedimento sui punti franchi industriali (come quelli di Cagliari, Porto Torres, Oristano, ecc.) già delineato tra Stato e Regione e mai avviato per manifeste responsabilità politiche di destra e sinistra. I partiti Sardi invece dovrebbero spiegare per quale motivo un tema così importante per il rispetto dello Statuto Autonomo (necessario alla configurazione di una sovranità fiscale) sia rimasto in ombra se non addirittura avversato, spesso per superficiali questioni ideologiche e non di merito.
E’ finito il tempo di fare retorica criticando l’epoca della Rinascita autonomistica e le sole mancanze di Roma, oggi servono proposte e riforme.
A quale Fisco guarda la politica Sarda? Ad un federalismo cooperativistico? Ad un Fisco disegnato sulla misura dei nostri interessi? Non vorremmo che lo slogan sulla “sovranità fiscale” si trasformasse nell’ennesimo feticcio da urlare ai 4 venti senza riempirlo di contenuti.

Pensate che col risultato combinato di una reale sovranità fiscale e con la presenza di un serio Antitrust Sardo (come da noi proposto mesi addietro), si sarebbe potuto prevenire persino il grottesco procedimento giudiziario a carico del petrolchimico di Porto Torres per inquinamento ambientale, dove lo Stato (corresponsabile del disastro) si è costituito parte civile contro il disastro: lo Stato contro lo Stato. Una tragicommedia all’italiana che rappresenta la cifra di un centralismo del tutto incapace di rispettare i cittadini e alquanto ridicolo nel cercare di chiamarsi fuori dalle proprie responsabilità. Un fenomeno possibile solo laddove non esiste una sovranità capace di vigilare e amministrare con serietà il proprio territorio.
La morale emersa da questa situazione è molto grave: con gli esiti che possiamo immaginare, d’ora in avanti potremo affermare di aver chiesto a un furfante di giudicare se stesso.

Vi auguriamo una Buona Pasqua.

Di Marco Corda e Adriano Bomboi.

Articolo correlato: L’agenzia di rating Fitch declassa la Regione Sardegna. Ed ecco il motivo politico.

Iscarica custu articulu in PDF

U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

Be Sociable, Share!

    Commenta



    Per la pubblicazione i commenti dovranno essere approvati dalla Redazione.