Sull’autoreferenziale discorso di Cristiano Sabino al congresso di AMPI

“Fra di noi non ci sono capi e capetti” (C. Sabino, Ghilarza, 07-04-13).

Cari amici, ho seguito con vivo interesse il video dell’intervento di Cristiano Sabino, portavoce di A Manca pro s’Indipendentzia, al congresso tenutosi a Ghilarza lo scorso 7 aprile.
Mi ha colpito una bellissima frase riportata da Sabino, che credo faccia sempre parte dei pensieri di tanti indipendentisti Sardi: “Noi siamo l’ultima generazione in grado di salvare la Sardegna”. Ovvero, se i nostri giovani indipendentisti non produrranno risultati concreti, la prossima generazione di Sardi potrebbe non avere gli idonei strumenti culturali per comprendere il livello dei ritardi del territorio e per poter lavorare allo sviluppo.
Sabino ha aperto il suo intervento ricordando il difficile ruolo della sinistra nazionalista Sarda in un contesto tutt’altro che favorevole alle tematiche dell’indipendentismo. Ha inoltre ricordato (forse poco) l’assenza della lingua Sarda, ma anche la positiva opera di persuasione politica creata dai vari movimenti nel corso del tempo, i quali hanno contribuito ad introdurre importanti tematiche nel panorama politico. Ciò che un tempo gli azionisti definivano “la sardizzazione della politica regionale”. Ovvero l’unico vero e pratico contributo dato dall’indipendentismo contemporaneo alla nostra comunità, e che racchiude il senso di un indipendentismo che purtroppo non è di governo, ma solo di testimonianza, perché si limita ad introdurre tematiche senza amministrare per poterle tradurre in fatti concreti.

