La ‘convergenza indipendentista’. Qualche ragionamento e una proposta
Come molti di voi sapranno, il 24 marzo scorso a Cagliari si è tenuta una conferenza stampa in cui è stata annunciata una Carta che dovrebbe rappresentare i principi del percorso unitario di tutte le forze politiche indipendentiste, o comunque di quelle forze che riconoscono una Nazione Sarda con la volontà di dare una sovranità all’isola.
Per quanto riguarda tale Carta, è nostro dovere segnalare le due principali criticità che hanno contrassegnato la sua stesura: 1) Il leaderismo; 2) La cultura para-statalista che l’ha ispirata.
Vediamone le ragioni e i partecipanti.
Fra i protagonisti di questa Carta vi sono Sardigna Natzione, il ProgReS, A Manca pro s’Indipendentzia (i promotori dell’iniziativa) e il PAR.I.S. di Meloni. IRS non vi ha partecipato.
Sardigna Natzione ha sempre avuto il merito di lavorare per l’unità, malgrado la scarsissima capacità di rinnovamento del movimento che ne ha determinato un basso consenso popolare e una marginalità dovuta all’intransigenza della sua condotta politica. Il ProgReS è attualmente il movimento politico più innovatore dei 4, da poco convertitosi al sovranismo, ma allo stesso tempo attraversato dai classici mali del vecchio indipendentismo (un malcelato anti-sardismo e un ritardo nell’apertura verso un’impostazione liberale del proprio agire politico), a ciò si aggiunga l’imbarazzante contraddizione di aver contribuito alla scissione del movimento IRS mentre oggi lavora contro la frammentazione dell’indipendentismo.
A Manca pro s’Indipendentzia rappresenta il paradosso di questa “convergenza”, perché è la causa della nascita di questa iniziativa ma anche della sua immediata rovina. Infatti è stato l’unico movimento a presentare la Carta ai media dando l’ennesima pessima immagine alla Pubblica Opinione. AMPI deve decidere se vuole rappresentare una moderna sinistra di impostazione socialdemocratica o se vuole continuare a guardare al passato e persistere nel settarismo e nell’anti-sardismo. Non si può parlare di “convergenza nazionale” senza la presenza di tutte le componenti del nazionalismo Sardo, in particolar modo del Partito Sardo d’Azione e dei suoi eredi (tra cui Rossomori e Fortza Paris). Ma non si può neppure parlare di “convergenza indipendentista” senza la presenza del movimento IRS e delle varie associazioni, gruppi e singoli di tale ambiente politico. Il PAR.I.S. di Meloni ha invece adottato l’iniziativa unilaterale di presentare la raccolta firme per un referendum sull’indipendenza dell’isola senza preventivo accordo tra le parti ma soprattutto senza valutare l’idoneità dei tempi e del contesto attuale, che richiede ancora svariate riforme istituzionali prima di poterne solo immaginare un successo elettorale.
In sintesi, questa Carta è l’esito di un metodo fallimentare di inquadrare l’azione politica nel territorio: senza una sintesi politica; senza coordinamento, né progetto su qualsivoglia materia elencata nella stessa Carta; senza mediazione con il resto delle forze politiche nazionaliste Sarde e naturalmente senza alcun consenso elettorale presso il Popolo Sardo. La Carta è autoreferenziale: non rappresenta alcuna forza economica e sociale della Sardegna, al pari dei leader che vi hanno inutilmente discusso per un anno. Ad esempio, bisognava aspettare al 2012 affinché dei partiti “Sardi” capissero che la Lingua Sarda, la tutela ambientale o che il diritto alla mobilità dei cittadini fossero temi politicamente condivisibili fra loro? E chi lo dice inoltre che il modo con cui sono trattati quei temi può essere l’unico possibile per un percorso comune tra nazionalisti?
Tutto ciò infatti arriva da una dirigenza indipendentista privatasi di credibilità a causa della scarsa innovazione e delle lotte intestine condotte a vicenda per anni. Non è pensabile che le persone che sono in capo ai ritardi elettorali e riformistici dell’indipendentismo siano le stesse che oggi si lamentano della frammentazione politica.
Ma se il leaderismo ha fatto naufragare in partenza la “convergenza”, i ritardi ideologici hanno permeato di cultura para-statalista italiana la stesura della Carta. Un esempio: se U.R.N. Sardinnya avesse preso parte ai lavori della “convergenza”, non avrebbe mai sottoscritto un documento nel quale si afferma che “sarà necessaria l’istituzione di una flotta aero-navale nazionale”.
Perché è importante questo punto? Non tanto per una questione ideologica, non siamo avversi ai servizi pubblici in generale (se ben gestiti). E neppure per il fatto che la logica delle compagnie di bandiera è in estinzione in tutto il mondo e rimane solo in pochi Stati (come Italia e Francia). Siamo contrari perché quella frase denota tutto l’impianto dei ritardi ideologici e la presunta “elaborazione” di questi movimenti, i quali non hanno ancora inquadrato una piattaforma riformistica per il territorio. In Sardegna, la tendenza politica di statalizzare o caricare sulle spalle della Pubblica Amministrazione qualsiasi servizio al cittadino è un retaggio antico e importato in epoca repubblicana dall’azione della DC, del PSI, del PCI e dei loro attuali eredi.
