Trasparenza: in Regione ancora dati insufficienti. E la competitività?

In una concreta democrazia, la trasparenza rappresenta la base della fiducia tra i cittadini e la classe politica. Questa è necessaria per evitare il fenomeno della corruzione e per far si che un elettore maturi una opinione sul proprio eletto.

Con l’entrata in vigore del Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, in tutti i siti delle pubbliche amministrazioni vi è uno spazio chiamato ”Amministrazione trasparente”, in cui vi è un’ampia sezione dove sono presenti i dati relativi all’organizzazione e al funzionamento dell’Ente, i bandi di gara e i concorsi, i documenti finanziari e tanto altro, con i relativi riferimenti al Buras, il bollettino ufficiale regionale, con i redditi per annualità dei singoli consiglieri regionali.
Solo per fare qualche esempio, in Inghilterra la normativa attuale sui compensi e gli emolumenti si basa sul Civil list act del 1972, recentemente sostituito dal Sovereign Grant act del 2011. E fra i più avanzati del mondo, derivante dal Commonwealth, c’è sicuramente quello della Nuova Zelanda, col suo Civil list act del 1979. Quindi non deve stupirci se l’Italia nella recente classifica sulla trasparenza risulta agli ultimi posti del mondo occidentale, e paragonabile a Paesi come il Messico o il Venezuela. In Svizzera non esiste la possibilità di assumere liberamente consulenti, e ogni nuovo collaboratore della pubblica amministrazione viene pagato in base alla sua qualifica professionale.
La trasparenza in Italia arriva tardi e male, e stando a quella del nostro consiglio regionale un cittadino qualsiasi dovrebbe sudare parecchio per orientarsi nel ginepraio di riferimenti con cui arrivare a capire quanto guadagna uno specifico consigliere regionale, se ha dei vitalizi o altri benefit personali. Per queste ragioni la trasparenza richiederebbe una prassi alquanto ragionevole: la semplificazione. Noi proponiamo che nella scheda di ogni singolo consigliere regionale si pubblichi un chiaro riferimento al suo reddito personale, suddiviso per annualità. In tal modo gli elettori potrebbero chiedersi se i 100.000 euro di media annuale ottenuti da numerosi consiglieri regionali siano compatibili con la loro produttività amministrativa, e se non sia il caso di dimezzare ulteriormente questo importo.

Prendiamo nomi noti e meno noti, nella scheda del consigliere Francesco Agus di SEL non risultano aggiornamenti sulla sua attività oltre il 20-03-2014. Il sito del Consiglio non ci informa se questi, al dicembre 2014, abbia mai prodotto almeno una interrogazione o qualsivoglia altra azione politica con cui i contribuenti spesano il suo stipendio. Stesso discorso per la scheda di Ugo Cappellacci (Forza Italia), o di Pietro Cocco (PD). Adesso pensiamo a Pasqualino Contu di Orosei, un imprenditore morto suicida l’anno scorso dopo i danni dell’alluvione e a causa di Equitalia, chi lo spiega ai suoi familiari come vengono spesi i soldi che lui cercò di pagare? Possibile che una istituzione spesata con milioni di euro non riesca neppure ad aggiornare le informazioni sui membri che la riguardano?
I nostri intellettuali, al posto di cercare fantastici complotti del capitalismo finanziario, dovrebbero occuparsi di questi problemi. Bisogna pure semplificare le procedure di pubblicazione dei bandi che riguardano tutti gli appalti pubblici e i loro passaggi, perché solo così potremo ridurre la burocrazia che alimenta la corruzione.

E poi ci sono le differenze di stile. Come ha segnalato il sardista Corrado Putzu, Francesca Barracciu del PD, sottosegretaria alla cultura del Governo Renzi, malgrado renda note le sue spese istituzionali con gli importi di viaggi e missioni pagate con fondi pubblici, ha scelto di non prendere esempio dalla collega Ilaria Borletti Buitoni, che invece ha pagato interamente a proprie spese gli importi dei viaggi istituzionali. D’altra parte la Barracciu è la stessa sottosegretaria alla “cultura” che confonde il poeta Sebastiano Satta con il giurista Salvatore Satta.

La trasparenza crea opinione e l’opinione può produrre un cambiamento che migliori la competitività e i rapporti fra pubblico e privato. Magari solo a quel punto capiremo perché continuano a fallire i bandi per favorire l’ingresso di nuovi tirocinanti nelle aziende sarde (solo 349 rispetto alle migliaia del territorio, mentre la stampa parla di “successo”).

- Sul tema: Parliamo di Area, Abbanoa, Sardegna Tirocini, Meridiana e Finanziaria (Sa Natzione, 09-12-14).

Roberto Melis.

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