Estate 2016: Baleari stracciano Sardegna mentre Olbia copre il disastro-Alghero
A Maiorca un milione di passeggeri, Olbia appena la metà, ma la politica esulta. Sviluppare un’industria ricettiva non significa osservare il livello di prenotazioni delle strutture ricettive esistenti, ma domandarsi le ragioni per le quali il loro numero, tra disservizi vari, non cresce – Di Adriano Bomboi.
La lettura dei dati relativi al numero dei passeggeri giunti nell’isola presenta sempre due interessanti filoni di analisi: il primo riguarda l’impietoso raffronto con i nostri più diretti concorrenti mediterranei. Il secondo riguarda il tiepido incremento del nostro turismo interno, che solo in alcune aree registra un buon livello di prenotazioni, a scapito di altre.
Infine saranno necessarie alcune brevi considerazioni sui diversi sistemi turistici.
Solo per offrire alcuni dati, a luglio l’aeroporto di Olbia ha registrato un traffico di circa 535.000 passeggeri (fonte Geasar/Costa Smeralda), mentre l’aeroporto di Palma di Maiorca (Baleari) ha letteralmente doppiato la nostra capacità massima con 1.025.258 passeggeri (Aena). Si consideri che l’ultima annualità su Maiorca ha registrato un traffico di ben 23.745.131 passeggeri, a fronte dei soli 2.240.016 passeggeri di Olbia. Un abisso: nella cultura, nei servizi, nella relativa organizzazione, nonché nel diverso approccio a fisco e burocrazia della comunità autonoma delle Baleari.
In Sardegna su Alghero pesa il dramma della fuga di Ryanair, causata dalla scelta politica di incrementare le tasse dello scalo con la soppressione del finanziamento di co-marketing. Una scelta costata sin da giugno un crollo delle prenotazioni e con importanti ripercussioni nel settore extra-alberghiero: dal 40% in meno sino ad un massimo del 70% relativo a case vacanza e bed & breakfast (dati Confturismo/Confcommercio). Mentre a maggio si registrava un significativo crollo del 36,9% di passeggeri (Assaeroporti).
L’incalzare dei mesi estivi, in particolare luglio e agosto, benché a stagione non ancora conclusa, ci permettono di osservare un trend in leggero recupero, non per meriti politici evidentemente, ma a causa di dinamiche internazionali in cui, verosimilmente, ha avuto un ruolo anche il terrorismo. Basti osservare i dati degli arrivi nelle isole greche od in Sicilia.
All’aeroporto cagliaritano di Elmas, nella settimana di Ferragosto, sono transitati circa 138.000 passeggeri, mentre sui trasporti marittimi si è registrato un traffico di circa 40.000 passeggeri diluito tra Porto Torres, Olbia e Golfo Aranci.
Per altro verso, la Costa Smeralda rimane ancorata ad una formula ricettiva di lusso. Anche quest’anno non sono mancati importanti nomi hollywoodiani, uniti ad una clientela di prestigio, che tuttavia trova locazione in ville la cui proprietà rientra in conglomerati immobiliari con sedi, ad esempio, in Svizzera e nel Liechtenstein: è facile ritenere che se la Sardegna godesse di un’imposizione fiscale più bassa, tali gruppi non avrebbero bisogno di delocalizzare altrove al fine di aggirare il peso del fisco italiano.
A questo punto si arriva ad uno dei nodi essenziali di valutazione dei dati: è possibile accrescere il potenziale inespresso dell’isola? Come abbiamo visto, sia nel trasporto aereo che in quello marittimo la politica non è stata capace di lasciare al mercato l’opportunità di realizzare stabili investimenti: su Alghero, in netta controtendenza a tutti i più efficienti scali europei, si è scelto di puntare su un solo grande vettore low cost, scordando l’opportunità di diversificare il portafoglio dei servizi e delle compagnie (questa è la causa stagionale della crisi algherese). Sui mari invece si continua a spesare una convenzione multimilionaria, a suon di soldi pubblici, a favore dell’armatore Onorato (Moby/Tirrenia), capace di alterare una sana concorrenza finalizzata ad abbattere i prezzi. La scarsa preparazione della nostra classe politica appare ancor più evidente in ragione del suo sostegno alla linea del “galleggiamento”, puntando cioè ad accontentarsi di una situazione che ci vede costantemente indietro rispetto ad un potenziale economico ancora tutto da sviluppare.
In altri termini, sviluppare un’industria ricettiva non significa osservare il livello di prenotazioni delle strutture ricettive esistenti, ma domandarsi le ragioni per le quali il loro numero non cresce (a fronte di tanti giovani che continuano ad emigrare in cerca di fortuna).
Altro fattore da considerare non attiene al volume dell’offerta, rispetto alla domanda, ma alla qualità dell’offerta ricettiva. Numerosi piccoli e medi imprenditori dell’isola non forniscono ai propri clienti dei servizi ormai considerati essenziali, tra cui, solo per citarne alcuni, una connessione internet e la capacità di poter effettuare pagamenti mediante diversi sistemi. Nella località balneare di La Caletta di Siniscola, Salvatore Guiso ha denunciato l’assenza della disponibilità di un Bancomat nei tre giorni antecedenti al Ferragosto. Ma i disservizi sono i più vari, dalla scarsa cordialità di esercenti e personale sino alla limitata varietà dei prodotti somministrati ai clienti.
Se in taluni casi vi è una scarsa formazione professionale di base, l’assenza di servizi è spesso riconducibile alle carenze ed ai limiti imposti dallo Stato a causa di infrastrutture scadenti in rapporto alle tasse pagate dai singoli operatori, i quali si trovano così costretti a tagliare alcuni servizi perdendo competitività rispetto alla concorrenza internazionale.
La politica dal canto suo si appresta a varare una normativa turistica regionale ancora più stringente nei confronti del mercato nero, come nel circuito degli affittacamere e seconde case. Si tratta di un’azione di lobbying dei grandi albergatori che non risolverà i problemi culturali e strutturali del nostro turismo – al di là delle singole eccellenze – perché quest’azione non punta a contrastare l’effetto di tasse e burocrazia che incidono sulla scarsa qualità dei servizi ma a salvare solo i grandi gruppi a scapito dei minori.
Al contrario, sviluppare la nostra industria turistica significa poter incrementare la capacità di effettuare investimenti: da un lato occorrerebbe rendere maggiormente flessibili i criteri di edificazione edilizia, senza per questo cedere ad una facile quanto dannosa cementificazione ambientale. Dall’altro, occorrerebbe liberalizzare i servizi, ed abbattere i numerosi vincoli amministrativi allo sviluppo (pensiamo, banalmente, persino all’orario-limite in cui viene consentito ai locali di poter regolare il volume della musica).
Inutile infine ricordare il perpetuo stato di abbandono dei maggiori siti culturali e archeologici della Sardegna, completamente ignoti al grande pubblico (e magari anche a qualche nostro politico).
Insomma, o ci si attrezza per un turismo di massa, pensate pure ad Abbanoa od ai trasporti interni, o si taccia sul dilagare della disoccupazione nell’isola.
- Online anche su Cagliari Globalist, 18-08-16.
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