La rinascita della Scuola Austriaca: un utile quadro storico all’indipendentismo sardo
Come noto a tanti lettori di questo spazio, da tempo Sa Natzione ha doverosamente introdotto nei propri articoli – e in particolare in quelli inerenti l’economia e le scelte politiche della nostra pubblica amministrazione – una linea di pensiero che, nei nostri auspici, consentirebbe all’area sardista e indipendentista sarda di raggiungere un notevole salto di qualità. Si tratta della cosiddetta “scuola austriaca”. La grande sfida che abbiamo di fronte infatti, nella democratica battaglia per l’autodeterminazione, si giocherà tutta nel campo di una rivoluzione culturale con cui potrebbero essere debellati i più gravi ritardi socio-economici dell’isola, ed in particolare quello riguardante l’assistenzialismo. Nonché tematiche contigue ad una buona amministrazione che vedono nell’efficienza, nella trasparenza, nella meritocrazia e nella battaglia al centralismo fiscalista italiano gli strumenti coi quali potenziare l’anima riformista del nostro indipendentismo. Un indipendentismo che solo grazie alla comprensione di tali argomentazioni potrà affrancarsi da analisi e valutazioni spesso inappropriate, e magari persino superate, affinché possa intraprendere battaglie più vicine alla comprensione dei fenomeni riguardanti il nostro territorio, al fine di sviluppare programmi maggiormente pragmatici in relazione alle dirette esigenze di cittadini e imprenditori.
Parte di questa linea è stata esposta nel libro “L’indipendentismo Sardo”, pubblicato dalla Condaghes Edizioni (Bomboi, 2014), il quale, benché non possa essere pienamente classificato come una “pubblicazione austriaca”, ne introduce, per la prima volta in Sardegna, diversi principi.
Proponiamo al seguito una sintesi dell’economista Richard Ebeling (A.B.).
Quarant’anni fa, durante la settimana del 15-22 giugno 1974, la Scuola Austriaca d’Economia rinacque nel corso di una conferenza nella piccola cittadina di South Royalton, Vermont. Perché era così importante? Perché gli economisti della Scuola Austriaca hanno sviluppato la tesi più convincente riguardo il perché solo la libertà economica può dare agli uomini la libertà e la prosperità.
Durante la Grande Depressione degli anni ’30, molti economisti e dirigenti politici sostenevano che il capitalismo avesse “fallito” e che solo l’intervento statale avrebbe potuto portare stabilità e correttezza nella società.
La Dominazione delle Idee Statali
Durante i trent’anni successivi alla seconda guerra mondiale, l’economia keynesiana ha dominato la politica economica. Lo stato, si diceva, doveva avere il potere discrezionale di manipolare la spesa e la tassazione, e anche il sistema monetario, al fine d’assicurare la piena occupazione e una crescita economica stabile.
Ciò venne accompagnato da un formalismo matematico ai livelli più alti della teoria economica, in cui l’individuo era stato ridotto ad una mera variabile passiva in una serie di equazioni, grazie alle quali si presumeva che lo stato avrebbe potuto micro-gestire con successo il mercato. Senza la direzione e la saggezza superiore dei politici, la società sarebbe precipitata in sprechi ed inefficienze a causa delle scelte sbagliate delle persone e delle azioni fuori posto abbandonate a sé stesse.
L’Inizio dell’Economia Austriaca
Quasi 145 anni fa Carl Menger fondò la Scuola Austriaca d’Economia. Pioniere a sfatare il mito della teoria del valore-lavoro, che aveva dominato l’economia dai tempi di Adam Smith fino a Karl Marx, Menger sviluppò la teoria soggettiva del valore. Il valore di un bene, spiegava Menger, non è determinato dalla quantità di lavoro dedicata alla sua realizzazione, ma piuttosto dall’individuo disposto o meno a consumarlo. Dal momento che gli individui valutano le cose in modo diverso e secondo diverse scale d’importanza, non c’è modo di determinare obiettivamente il valore di ogni bene commerciato se non facendo riferimento ai giudizi personali (“soggettivi”) del singolo individuo.
