Quel relativismo che fa il gioco del terrorismo

Di Luca Tolu.

I sostenitori del relativismo culturale sono tornati. Dopo i tragici attentati di Bruxelles i banal one del pensiero politicamente corretto imperversano nei salotti buoni della tivvù, sfornano massicce dosi di editoriali al cloroformio nei quotidiani e distribuiscono senza sosta giudizi e patenti morali da destra a sinistra nel folle circo politico mediatico italiano.

Per loro ogni cultura è uguale. Per loro vale il principio di equivalenza di ogni prescrizione morale. Per loro i fenomeni politici e sociali non derivano e non sono influenzati dalla cultura e dalla religione. Per loro i terroristi sono solo terroristi e non “terroristi islamici”. La fede di un attentatore non conta e la religione islamica non c’entra nulla col terrorismo.
L’Isis o Al-Qaeda vanno affrontati come se fossero organizzazioni della criminalità organizzata. Questa è la loro grande ricetta per sconfiggere la barbarie islamista.

Per i relativisti il binomio terrorismo islamico – Islam, sarebbe come il binomio nazismo – cristianesimo, oppure mafia – cattolicesimo. Peccato che sia il nazismo e sia la mafia non nascono da interpretazioni della Bibbia, non sono citate dal Vangelo, non hanno ricevuto un consenso globale, non sono nate insieme a Gesù e sono state combattute con il sacrificio di milioni di cristiani.
Ma bisogna stare attenti a difendere l’Occidente e a cercare di capire cosa stia succedendo nel mondo islamico. Il rischio è sempre lo stesso ed è dietro l’angolo: essere accusati di islamofobia. Non si può affermare, senza essere etichettati di razzismo, che l’islamismo radicale fa parte dell’Islam. Non si può affermare che la radice di questo odio e di questa violenza è parte dell’Islam da secoli. Non si può sostenere la tesi di Samuel Huntington dei “confini insanguinati dell’Islam” e della presenza di guerre e conflitti in ogni parte del globo in cui i musulmani interagiscono con altre culture. Non si può nemmeno dire che il Jihad, il conflitto con i cristiani e l’uccisione degli ebrei, sono prescrizioni del Corano. Infine, guai a dire che il problema dell’estremismo islamico non è la “reinterpretazione delle sacre scritture”, ma semmai la loro “interpretazione letterale”.
I relativisti hanno la verità in tasca. Ci dicono che il fenomeno del terrorismo non è una questione ideologica, ma economica. Il leit motiv marxisteggiante che fa ruotare tutto attorno al conflitto di classe è servito. E non si smuovono dalle loro posizioni anche se gli si fa notare che i terroristi di Parigi e Bruxelles erano ben lontani dall’essere etichettabili come degli emarginati sociali, dato che provenivano da famiglie che accingevano a piene mani dal welfare state usufruendo di case popolari e stipendi pubblici.
Il relativismo è quindi tornato. Forse non è mai andato via. Sempre più ortodosso e accecato da schematismi dogmatici figli di vecchie ideologie ormai dimenticate. Il loro scopo sembra quasi quello di impedire un razionale dibattito sulle radici della violenza islamista. Per questo, i terroristi ringraziano.

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