L’indipendentismo Sardo fatica a riconoscere il ruolo dei privati nel mercato ma soprattutto non comprende che la compressione del centralismo nel territorio sarà una battaglia che si giocherà anche nella rimozione di tutti quegli enti e para-enti pubblici oggi clientelizzati dai partiti italiani e da cui traggono forza elettorale.
Noi riteniamo che un moderno indipendentismo non debba “statalizzare” ma parlare di regole, di concorrenza, di defiscalizzazioni e di sanzioni in un libero mercato. La “flotta Sarda” può essere una soluzione tampone, non strutturale. Non sono i Sardi a dover pagare gli altri per venire nell’isola. Costruire la sovranità non significa parlare di “nazionalizzazioni”, non siamo a Cuba. Costruire la sovranità non significa neppure amministrare solamente fisco, lingua e risorse locali ma significa anche istituire un Antitrust Sardo, lavorare a questa ed altre riforme istituzionali e legislative che ci consentano di sviluppare l’economia territoriale tutelando operatori e consumatori. Dal PSD’AZ diverse componenti la pensano come noi: bene ha fatto il partito a sostenere che la Regione nei riguardi di Tirrenia non dovrebbe fare l’armatore.
Non basta possedere qualcosa, bisogna anche gestirla: è questo il senso della sovranità e della responsabilità.
La Carta, blanda per contenuti, si limita al possesso ed al controllo ma non si apre a creare libera gestione.
Questa “convergenza” è dunque tardiva, insufficiente e superata dai fatti, il passaggio dell’ODG sardista in Consiglio Regionale, per quanto simbolico, ha dimostrato che la mediazione può avere successo rispetto all’intransigenza. E in questa fase storica abbiamo bisogno di una sintesi politica.
Come già affermato in precedenza, riteniamo che la Sardegna non possa permettersi il lusso di ulteriori e inconcludenti chiacchiere nell’indipendentismo e che si debba iniziare a parlare di fusione tra tutte quelle sigle munite di programmi e contenuti analoghi e/o identici. Non necessariamente per arrivare ad un partito unico.
La cultura para-statalista di questi movimenti dimostra l’assenza di pluralismo programmatico e pertanto non ha alcun senso federare contenuti identici, specie con questa legge elettorale. Non siamo in Galizia: le federazioni si fanno quando si parte da presupposti e bacini elettorali diversi, seppur con finalità analoghe. Quando si gioca una partita bisogna rendersi conto delle regole che la animano. Di conseguenza dobbiamo ridurre la frammentazione politica razionalizzandone l’offerta.
In secondo luogo bisogna istituire le primarie al fine di avere rappresentanti e candidati indipendentisti che siano presentabili per competenza, gestione e contenuti programmatici. La base insomma deve scegliere il suo leader in base ai programmi ed ai risultati elettorali. Le Repubbliche non si costruiscono parlandosi allo specchio: basta con dirigenze mediocri, sorde alle critiche e prive di consenso e contenuti.
Solo in seguito si dovrebbe parlare di “convergenza” col resto del nazionalismo Sardo.
Di B. Adriano e M. Roberto.
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La proposta di Carta per la Convergenza: PDF
U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi
Lo sviluppo nei piccoli paesi si fa solo con poliche liberali, non per niente singapore, honk kong, irlanda ecc… son al top nelle economie più libere del mondo, qualcuno ai para comunsti sardi dovrebbe spiegarlo.
Qualcuno si svegliera’ quando tra qualche mese anche l’Italia implodera’ sotto il peso del suo statalismo, burocrazia e pressione fiscale asfissiante. Quando anche i dipendenti pubblici incomincieranno a rimanere senza lavoro come in Grecia, forse qualcuno capira’ che la soluzione e’ avere meno interventi governativi nell’economia, altro che flotte regionali..
http://vonmises.it/2012/03/12/in-difesa-delleconomia-di-mercato/
Prima facciamo i Sardi poi lasciamoli liberi di essere para-comunisti, para-liberali, para-radicali, para-socialisti, para-popolari etc. etc. …..non penso che esista una UNICA verita’ politica , ma penso che l’insieme delle diversita’ sia una ricchezza . Prima il Movimento Popolare Indipendentista Sardo ( o qualunque altra denominazione si voglia usare ) poi la Repubblica Libera di Sardegna ….e per ultimo le proprie legittime differenti convinzioni su come amministrare .A menzu bidere.
[...] sufficiente comprensione del peso politico (ma anche sociale ed economico) di questa specialità e non sono neppure stati in grado di sviluppare alcuna convergenza politica che abbia come base le riforme istituzionali con cui [...]
[...] anche troppi partiti sardisti e proprio per evitare simili antagonismi sarebbe bene applicare le stesse soluzioni auspicate per quelli indipendentisti tout [...]