Menger venne presto seguito da due discepoli che raffinarono la Teoria Austriaca a tal punto da farla diventare una forza importante nel mondo delle idee. Friedrich von Wieser formulò il concetto di costo d’opportunità, grazie al quale capiamo che non esiste nulla di gratuito. Il fatto che la maggior parte dei mezzi che utilizziamo per raggiungere i nostri fini sono scarsi (troppo limitati nell’offerta per consentirci di raggiungere tutti gli obiettivi che ci potremmo prefiggere), significa che dobbiamo sempre scendere a compromessi.
Il costo di tutto ciò è l’obiettivo, lo scopo, o il fine alternativo, a cui dobbiamo rinunciare per perseguire con i mezzi scarsi a nostra disposizione quel fine che ai nostri occhi vale di più. L’idea che lo stato possa dare alla gente un “pasto gratis” è fondamentalmente sbagliata; ciò che lo stato dà a qualcuno con una mano, deve riprenderlo da qualcun altro con l’altra mano, perché i mezzi disponibili non sono sufficienti a soddisfare pienamente tutti i progetti in cui s’impegna.
Eugen von Böhm-Bawerk sviluppò ulteriormente la teoria del valore soggettivo di Menger e la applicò al tema del risparmio, degli investimenti e della creazione del capitale. Tutto quello che facciamo richiede tempo. Quando cuociamo un uovo, o costruiamo un tunnel attraverso una montagna, o piantiamo qualcosa, tutte le nostre attività di produzione richiedono tempo.
Ciò richiede che gli individui risparmino abbastanza da liberare quelle risorse necessarie per costruire i beni capitali e coprire le spese quotidiane fino a quando i processi di produzione non verranno completati, grazie ai quali beni e servizi nuovi e migliori porteranno un aumento del benessere per tutte le persone.
La tassazione e la regolamentazione statale possono indebolire, se non distruggere, la capacità e la motivazione delle persone di risparmiare e investire, azioni essenziali se in futuro vogliamo beneficiare di un aumento del tenore di vita.
Ludwig von Mises e la Tesi del Libero Mercato
Nel XX° secolo Ludwig von Mises ampliò l’approccio Austriaco. Mises applicò la teoria soggettiva del valore di Menger al campo monetario e sviluppò la teoria “Austriaca” del ciclo economico. La manipolazione monetaria da parte dello stato erode il risparmio e gli investimenti sani, con conseguenti progetti d’investimento improduttivi al punto che l’economia deve riequilibrarsi attraverso un periodo di recessione correttiva.
L’unica politica statale saggia è quella di lasciare il denaro e il sistema bancario alle forze competitive di un mercato libero affinché si possano eliminare i boom inflazionistici e i bust recessivi del ciclo economico, in modo che gli individui possano effettivamente tornare a risparmiare e ad investire in accordo con una stabilità e una crescita ben coordinate.
Agli inizi degli anni ’20, Mises dimostrò anche perché il nuovo esperimento di pianificazione centralizzata socialista nella Russia comunista sarebbe infine fallito. Il processo decisionale economico razionale ed efficiente, richiede prezzi monetari generati dal mercato per determinare e calcolare i valori relativi dei prodotti finiti rispetto ai costi d’utilizzo dei mezzi di produzione –– terra, lavoro e capitale –– sulla base dei quali gli imprenditori possono stimare i profitti, o le perdite, e produrre un prodotto piuttosto che un altro.
Il socialismo abolisce la proprietà privata, vieta la proprietà del mercato e lo scambio di beni e risorse, e pone tutto il processo decisionale economico nelle mani della pianificazione centrale statale.
Ma senza la proprietà privata, non c’è niente da comprare e vendere. Con niente da comprare e vendere, non c’è contrattazione per determinare le possibili ragioni di scambio. Senza ragioni di scambio concordate, non ci sono prezzi di mercato.
Senza i prezzi di mercato a segnalazione del valore di quello che i consumatori potrebbero desiderare e del valore effettivo delle risorse scarse da usare nei processi produttivi, non esiste alcun modo razionale affinché il pianificatore socialista possa conoscere in modo efficiente ed efficace cosa produrre e a quali costi per massimizzare la produzione totale. La pianificazione centralizzata socialista crea una società di “caos pianificato”.
Sulla base della sua critica all’inattuabilità della pianificazione centralizzata socialista, Ludwig von Mises sviluppò una teoria di come funziona il processo di mercato competitivo e sottolineò il ruolo dell’imprenditore nell’orientare la produzione per perseguire un profitto e prevenire le perdite.
