L’opinione: il presidente cinese Xi Jinping visita la Sardegna
Il presidente cinese Xi Jinping arriva nell’isola. Ma tanti ignorano cos’ha già fatto quest’uomo per la vita quotidiana di tanti sardi. Vediamo perché, riflettendo inoltre sui benefici ma anche sui rischi di questo vertice: il primo riguarda la strumentalizzazione referendaria che occupa l’agenda di Renzi; il secondo riguarda la possibilità di ottenere vuoti protocolli commerciali d’intesa in rapporto ad un’isola dove, in ambito economico, fisco e burocrazia rappresentano un regime più duro di quello cinese – Di Adriano Bomboi.
16 novembre, il presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping atterra nell’isola per un vertice informale con l’Italia. Assieme al premier Renzi, a fare gli onori di casa del Popolo Sardo, il presidente Pigliaru.
Ma chi è Jinping? E perché scegliere la Sardegna?
Per quanti non lo sapessero, in campo economico, il capo di Stato è uno dei maggiori liberali della terra. Jinping è infatti il regista delle riforme di Deng Xiaoping, per intenderci, quelle che hanno catapultato la Cina ai vertici dell’economia mondiale. Si tratta in particolare delle Zone Economiche Speciali, zone franche praticamente libere dall’invadenza statale e le cui attività si snodano per 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per tutto l’anno.
Se in questo preciso momento state utilizzando un pc od uno smartphone assemblato in Cina, o avete addosso indumenti e prodotti di ogni genere realizzati in Asia, sappiate che parte del merito di un’impresa umana tanto colossale, e che ha aiutato centinaia di milioni di persone ad uscire dalla povertà, si deve anche a quest’uomo.
Ciò nonostante, se sul piano economico il comunismo è stato sconfitto, lo stesso non può ancora dirsi per il regime che continua ad opprimere la democrazia, i diritti civili e quelli nazionali di altre comunità: in special modo per la questione taiwanese, anche se di fatto autonoma; per le tensioni ad Hong Kong; ma soprattutto per la situazione tibetana e di tante altre minoranze più o meno controllate e assimilate da Pechino.
La visita in Sardegna è il frutto di due ragioni: la prima ragione, un aspetto su cui questa volta si può riconoscere il merito di Pigliaru e Paci, è che i nostri due rappresentanti istituzionali si sono adoperati per sviluppare forme di partenariato economico tra Cina e Sardegna. Pensiamo, ad esempio, al progetto di Huawei, gigante della telefonia mobile (la cui sede si trova nella Zona Economica Speciale di Shenzhen).
La seconda ragione è di natura prettamente politica ed elettorale, e riguarda il peso di Renzi che ha sicuramente orientato Jinping ed il suo seguito a scegliere la Sardegna come meta per cui, con ogni probabilità, il vertice potrebbe accompagnare accordi economici la cui importanza sarà però tutta da verificare (magari tramite promesse rigettabili a posteriori). E soprattutto, il vertice verterebbe sull’indubbia propaganda referendaria che anima l’agenda del premier in vista della consultazione del prossimo 4 dicembre.
In altri termini, il rischio sarà quello di ottenere accordi commerciali improduttivi che Renzi potrebbe usare a suo vantaggio per convincere i riottosi sulla bontà del suo progetto di riforma costituzionale, fintamente ispirata a principi di “efficienza”: paradossalmente, in ambito economico il regime cinese è di gran lunga più liberale dell’attuale Repubblica Italiana, e soprattutto del modello di Stato che Renzi auspica di portare avanti.
Tra i rischi si potrebbero avere vuoti protocolli d’intesa in ambito industriale (come per l’Alcoa), o altrettanti in materia di energie rinnovabili (suscettibili tra l’altro del rischio di rinnovare lesive speculazioni da noi già registrate). O terzi indefiniti impegni, inclusi investimenti di natura immobiliare. Il rischio di propaganda è determinato dal fatto che gli imprenditori cinesi, benché siano importanti investitori internazionali, potrebbero unicamente ritagliarsi degli spazi di nicchia a causa del peso fiscale e burocratico che grava sull’isola per colpa dello Stato.
Comunque vada e al di là della contingenza politica, anche in assenza di accordi, l’evento rimarrà una vetrina importante per l’immagine della Sardegna verso il mercato cinese.
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