Disastro di Furtei: Ecco perché il centrosinistra non ha minori responsabilità di Cappellacci
Cari Amici, in poche righe vi suggeriremo come sia stato possibile creare un lago di cianuro in Sardegna facendo credere ai Sardi l’assenza di responsabilità politiche.
1997, a Furtei la Giunta Palomba di centrosinistra partecipa alla fusione del primo lingotto d’oro. E’ una nuova era, la scoperta dell’oro e la sua estrazione sembra presagire un futuro radioso. La classe politica promette posti di lavoro, e del resto, notate bene, la Regione arriva a detenere il 30% della Sardinia Gold Mining, incaricata del lavoro. Vediamo quindi l’aspetto societario di questa impresa, poi brevemente l’aspetto tecnico/economico e infine quello politico. E’ bene illustrare immediatamente tre aspetti:
1) La società, creata dalla maggioranza societaria di due aziende estrattive australiane (35 + 35%), vede la partecipazione pubblica assieme a quella privata.
2) La percentuale di compartecipazione pubblica ha un triplice obiettivo: a) monitorare l’evoluzione dei lavori; b) assicurare dei posti di lavoro da manodopera locale; c) produrre utili, se possibile, e valorizzare l’impegno generale nel progetto.
3) Il privato, in rapporto alla compartecipazione pubblica e alle leggi vigenti nel territorio, non ha mano libera. Significa che l’azienda può operare solo se le sue attività vengono di volta in volta rilevate e ritenute compatibili alla normativa del settore.
Adesso facciamo un salto nel 2002. Attenzione, dopo che l’attività estrattiva è in vigore da 5 anni e vi sono già accuse di inquinamento ambientale (con la presenza dei laghi di cianuro), Ugo Cappellacci, allora amministratore locale della SGM, consegna la seguente dichiarazione al quotidiano L’Unione Sarda: «La nostra attività è sotto controllo da una decina di soggetti pubblici con monitoraggi continui e costanti. […] Di fatto l’attività estrattiva prosegue a oltre tre anni dalla scadenza prevista, e i bilanci sono stati chiusi in sostanziale pareggio».
Cerchiamo di capire: i controlli pubblici non sono mancati, ed è ovvio, vista la natura dell’iniziativa in corso. Ma nessuno rileva un danno ambientale. La Regione stessa, parte in causa del progetto con gli australiani, attraverso la Progemisa, prosegue indisturbata. D’altra parte perché fermarsi? Un utile vero e proprio non c’è, si parla di pareggio. E “pareggio” in una attività mineraria nel settore aurifero significa due cose: poca resa, molto cianuro. Tecnicamente il cianuro viene impiegato nel processo di lisciviazione, che serve a purificare l’oro grezzo estratto. Minore sarà la quantità di metallo nobile da estrarre, maggiore sarà la quantità di materiali da rimuovere per avere oro, quindi con un incremento d’uso del cianuro, tossico per uomo e ambiente.
Traduzione per sprovveduti: a Furtei la produzione aurifera non è particolarmente conveniente, a meno che non si inquini avendo carta bianca per farlo. Ecco perché nel 2005 la Sardinia Gold Mining chiede ancora altri lotti su cui avviare l’attività. Quel poco che sono riusciti a incassare ha fatto danni, da lì non si cava più molto, devono spostarsi per aumentare l’incasso e fare altri danni.
Insomma, se l’azienda ha inquinato ed ha continuato a farlo, è perché i controlli pubblici (che sono anche societari e quindi politici, tramite la Progemisa), lo hanno consentito. Ma chi ha governato la Regione dal 1997 al 2002? La giunta di centrosinistra di Federico Palomba, che grazie all’assessorato all’industria Mario Pinna ha battezzato l’inopportuna iniziativa. Tale assessorato non ha evidentemente verificato il rapporto costi/benefici dell’attività estrattiva a seguito della sua messa in opera. E ancora più grave sarebbe il contrario. Ma mentre il cianuro colava, Palomba cedeva il governo della Regione a Mauro Pili, allora esponente di Forza Italia. Era il 1999, e nello stesso anno il centrosinistra spodestava Pili tornando al governo con il popolare Gian Mario Selis. Successivamente governeranno Mario Floris e ancora Pili (più tardi si scoprirà che in quei convulsi anni parte dei residuati tossici di Furtei finiranno nei lavori di un tratto della statale 131, la principale arteria viaria della Sardegna. Ma questa è un altra storia).
Eppure, nonostante più tardi Renato Soru abbia negato la concessione di nuovi lotti alla SGM, il cianuro non ha smesso di colare, senza che nessuno intervenisse, Soru compreso (perché disturbare l’allora “governo amico” di Prodi?). Inutile ricordare che neppure durante la Giunta Cappellacci sono stati compiuti passi avanti per fermare il cianuro, che ancora dopo la fine delle attività della SGM e l’inchiesta sul disastro ambientale continua ad inquinare l’ambiente. Ma la ciliegina sulla torta è un altra: come al solito non ci sono responsabilità politiche – e magari penali – dirette. La Sardinia Gold Mining è fallita, l’oro potrebbe essere finito alle isole Cayman. E i politici locali? Chissà se qualcuno ha intascato qualcosa. Nel dubbio, beh, loro vi dicono che non c’entrano nulla, non sapevano. Sono stati solo quei farabutti degli australiani.
Proprio così, nel 2014 una Regione che aveva il 30% di partecipazione in una società estrattiva (e che faceva dei regolari controlli) vi dice che non sapeva niente e che le responsabilità sono tutte del 70% degli australiani.
Per chi ci crede.
Adriano Bomboi.
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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos
[...] fanghi rossi alti come colline e con laghetti di cianuro per aver creduto alla bufala dell’estrazione dell’oro colloidale. Raffiniamo i velenosissimi fumi d’acciaieria di mezzo mondo ed ospitiamo la più [...]