Questo portò Mises ad esporre un’analisi critica dettagliata di come e perché le varie forme di regolamentazione statale e d’intervento statale nell’economia non possano che alterare e provocare uno squilibrio nel coordinamento di mercato tra domanda e offerta. L’unico sistema economico in linea con la libertà e la prosperità, concluse Mises, è il capitalismo di libero mercato.
F. A. Hayek e l’Uso della Conoscenza nella Società
La teoria Austriaca ha fatto ulteriori passi in avanti grazie alla mente versatile di Friedrich von Hayek, il quale ha vinto il premio Nobel per l’economia nel 1974, pochi mesi dopo la conferenza a South Royalton, Vermont.
Nel 1930 Hayek raffinò la teoria della moneta e del ciclo economico di Mises, e diventò il principale critico di John Maynard Keynes nel periodo in cui “l’economia keynesiana” si stava sviluppando. Ripeteva che la spesa in deficit e la manipolazione della spesa avrebbero solo rallentato la normale ripresa da una recessione, correndo il pericolo di creare inflazione futura che avrebbe innescato un’altra recessione economica.
Hayek, come Mises, era critico nei confronti del socialismo. La sua tesi di base s’incentrava sull’impossibilità che i pianificatori centrali più saggi e più intelligenti potessero padroneggiare, integrare e utilizzare in modo efficace tutte le conoscenze necessarie per guidare con successo l’intera economia.
La divisione del lavoro nella società corrisponde ad una divisione della conoscenza, dove ciascuno di noi possiede nella propria mente solo una quantità limitata di tutta la conoscenza del mondo. Noi tutti dobbiamo ammettere e accettare tale ignoranza nei confronti della conoscenza totale del mercato, il cui decentramento va a beneficio di tutti gli attori di mercato.
Hayek spiegò come siano i prezzi a coordinare tutta la conoscenza nel mercato, i quali servono come mezzo di comunicazione affinché gli individui possano informarsi reciprocamente sui desideri dei consumatori e sulle capacità dei produttori, lasciandoci liberi di utilizzare le conoscenze che ognuno di noi possiede nel modo che riteniamo più vantaggioso. Pertanto la libertà e la prosperità si uniscono attraverso il sistema di mercato dei prezzi e della concorrenza per scoprire chi, perseguendo il proprio interesse, riesce a soddisfare al meglio i desideri degli altri.
Le Voci Austriache alla Conferenza di South Royalton
L’Istituto per gli Studi Umanitari (IHS) organizzò la conferenza di South Royalton sull’economia Austriaca e portò nel Vermont tre dei principali economisti Austriaci di quel tempo: Israel M. Kirzner, Ludwig M. Lachmann e Murray N. Rothbard.
Israele Kirzner aveva studiato sotto Mises alla New York University, e nel 1973 aveva scritto, “Competition and Entrepreneurship”, il primo di molti libri che spiegano l’importanza della cosiddetta alertness (o vigilanza, NdT) e della creatività incorporati nella figura dell’imprenditore, il quale, mediante la sua ricerca del profitto, porta equilibrio e coordinazione nell’offerta in base alla domanda di noi consumatori.
Murray Rothbard si era già fatto un nome nel campo Austriaco con la sua opera in due volumi, “Man, Economy and State” (1962), nel quale sviluppò l’intero edificio della comprensione economica seguendo le orme di Ludwig von Mises. Il suo libro del 1963, “America’s Great Depression”, dimostrò che la depressione economica degli anni ’30 ebbe origine dalla cattiva politica monetaria della Federal Reserve negli anni ’20, e venne peggiorata dalle politiche interventiste dell’amministrazione Hoover all’inizio degli anni ’30.
Ludwig Lachmann aveva studiato con F. A. Hayek alla London School of Economics negli anni ’30, e continuò a sfidare il malinteso keynesiano secondo cui l’economia dovrebbe essere considerata come un unico aggregato di produzione economica. Dimostrò che il mercato è un’intricata rete di singole offerte e domande interconnesse in modi che potrebbero non avere un ordine armonioso, ma attraverso le azioni competitive delle persone si adattano alla perfezione alla dinamicità del mercato.
