Opinioni in pillole: Datagate. Esiste uno spionaggio lecito?

Hanno il sapore della retorica le dichiarazioni rilasciate da vari Paesi UE alle notizie di stampa che hanno “rivelato” lo spionaggio statunitense della NSA a scapito di tantissimi leader politici e cittadini europei. Tutti i maggiori Paesi industrializzati occidentali ed orientali fanno da sempre largo uso dello spionaggio, e nell’era delle comunicazioni globali queste possibilità si sono estese in maniera esponenziale. E’ giusto che il contribuente venga spiato dallo Stato a cui versa le tasse? Ed è giusto che un cittadino venga spiato dall’intelligence di un Paese amico? La replica più ovvia offerta dalle istituzioni è che l’invasione della privacy è un costo necessario per la nostra sicurezza. E allora qual è il vero problema? Sicuramente quello per cui in determinate materie, come questa, lo Stato esercita una coazione, fornendo al cittadino ignaro un servizio che ha un costo e che questi non ha espressamente richiesto. E’ il grande dilemma etico della democrazia odierna. Per sua stessa natura, lo spionaggio non può essere preventivamente annunciato agli “utenti” nel momento in cui si manifesta, e che si trovano così ad essere osservati dal pubblico (impersonato dagli organi di sicurezza dello Stato) nella propria dimensione privata. Ma considerato che siamo ben lontani dal vivere in una società libertariana, dove la sicurezza può essere solo un fatto privato, probabilmente dovremmo batterci affinché anche tematiche come questa vengano sottoposte all’esame di un referendum, in cui un cittadino potrebbe liberamente scegliere se accettare un simile apparato di sorveglianza o meno, a prescindere dai rischi sulla sicurezza. Come noto, gli Stati-nazione non consentono ai propri cittadini di esprimersi in maniera vincolante su specifici argomenti, ma bisogna capire se ciò sia per il nostro bene o solo per quello dello Stato. Perché a differenza di ciò che pensa il senso comune, popolo e istituzioni non camminano sempre di pari passo.

Adriano Bomboi.

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