Comunali 2015: ecco perché a Nuoro ha vinto l’alternanza

Di Adriano Bomboi, scritto per Cagliari Globalist, gruppo Il Sole 24 Ore.

La vittoria è stata inequivocabile. Ai ballottaggi del 14 giugno la lista di Andrea Soddu per la guida di Nuoro ha conquistato il 68,39% dei consensi, pari a 10.482 voti, contro il sindaco uscente del Partito Democratico, Alessandro Bianchi, che ha raccolto appena il 31,61% dei consensi, pari a 4.844 voti. La cocente sconfitta del centrosinistra è stata permessa anche grazie all’apporto del voto delle altre liste minoritarie che avevano duellato al turno del 31 maggio, rappresentate da Basilio Brodu, Salvatore Lai (M5S), Pierluigi Saiu e Stefano Mannironi.
Durissimo il lavoro che attenderà il nuovo consiglio comunale, a partire dalle tasse cittadine; una zona industriale dipendente da sussidi; un appalto per la raccolta differenziata dei rifiuti che ha toccato cifre da metropoli; la questione di “Testimonzos”, il quartiere sottoposto a verifiche per le irregolarità edilizie maturate negli anni Ottanta; nonché la spinosa vertenza dell’appalto ASL, con il suo tessuto clientelare su cui si staglia persino l’ombra del crimine organizzato, per cui magistratura e intelligence dovrebbero elevare i propri dispositivi di osservazione. Infine, con una generale crisi economica e del commercio, determinata anche dalle politiche del governo italiano, che negli ultimi mesi, fra nuorese ed Ogliastra, è costata la chiusura di ben 71 attività.

Eppure, lo straordinario responso delle urne non ha riguardato unicamente Soddu e la sua compagine elettorale ma la democrazia, perché il capoluogo della provincia barbaricina ha conquistato il diritto all’alternanza. Una caratteristica tutt’altro che scontata in città e paesi nei quali la conservazione politica riesce a perpetuare il proprio potere per interi decenni. Stavolta la volontà del cambiamento ha prevalso sui timori agitati dalla vecchia classe politica, consegnando uno schiaffo a quei politici regionali che si erano impegnati in prima persona nella campagna di Bianchi. Pensiamo al presidente Pigliaru, che alla vigilia del ballottaggio si era presentato alla cittadinanza con un suggestivo programma di finanziamento delle scuole cittadine, spesato dai contribuenti sardi, mentre l’università locale e la lingua sarda giacciono nel dimenticatoio. O pensiamo a Paolo Maninchedda, leader del Partito dei Sardi, ivi associato al Centro Democratico di Roberto Capelli, che non ha convinto l’elettorato nuorese a seguire una proposta imbastita di indipendentismo ma in realtà conservatrice, in quanto posta in stretta continuità con le discutibili amministrazioni di centrosinistra che hanno lungamente governato Nuoro. Circostanza che dovrebbe poter suggerire ai sovranisti un netto cambio di rotta della linea seguita fino ad oggi. Del resto, pochi mesi prima delle elezioni municipali, la Giunta Pigliaru aveva addirittura confermato Bianchi in qualità di commissario per il monitoraggio di Abbanoa, controllori e controllati capaci di confondersi i ruoli, ma non più gli elettori. Non a caso, la volontà di cambiamento è prevalsa anche a Porto Torres, dove il “partito della chimica” è stato sonoramente sconfitto dal Movimento 5 Stelle, rappresentato da Sean Christian Wheeler (72,74% dei voti). A Nuoro inoltre va segnalata la buona performance del Partito Sardo d’Azione, che nella lista Soddu ha conquistato 3 seggi come auspicio di un rilancio da tempo atteso in casa sardista.

Cosa attende il futuro di uno dei più difficili centri della Sardegna? Nel breve termine non ci sarà nessuna eclatante novità, ma la pura necessità di tenere i piedi per terra: le dinamiche clientelari sorte in seno alla città hanno semplicemente mutato forma, sebbene ridimensionate, e la giunta Soddu dovrà promuovere il rigore della trasparenza su tutti gli atti amministrativi su cui sarà necessario un maggior coinvolgimento popolare. L’alternanza consentirà comunque una revisione del potere contrattuale su cui per anni si era basata la mappa del potere locale. Una condizione propedeutica al rilancio dell’economia cittadina che dovrà inevitabilmente passare tramite un maggior confronto istituzionale tra le comunità del territorio, la Regione e lo Stato, limitando, ove possibile, l’eccessiva presenza delle istituzioni nella vita delle nostre imprese.

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