L’Economia Austriaca, una Buona Economia
Durante il primo giorno della conferenza ci fu un banchetto serale d’apertura. Durante la cena l’economista di libero mercato, Henry Hazlitt, (autore di “Economics in One Lesson”) ricordò il suo primo incontro con Ludwig von Mises negli anni ’40. Il noto economista anti-keynesiano, W. H. Hutt, parlò dei contributi forniti da Mises. Poi Murray Rothbard riferì di alcuni aneddoti divertenti riguardanti Mises durante i suoi seminari universitari alla New York University dal 1945 fino al suo pensionamento nel 1969, all’età di 89 anni.
Milton Friedman, che aveva una casa estiva in Vermont e che fu invitato alla cena, chiese di fare un paio di osservazioni. Ammise che Mises aveva reso una serie di notevoli contributi all’economia, ma che dal suo punto di vista era troppo “estremo” sia per quanto riguardava l’economia sia per quanto riguardava la politica pubblica. Oltre a ciò, aggiunse Friedman, non esisteva qualcosa come “l’economia Austriaca,” solo una buona economia e una cattiva economia.
Probabilmente Friedman doveva reputare i partecipanti a quella conferenza una manica di “pazzi” visto che stavano celebrando qualcosa chiamato “economia Austriaca”. Ma per quelli di noi che frequentarono quella conferenza, l’economia Austriaca è stata una buona economia per comprendere la natura e il funzionamento del mondo reale.
L’Azione Umana e l’Uomo come Unico Decisore
Una settimana di lezioni rigorose e incisive spaziarono su ogni aspetto della teoria “Austriaca”. Rothbard e Kirzner gettarono le basi spiegando le implicazioni della teoria dell’azione umana e della scelta. Lo studio dell’economia, sottolineò Rothbard, inizia con l’assioma fondamentale che l’uomo agisce, che l’azione cosciente viene intrapresa per raggiungere gli obiettivi prescelti. Ciò implica anche che ogni azione è mirata e razionale dal punto di vista dell’attore.
Ogni azione avviene nel tempo. Ogni azione avviene ora per raggiungere un qualche risultato in futuro. Significa anche che l’uomo agisce senza onniscienza, poiché se un individuo sapesse cosa lo aspetterebbe in futuro, allora la sua azione per sostituire una determinata condizione con un’altra sarebbe inutile. Con un futuro garantito e certo l’azione diventerebbe inutile, perché in quel futuro nulla potrebbe essere cambiato e l’idea che le persone compiano scelte libere diventerebbe priva di significato.
Il fatto che l’azione abbia uno scopo, un obiettivo e sia soggettiva, significa anche che gli studi statistici o storici che tentano di misurare o prevedere l’attività umana devono essere considerati altamente limitanti. Kirzner usò l’esempio di un uomo che da Marte guarda la Terra attraverso un telescopio. Il marziano osserva che ogni giorno qualcosa esce da una scatola quadrata ed entra in un’altra scatola rettangolare, allontanandosi lungo un labirinto di canali e intersezioni. Il marziano nota che in certi giorni l’oggetto che esce dalla prima scatola, si muove più rapidamente per raggiungere la seconda scatola rettangolare. Allora elabora uno studio statistico che mostra che una volta su dieci, l’oggetto si sposterà rapidamente per raggiungere la scatola rettangolare e lo utilizzerà per prevedere le attività “terrestri”.
Ciò che viene totalmente trascurato da questo metodo, è che la prima scatola rappresenta un condominio da cui esce un individuo che attraversa la strada per prendere l’autobus. Il fatto che a volte l’individuo si svegli tardi e debba poi inseguire l’autobus, non significa che non possa svegliarsi prima, andare a dormire prima, ecc. Né le azioni di un individuo determinano il modo in cui un altro individuo agirà nelle stesse circostanze. Quindi, basare la propria comprensione dell’uomo sulle sole statistiche e sui soli studi storici, vuol dire ignorare che l’azione umana è volitiva, propositiva e mutevole.
L’incapacità della professione economica di cogliere le meccaniche dell’azione umana, ha portato all’adozione di modelli economici totalmente al di fuori della realtà. Nei modelli usati per spiegare i fenomeni di mercato, l’equilibrio —– quel punto in cui tutte le attività di mercato si fermano e tutti gli operatori di mercato sono in possesso di una conoscenza perfetta con gusti e preferenze immutabili –— è diventato la pietra angolare della teoria economica.
