Dalla fine del congresso sardista alla Costituente: abbiamo capito l’importanza delle riforme?

La Fondazione Sardinia ha dato notizia dell’incontro fra il Comitato dell’Assemblea Costituente del Popolo Sardo con la prima commissione Autonomia del Consiglio Regionale avvenuto lo scorso 25 ottobre. I temi in discussione? Le modalità con le quali dovrebbe formarsi la Costituente che a sua volta dovrebbe occuparsi di redigere il testo del nuovo Statuto Autonomo Regionale.
Ma se alle domande di carattere tecnico-logistico verrà data una risposta, più lontana continua ad apparire quella in ambito politico. Il che è alquanto sintomatico del pessimo clima che si respira in Sardegna nella consapevolezza di dover procedere alle riforme come strumento con cui intercettare lo sviluppo del territorio.

Sul piano politico infatti permangono diverse perplessità: le persone eventualmente selezionate per far parte della Costituente saranno effettivamente all’altezza di comprendere il perché e il come andrà configurata una nuova sovranità? E quale sarà il ruolo delle forze politiche in questo processo?

Se osserviamo le posizioni assunte dal Partito Sardo d’Azione, probabilmente quello che più va posto sotto la lente d’ingrandimento data la sua posizione nell’attuale maggioranza regionale, non si può non notare la pessima azione riformatrice sin qui condotta dalla Giunta Cappellacci, né – aspetto forse ancora più grave – la situazione emersa dopo il 32° congresso sardista, che per certi versi ha rappresentato una involuzione rispetto ai congressi del passato.

Nel leggere il documento finale prodotto dal PSD’AZ, tutto incentrato sull’indipendenza, viene da domandarsi se il partito abbia compreso come ci si arrivi.
Né si capisce se il partito abbia compreso da cosa è determinata l’Autonomia che intende riformare. Non a caso nel testo non c’era uno straccio di riferimento alla lingua ed alla cultura Sarda. Eppure qualsiasi sovranista oggi è consapevole del fatto che è proprio la specialità identitaria a contrassegnare l’Autonomia. Senza specialità non c’è Autonomia e di conseguenza ancor meno strumenti giuridici (rispetto a quelli esigui a disposizione) con cui far valere un potenziamento della sovranità. E come può un partito che ha perso addirittura l’ABC della sua anima riformista portare avanti un processo come quello della Costituente?

Dal congresso non sono emersi solo i lati positivi del partito (come ad esempio la democrazia interna), ma, appunto, la più totale assenza di punti di riferimento che l’hanno contraddistinto. Il problema non era sicuramente la posizione da assumere nei confronti di Paolo Maninchedda, probabilmente uno degli esponenti più qualificati nel rappresentarlo (sul piano intellettuale ed anche elettorale), ma il fatto che si sia applaudito il Presidente Cappellacci, esponente centralista di una Giunta a presenza sardista che di riforme promesse in campagna elettorale non ne ha prodotte neppure un terzo. Il partito dunque non ha dato una buona immagine di se, quasi fosse commissariato da elementi del PDL regionale. Ed in più ha sfornato il suddetto documento sull’indipendenza, alquanto propagandistico ma povero di contenuti, che nulla afferma sulle mancate riforme, né sulla specialità identitaria che rappresenta proprio il volano con cui poter parlare di quelle riforme. Pensate, in un passaggio del documento si parla addirittura di Catalogna e Scozia (dove le riforme le propongono e le portano avanti), e si confonde il tentativo di indipendenza della Scozia dal Regno Unito con quello dalla Gran Bretagna, come se si potesse separare l’isola che ospita quelle istituzioni. Ci si domanda quindi se il PSD’AZ del 2012 – che non distingue neppure la geografia fisica da quella politica – abbia ben chiari i temi che afferma di voler promuovere. Le avvisaglie di questo declino culturale c’erano già tutte in partenza (Sa Natzione, 01-10-12). D’altra parte i sardisti in quanto ad innovazione nell’ultimo anno hanno prodotto molto meno del giovane movimento ProgReS, che attraverso il comitato del Fiocco Verde si è dato da fare per sostenere una Agenzia Sarda delle Entrate.

Eppure, che alla Sardegna servano più poteri in campo amministrativo è un dato di fatto. Non passa giorno in cui, ad esempio, l’ipotetica applicazione della nostra proposta di creare un Antitrust Regionale Sardo potrebbe fare luce su svariati problemi economici presenti in vari settori. Si osservi ad esempio il caso segnalato dall’On. Maninchedda sui comportamenti tenuti dalla Saremar nei confronti degli autotrasportatori del latte.

In conclusione, sul tema della riforma dello Statuto Autonomo che opinione hanno gli altri movimenti autonomisti e indipendentisti Sardi? Hanno capito che va fatta? Hanno capito che per farla serve la specialità e che la specialità utilizza le peculiarità identitarie come strumento per potenziare quelle economiche?
Staremo a vedere. Per adesso siamo la più grande minoranza linguistica della Repubblica con ben 13 partiti Sardi che a stento lo capiscono.
Da segnalare il movimento IRS, che ha manifestato la volontà di porre rimedio a questo limite.

Di Adriano Bomboi.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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    1 Commento

    • Certamente non si può parlare di sovranità e indipendenza senza lingua e cultura sarda. E poi a me sembra un pò strano, se non addirittura andare in direzione opposta, l’eccessivo accreditamento di questo comitato per la Costituente composto dai rappresentanti ufficiali dei sindacati italiani in sardegna; ce li ritroveremo forse candidati per l’assemblea costituente? O addirittura nel PSD’AZ alle prossime Regionali? Oltretutto non ne hanno bisogno essendo già in larga misura amministratori alla Regione.

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