Catalogna: Storico SI all’indipendenza. Schiaffo a Costituzioni europee. E in Sardegna…

Di Adriano Bomboi.

Straordinaria vittoria per la lista indipendentista catalana “Junts pel Si”, che alle elezioni autonome di settembre ha raccolto 62 seggi su 135. 10 seggi al CUP. Disastro invece per il centrosinistra e il centrodestra spagnolo, insieme superano a malapena i 20 seggi. Malgrado la stampa filo-spagnola tenti di minimizzare l’evento per ridimensionare la portata storica della giornata. Il Parlamento autonomo di Barcellona è nelle mani degli indipendentisti.

Artur Mas, il presidente catalano, uomo simbolo di questa vittoria, ha dichiarato che esiste la legittimazione democratica per andare avanti.

La grande affluenza al voto ha dato uno schiaffo a quanti a Madrid sostenevano che in Catalogna non ci sarebbe stata una vasta partecipazione, ma soprattutto, il voto ha dato uno schiaffo alle Costituzioni centraliste d’Europa, in primis spagnola e italiana. Carte antiquate e illiberali che nell’epoca della globalizzazione vietano ancora l’indipendenza di popoli che hanno il pieno diritto a vivere la propria cultura ed amministrare la loro economia.

Ma adesso cosa succederà? Madrid, assieme ad altri alleati UE, continuerà a premere su Bruxelles per ostacolare il processo di transizione di Barcellona verso la sua statualità e non più solo come comunità autonoma di una Spagna ormai al capolinea. Le forze indipendentiste dovranno tenere saldi i propri obiettivi: comunque vada, le banche non lasceranno una delle regioni più ricche della penisola iberica. Ciò nonostante, la maggior insidia deriverà dall’uso politico dell’euro, che potrebbe fungere da agente per destabilizzare la finanza catalana, ma su cui alla lunga finiranno per prevalere le esigenze del mercato. Agli operatori economici infatti non interessa quale bandiera sventolerà a Barcellona, ma che gli investimenti siano tutelati.

Madrid insisterà sull’opinione pubblica europea soffiando sul fuoco dei timori di un’estensione della crisi economica a tutto il vecchio continente. Eppure, al contrario, una Catalogna indipendente, priva del fardello castigliano, potrà irrobustire la propria economia, mentre la Spagna sarà indotta a tagliare i privilegi della sua casta politica, amministrativa e burocratica: unica strada possibile per una mutua e reciproca collaborazione all’insegna dello sviluppo.
Una prima fase liberale, a bassa imposizione fiscale e burocratica, potrebbe consentire di ammortizzare l’impatto delle misure ostili che gli avversari interni ed esterni all’indipendentismo potrebbero avviare. E sarebbe proprio in questo frangente che scopriremo se la componente socialista della coalizione indipendentista, come ERC, saprà comprendere la necessità di tali misure.

E in Sardegna? Mauro Pili ha rilanciato la proposta di un referendum sull’indipendenza dall’Italia, sulla scia di quanto già proposto lo scorso maggio. La nostra isola, a differenza della Catalogna, presenta un’economia assistenziale, su cui tuttavia non è stata ancora avviata alcuna ricetta per rafforzare il nostro tessuto sociale ed economico, rendendo così fragile l’ipotesi di arrivare in tempi brevi ad un successo come quello catalano. Ma sarà un lavoro che dovremo comunque intraprendere.

Non è tutto: mentre alcuni vecchi leader indipendentisti perdevano il proprio tempo a parlare di sé stessi piuttosto che dei problemi della Sardegna, nel volgere di poche settimane è sorto il movimento indipendentista Podimus. Non si tratta dell’ennesimo partito politico ma di una numerosa associazione di amici che hanno compreso l’utilità di ragionare su un percorso di concordia tra le numerose sigle politiche sarde e su cui U.R.N. Sardinnya darà il suo contributo. A tal proposito ricordo che Sa Natzione divenne un think tank proprio perché parlare di unità fine a sé stessa non era più sufficiente, ma si rivelò invece estremamente necessario studiare i limiti ideologici, programmatici, politici e tattici che l’insieme dei movimenti autonomisti e indipendentisti sardi non avevano mai messo in discussione.

Fortza Paris!

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    1 Commento

    • Eja, perou si seus indipendentistas poitta no cumentzaus a adoperai sa limba nostra? Totu bellu est candu s’arrexonada de s’indipendentzia sarda, ma ca du faeus in italianu seus dimostrendi ca teneus ancora sa menti serbidora de sa cultura italiana.
      Unu de is primus passus de fai est a modu ca sa zente d’accabidi de considerai su sardu coment’e una limba de serie B, de adoperai in domu sceti, cun sa familla. Depeus cumprendi ca su sardu est s’identidadi nostra! No bastat a tzerriai su zornali “Sa Natzione” po ndi fai unu strumentu de promotzioni de sa cultura sarda: toccat a diventai de arerus custa “Natzione” ca naraus. Commentzaus de sa limba, pustis totu benit afattu. Ponei a menti a mei.

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