E qui bisogna infatti arrivare alla nota dolente del discorso, cioè proprio agli strumenti culturali che oggi dovremmo avere per poter riuscire laddove la prossima generazione avrebbe grandi possibilità di fallire.
AMPI propone la costituzione del partito dei lavoratori Sardi, una idea romantica che sottende alla difesa della moltitudine di lavoratori di un Popolo Sardo privo della sovranità con cui difendersi rispetto agli abusi. Mi spiace a questo proposito non aver capito se questi lavoratori siano anche quegli imprenditori che il lavoro lo creano, che fanno difficoltà a stare sul mercato a causa dei costi e delle tasse, e che sicuramente non potrebbero permettersi di salvaguardare neppure la manodopera in eccesso. E del resto, spesso si parla della famiglia nucleare, considerando le numerose piccole imprese che creano il nostro tessuto produttivo e che, queste sì, non hanno alcuna rappresentanza politica, se non quella di finire puntualmente nella rete del clientelismo italiano. Ma voi avete mai sentito parlare un indipendentista di IMU o di costo del lavoro? Io no. Al massimo di Legler o Alcoa, senza capire in che modo poter aiutare gli operai, e senza sentire nulla sulle partite IVA, cioè sulla maggioranza dei nostri lavoratori, sul ruolo dei privati e sulle mancate liberalizzazioni che danneggiano il nostro mercato. Magari queste cose ce le spiegherà Grillo al suo ritorno in Sardegna.
Ebbene, qualora avessi assistito in sala a tale discorso, che mi è parso molto sprovvisto di contenuti, non mi sarei mai sentito in vena di concedere un applauso a chi propose una convergenza di forze ma che nei fatti sostiene l’attuale livello di frammentazione e debolezza dell’indipendentismo Sardo (evitando anche il sardismo). Perché all’interno dei movimenti Sardi manca una sana competizione, e noi crediamo nelle primarie come democratico strumento di selezione dei candidati, al fine di premiare la competenza e soprattutto i risultati.
In sintesi, dietro le buone apparenze del discorso di Sabino, ci sono stati i soliti grandi assenti: la democrazia, le riforme e la rappresentatività del Popolo Sardo, che evidentemente ad AMPI interessa solo in maniera marginale, e solo nel classico ruolo della testimonianza, denotando così l’incapacità della sinistra nazionalista Sarda di elaborare proposte per problemi che oggi richiedono soluzioni complesse e prive di limitazioni ideologiche.
Perché dico questo? Perché non ho neppure compreso il passaggio dell’intervento nel quale Sabino contesta le voci politiche che si levano su internet o in qualsiasi altro spazio non riconducibile ai movimenti che conosciamo. Forse questa critica di Sabino la possiamo spiegare con la debolezza del suo movimento (e degli altri movimenti simili), i quali, non avendo più il monopolio della politica indipendentista ed essendosi posizionati ai margini della società Sarda, iniziano ad avvertire il fiato sul collo di una politica che spesso sottrae loro dei temi, ma anche di una sensibile base di militanza che inizia a stancarsi della pessima e inconcludente leadership indipendentista, e che ritiene di doverla superare come passo necessario per ridurre la frammentazione del nazionalismo Sardo.
D’altra parte, chi come AMPI non governa alcuna amministrazione della Sardegna e pertanto non rappresenta nessuno oltre i propri aderenti, non ha alcun titolo o credibilità per ergersi giudice delle libere scelte altrui tacciandole di “virtualità”, anche perché nel nuovo millennio la comunicazione del web raggiunge prima e meglio una vasta quantità di utenti, un tempo irraggiungibile. Stare fra la gente infatti non significa sognare presunte masse di lavoratori schiave di presunti malvagi liberisti, ma aiutare l’impresa a liberarsi dal peso di una fiscalità statale aggressiva, che si ripercuote anche nella posizione dei lavoratori dipendenti. Per arrivare a fare ciò non ci servono 12 o 13 movimenti autonomisti e indipendentisti Sardi che sostengono programmi analoghi e che non hanno uno straccio di consenso e di forza contrattuale nella vita socio-economica del territorio, ma bisogna ridurre i galli nel pollaio. Ecco perché la critica è una componente indispensabile. Dare un applauso a dei leaders indipendentisti che scaricano sempre altrove l’esito dei propri insuccessi è un modo codardo per evitare di dire ciò che si pensa, e per evitare quindi di costruire una politica che sarà di grandissima utilità anche ai nostri figli. Abbiamo bisogno di aumentare lo spessore del nazionalismo Sardo e la sua impronta, non più populista e statalista, ma identitarista, liberal e riformista. Meno tasse a famiglie e imprese, più lingue e cultura ai cittadini, in una parola: riforme!

Non condivisibile la posizione di Sabino anche nel momento in cui ha ricordato i drammatici procedimenti inquisitori a carico di AMPI, che certamente meritano attenzione per i fondati sospetti di una persecuzione giudiziaria, ma che non possono trovare alcuna seria giustificazione sotto il profilo politico, in quanto il gruppetto di AMPI, per quanto meritoriamente affiatato in senso movimentista, non ha alcun peso politico di rilievo nella struttura sociale, politica ed economica della Sardegna.

In buona sostanza, l’intervento di Sabino, ben lungi da un moderno progressismo riformista, si è collocato all’insegna della conservazione e dell’autoreferenzialità, senza autocritica, senza alcuna seria riflessione sulla debolezza del nazionalismo Sardo, e senza quei contenuti di dibattito necessari a rappresentare la Sardegna reale piuttosto che quella immaginaria. Non è stata esattamente la sinistra Sarda di cui ci sarebbe bisogno.

A. Bomboi.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos

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    9 Commenti

    • Dove trovo questo video? Me lo potete linkare, per favore?