Il Processo di Mercato e l’Imprenditore
Lachmann, in una lezione illuminante, spiegò che il mercato non consiste in una serie di punti d’equilibrio su una curva, ma, piuttosto, è un processo costantemente in movimento perché le correnti di fondo dell’azione umana non riposano mai. Gli uomini, mancando dell’onniscienza, integrano nei loro piani le informazioni fornite da un flusso costante di cambiamenti nella disponibilità di risorse, nelle azioni di altri uomini e negli imprevisti. Ma poiché la prospettiva di ogni uomo e l’interpretazione di questo flusso di conoscenza possono essere diversi da quelli degli altri, quello che sembra rilevante per un individuo può essere scartato da un altro.
L’inconoscibilità del futuro significa che gli individui traggono conclusioni basate su aspettative di ciò che accadrà nel corso del tempo. Aspettative divergenti e cambiamenti inaspettati, quindi, si traducono in una potenziale mancanza di coerenza dei piani interpersonali. Quando gli errori diventano visibili agli individui, ogni attore di mercato imparerà una lezione diversa in base alle informazioni disponibili. E, quindi, saremo di nuovo di fronte alla possibilità d’incoerenza tra i diversi piani del mercato.
Ma se i piani degli attori di mercato non possono mai mescolarsi senza problemi, quali forze nel mercato tendono verso un riequilibrio, o coordinamento, delle azioni degli innumerevoli attori umani? La lezione successiva del professor Kirzner ci diede la spiegazione. L’uomo agente non è soltanto un cieco “beneficiario” dei prezzi e delle risorse; piuttosto, a causa del fatto che il cambiamento imprevisto si verifica in un futuro incerto, l’uomo è anche “vigile”.
L’alertness è la chiave delle forze di mercato. Questa capacità umana di vigilanza, disse Kirzner, è incarnata nel ruolo dell’imprenditore. Non è solo la difficoltà nel sapere quando assumere e dove collocare il lavoratore. Si tratta di una conoscenza molto più sottile; è la capacità di sapere dove trovare la conoscenza, di raccogliere frammenti d’informazione che gli altri scartano e di vederne il valore per portare coerenza in uno o più progetti umani che altrimenti sarebbero rimasti in disequilibrio. La possibilità di trarre profitto da quelle informazioni che altri non erano riusciti a vedere, funge da incentivo affinché le persone tengano gli occhi aperti per scovare incoerenze e opportunità nei progetti umani.
Produzione, Tempo e Denaro nel Processo di Mercato
Lachmann e Kirzner ampliarono questa linea di pensiero il giorno seguente con lezioni sulla teoria Austriaca del capitale. Il capitale è il prodotto intermedio –– spesso gli utensili o le macchine –– usato per produrre un prodotto finito destinato al consumo. Eppure i molti tentativi di misurare e quantificare lo stock di capitale “della società” si sfaldano davanti alla natura dell’azione propositiva. Un determinato bene è considerato “bene di produzione” utile per un determinato scopo, solo nel contesto di un piano umano. A seconda delle valutazioni e dei giudizi soggettivi degli individui che interagiscono nel mercato, un qualsiasi bene potrebbe essere considerato come un bene d’investimento oggi o diventare del tutto inutile domani, oppure diventare un bene di consumo dopodomani.
L’inafferrabilità dell’equilibrio del mercato, come sottolineò Lachmann, incorpora una tendenza verso l’integrazione strutturale dei piani interpersonali, ma alcune combinazioni finiscono per non rientrare nei piani esistenti e possono risultare in una rivalutazione di alcuni di questi beni e, di conseguenza, a non essere più considerati “beni di capitale” agli occhi del valutatore. Kirzner continuò la discussione sottolineando che il capitale è il complesso dei cosiddetti “dolci cotti a metà”, la forma intermedia di quei beni che più in là nella catena produttiva prenderanno la forma di beni che i consumatori vorranno consumare.
Rothbard diede una lezione interessante sulla teoria Austriaca del denaro. È stato Ludwig von Mises, sottolineò Rothbard, che per primo ha applicato i principi dell’utilità marginale al denaro, mostrando come il denaro abbia avuto origine e come si sono stabiliti sul mercato i valori di scambio. Rothbard suggerì tre aree di possibile ricerca futura:
1. come separare lo stato dal denaro;
2. la questione del free banking e dei dollari coperti al 100% dall’oro;
3. la definizione dell’offerta di denaro.
