Bandi cinema: come la Regione sperpera risorse senza valorizzare l’isola
Di Adriano Bomboi.
Partiamo da un dato, il film che ha vinto il bando per i finanziamenti regionali al cinema, “Il sogno dei pastori”, è stato presentato da due società diverse: lo scorso dicembre dalla Ombre Rosse Srl, mentre a Roma era stato già presentato a giugno dalla Revolver Srl.
A giugno il progetto figurava a nome degli autori Tommaso Mannoni e Andrea Garello, mentre a dicembre a nome di Andrea Garello e Valerio Cilio, benché dalla Ombre Rosse abbiano fatto sapere che si trattò di un errore in quanto Mannoni, anche nel secondo caso, sarebbe l’autore.
A questo punto gli autori dovrebbero spiegare ai contribuenti per quale motivo due società diverse coi medesimi soci abbiano presentato analogo progetto per ottenere 39.875 euro onde sovvenzionare una sceneggiatura apparsa sotto etichette diverse (* vedere nota in calce all’articolo).
Per la cronaca, a giugno il film in questione non prese un solo centesimo (arrivando nella 65a posizione della graduatoria italiana), mentre a dicembre, sempre a Roma, seppe posizionarsi al primo posto della graduatoria regionale.
Insomma, quando c’è da parlare di sardi e pastori, gli “esperti” italiani di Sardegna ritengono che l’abbinamento agropastorale sia l’unico in grado di valorizzare la cultura sarda. Quando invece si tratta di un fantasy, stavolta attinente alle antiche vestigia dell’isola, come “Iskida della terra di Nurak”, che ha partecipato al bando di dicembre, il progetto viene declassato. “Iskida”, ricordiamolo, è stato ed è sostenuto dal premio Oscar per gli effetti speciali di Spiderman 2 Anthony LaMolinara.
La notizia dell’esclusione di questo lavoro, in grado di portare la Sardegna ad Hollywood e ad un pubblico mondiale, lanciata da Sa Natzione e da Roberto Bolognesi, arrivò anche nei maggiori media regionali, lasciando tuttavia irrisolte alcune questioni di fondo.
La prima è che i finanziamenti pubblici al cinema continuano a rivelarsi dei colossali abusi a danno dei contribuenti sardi: La politica finanzia pellicole che non conosce nessuno. Chiedetevi, ad esempio, se sapreste elencare almeno cinque titoli di pellicole sarde che vi sono rimaste impresse. E dopo chiedetevi invece quanti film americani vi sono rimasti impressi. Credo ci siano pochi dubbi sul fatto che i secondi saranno così tanti al punto che non dubiterete del fatto che il mercato, a differenza del settore pubblico, rimane l’unico in grado di valorizzare i gusti degli spettatori e l’economia dei territori in cui sono state ambientate le pellicole.
E questo è sempre avvenuto, pensate al film “Midnight express” di Alan Parker del 1978: le ambientazioni del suo famigerato carcere turco furono riprese presso il celebre Forte di Sant’Elmo a Malta. Oppure, sempre a Malta, si potrebbero citare le riprese del fantasy mitologico “Troy” (con Brad Pitt tra gli attori protagonisti). Si tratta di due esempi in cui persino ambientazioni diverse da quelle originarie hanno contribuito a valorizzare precise località turistiche. Una su tutte quella neozelandese inerente la trilogia de “Il signore degli anelli” di Tolkien, ulteriormente sviluppata con un prequel. Anche in questo caso, ogni anno una saga che ha fatturato milioni di dollari continua a spingere numerosi turisti a recarsi presso le aree in cui vennero sviluppate le ambientazioni del set. Un indotto straordinario che ha smosso un’economia sia in fase di pre-produzione (per le maestranze reperite in loco), sia a posteriori (per le capacità turistiche sviluppate da tali attrazioni). Nei Paesi dell’est europeo numerose pellicole e serie americane hanno trovato accoglimento anche grazie allo sviluppo di apposite zone franche (tra queste, varie sequenze de “I Mercenari”, con Sylvester Stallone, di “Die Hard” con Bruce Willis, e numerose altre con Steven Seagal, anche a basso budget).
La seconda questione di fondo, oltre al danno economico e di immagine per via delle potenzialità inespresse, attiene alla moralità della nostra politica, perché i contribuenti vengono tartassati da un fisco la cui amministrazione, nel segreto di una stanza, permette ad una commissione di decidere quali opere finanziare e quali scartare. Osservando uno dei documenti del verbale del bando si legge che il progetto vincitore di dicembre, “Il sogno dei pastori”, ha raccolto il massimo punteggio (45 su 45), relativamente alla – cito testualmente – “Valorizzazione dell’identità regionale con riferimento al patrimonio storico-culturale, paesaggistico-ambientale, socio-economico, linguistico-letterario e antropologico della Sardegna” (pag. 18 del seguente allegato: PDF). La commissione, come si può agilmente notare, è composta quasi interamente da italiani.
Il progetto escluso di LaMolinara, alla stessa voce, ha invece raccolto appena 15 punti su 45 (pag. 6 dell’allegato).
Conclusioni? Per gli “esperti” un fantasy ambientato tra i verdi scenari nuragici rappresenta meno i sardi, i quali invece, a detta loro, sono maggiormente rappresentati da delle pecore. E questa considerazione esula dalla buona o cattiva qualità del prodotto, e dalla professionalità degli autori coinvolti.
A questa beffa, che avrebbe l’ardire di classificare l’identità antropologica dei sardi ma su cui ci sarebbe da denunciare per diffamazione l’intera commissione, si aggiunge il danno: si, perché i contribuenti ignari non solo non hanno la più pallida idea di quale destinazione verrà intrapresa dai soldi devoluti al fisco, ma, peggio ancora, non hanno modo di conoscere neppure la trama del progetto che ha ottenuto il loro denaro. Mentre invece, il progetto escluso, “Iskida”, riguarda quantomeno un’opera già presente sul mercato editoriale grazie ai libri pubblicati dalla Condaghes.
Abbattere l’inciviltà della discrezionalità con cui sono gestiti tali bandi significa ridare slancio alla necessità di maggiore trasparenza da cui la nostra pubblica amministrazione non potrà sottrarsi. Anche perché non esistono parametri scientifici per cui tali “esperti” possano arrogarsi il diritto di decidere chi e cosa finanziare, stabilendo l’identità di un prodotto a partire non solo dai contenuti in sé ma anche dal genere. Ad esempio, recentemente è stato realizzato un breve teaser dal titolo “Nuraghes”, un dramma a tinte horror privo di finanziamenti per poter essere sviluppato. O si pensi anche alla serie “Ischidados”. Qualche esperto sarebbe in grado di argomentare le ragioni per le quali delle pecore qualificherebbero maggiormente l’identità dei sardi rispetto a tali prodotti e con riferimento ai gusti del pubblico?
* Andrea Di Blasio, in merito alle due società che hanno presentato lo stesso progetto, ha chiarito che si tratta di una semplice collaborazione di co-produzione per lo sviluppo dell’iniziativa (aggiornamento 06-04-16).
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