      Sul populismo operaistico (populismo operaistico che hanno soprattutto quelli di A Manca, ancora fermi al marxismo otto-novecentesco) degli indipendentisti italiani di Sardegna ne discutevo anche l’altro giorno con un indipendentista che parla di “Nazione Sarda” in italiano.
      Loro sbagliano la comunicazione, il modo di comunicare.
      Sbagliano nello scegliere l’italiano come lingua di comunicazione e a snobbare il Sardo o le minoranze linguistiche delle Sardegna!
      E sbagliano a cercare solo i consensi di una ristretta fetta di popolazione.
      Questo “Nazione Sarda” ha detto che nel Sulcis l’indipendentismo è arrivato al 7% parlando quasi solamente in italiano e che le famiglie degli operai piangevano in diretta ad una radio di cui non ricordo il nome.
      Cosa c’è da vantarsi? Piaccia o no, il Popolo Sardo non è solo operai e un 7% non è altro che un’esigua minoranza! Piaccia o no, il messaggio d’indipendenza che danno suddetti “indipendentisti” è ambiguo!
      Oltretutto gli operai del Sulcis non hanno votato tutti in blocco per gli indipendentisti all’amatriciana. Vedasi quelli che hanno votato Grillo, senza avere la minima idea del perché lo abbiano fatto!
      Hanno la convinzione ferrea di essere nel giusto a prescindere solo perché cercano i voti degli operai con le grida di piazza e di pancia.

      La verità è che gli indipendentisti italiani di Sardegna sono limitati! Proprio perché, come dici tu, vedono una Sardegna immaginaria!

      Loro sono convinti che i problemi si risolveranno DA SOLI, DOPO l’indipendenza politica. E di quella culturale non ne fanno il minimo accenno. Loro pensano in italiano, non in Sardo.

    • *della Sardegna

      Oops, mi accorgo adesso dell’errore! D:

    • Ho visto il video e confermo quanto detto, sul loro populismo operaista, sulla comunicazione in italiano (non so chi si mette a ridere, quando lo sente parlare in Sardo, ma io non riderei affatto; anzi, sarei contento di sentirlo in Sardo!), che è sbagliatissima e sul loro cercare i consensi di una sola fetta di popolazione, ignorando il resto del Popolo Sardo… E c’è anche autoreferenzialità sul loro discorso, come fossero gli unici giusti scesi su questa Terra..

    • Ma voi almeno il programma di aMpI lo avete letto? Perché, a giudicare dai luoghi comuni che spargete a piene mani, sembrerebbe di no.

    • Certamente, e su alcune cose siamo anche d’accordo. Ad esempio AMPI ha assunto la nostra proposta di Antitrust Sardo, ma siamo molto scettici su alcune soluzioni di cultura statalista.

    • Ma se si parla di sostegno alla piccola e media impresa praticamente come asse fondamentale! Una grande industria semplicemente non esiste in Sardegna, dunque che fare?
      Per crescere ci vogliono investimenti PRODUTTIVI (non speculativi, non sul cemento o ancora sul terziario ma produttivi!), chi li fa? I capitalisti dell’epoca mercantile non esistono più ed i grossi privati internazionali non sembra abbiano grandi interessi ad investire in questo senso qui. L’unica soluzione è sostenere le piccole e medie aziende sarde (a mio avviso in un’ottica di consorzi e cooperative, poi ognuno la pensa come vuole) creando anzitutto un mercato interno diffuso. Tutto questo può essere fatto solo con investimenti pubblici mirati, viste le premesse di cui sopra.
      Mi si obietterà che si possono comunque finanziare i privati erogando credito: va bene, però un certo grado di programmazione/pianificazione sarebbe comunque inevitabile. Tutte le nazioni, anche le più liberali in assoluto, hanno protetto il loro mercato e le loro produzioni nelle loro fasi di sviluppo iniziale. Oggi questo aspetto è ancora più necessario.
      Comunque se volete valorizzare il sardo scrivete in sardo pure voi, no?

    • Non è detto che si debbano impiegare risorse pubbliche, ma piuttosto defiscalizzare ed avviare una deregulation. Ciò sarebbe utile sia per il mercato interno che per attirare nuovi potenziali investitori.

    • Anche se fosse, andrebbe inizialmente pianificato DOVE investire le risorse: il terziario da solo non basta. Inoltre andrebbero comunque attuate delle misure di protezione dell’economia sarda, che altrimenti potrebbe essere semplicemente depredata su basi differenti.

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