Proseguì con una lezione intitolata “New Light on the Pre-History of the Austrian School”, e mostrò lo sviluppo delle teorie dell’utilità marginale nel Medioevo in Spagna e Italia.
L’Errore Centrale nell’Economia Keynesiana
Lachmann finì la sua serie di conferenze con una critica alla macroeconomia. Sosteneva che il mercato fosse una rete complessa e in continua evoluzione, costituita da una moltitudine di singole azioni e reazioni a ciò che tutti gli altri cercano di fare per raggiungere i propri obiettivi.
Il tentativo keynesiano di ridurre tutta la complessità delle attività umane a poche semplici aggregati statistici affinché possano essere controllati e manipolati dallo stato, non solo fraintende la vera natura di un sistema di mercato dinamico e competitivo, ma rischia di provocare incidenti che potrebbero creare molta più instabilità e disordine rispetto ad un mercato privo di ostacoli.
La Dimostrazione che l’Intervento Statale È Sbagliato
Nell’ultimo giorno della conferenza, Kirzner e Rothbard riassunsero l’approccio Austriaco considerando le “Implicazioni filosofiche ed etiche della teoria economica Austriaca”. Kirzner ribadì il principio della libertà nell’analisi economica. Come economista, il teorico Austriaco non dà giudizi sugli obiettivi delle persone. Il compito dell’economista è quello di analizzare oggettivamente se i mezzi proposti per raggiungere un determinato obiettivo, siano i più appropriati o efficaci per tale scopo. L’economista non può dire o giudicare se l’obiettivo inseguito da un individuo, con qualunque mezzo scelto, sia di per sé “buono” o “cattivo”.
Pur ammettendo questo, Rothbard si chiedeva se l’economista potesse imputare valore a qualcosa. Che succede se un politico ha come suo obiettivo l’impoverimento economico della nazione e utilizza la demagogia per ottenere potere politico? Dobbiamo dirgli che si tratta di un “buon” mezzo per raggiungere il suo fine? Così, concluse Rothbard, spesso può essere necessario avere alcuni principi carichi di valore per giudicare sia i fini sia i mezzi.
Il Catalizzatore della Rinascita della Scuola Austriaca
Gli organizzatori della conferenza di South Royalton, appartenenti all’Institute for Humane Studies, ne avevano intuito l’importanza come catalizzatore per accendere di nuovo i riflettori sulla Scuola Austriaca. E a quarant’anni di distanza si può dire che è stata un successo.
Tra la conferenza di South Royalton nel giugno del 1974 e l’assegnazione del Premio Nobel a F. A. Hayek nell’ottobre dello stesso anno, la Scuola Austriaca iniziò una brillante rinascita che ancora una volta l’avrebbe resa una delle forze economiche più importanti in quanto a idee e prescrizioni solide. Ciò venne supportato anche dalla pubblicazione di un libro sulla conferenza intitolato, “The Foundations of Modern Austrian Economics.”
Dopo quasi essere finita nell’oblio nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, a causa del predominio dell’economia keynesiana, la Scuola Austriaca rinacque. Ora ci sono università in cui gli studenti e i laureati possono seguire corsi d’economia Austriaca con professori ben informati e dediti alla tradizione che ha avuto inizio con Carl Menger e poi è cresciuta grazie alle idee di Mises e Hayek.
Ci sono come minimo tre riviste scientifiche dedicate allo sviluppo delle idee Austriache, oltre a siti online, blog e pubblicazioni che illustrano e applicano le idee “Austriache” ai problemi politici contemporanei. Inoltre, ogni anno case editrici rispettate e ben note stampano libri scientifici e divulgativi sull’economia Austriaca.
Anche alcuni esponenti politici di spicco hanno pubblicamente sostenuto l’attuazione di politiche orientate al libero mercato sulla base di intuizioni economiche Austriache — tra cui l’abolizione della Federal Reserve, un free banking e denaro lasciato al libero mercato competitivo.
Tutto questo ha avuto per buona parte inizio con quella conferenza sull’economia Austriaca di 40 anni fa in una piccola cittadina del New England.
Trad. di Francesco Simoncelli.
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