Intervista al presidente del PSD’AZ Giovanni Columbu sulla coesione del sardismo

Intervista al presidente del Partito Sardo d’Azione Giovanni Columbu (nonché apprezzato regista del film “Su Re”), in merito alla coesione ed al rilancio del progetto sardista – Di Silvia Lidia Fancello.
La segreteria della sezione sardista olbiese Luigi Oggiano, si è riunita domenica 22 gennaio, in seduta ordinaria. Tuttavia, in seguito alle dichiarazioni importanti apparse sul sito dei Quattro Mori del Presidente nazionale Giovanni Columbu, si è realizzata la presente intervista a chiarimento del pensiero esposto.

L: Presidente, ci troviamo di fronte ad una dichiarazione d’intenti oppure esiste già un progetto?
C: È un’indicazione e una proposta che è nelle nostre facoltà approfondire e trasformare in un progetto e un’azione concreta. Se ci renderemo disponibili ad accoglierla e a farcene interpreti si determinerà una situazione del tutto nuova che restituirà al partito energie vitali e soprattutto darà un forte impulso alla causa del sardismo.

L: Può spiegarsi meglio presidente?
C: Cominciamo col prendere atto della situazione in cui ci troviamo. Siamo eredi di un partito nato per realizzare grandi cambiamenti e tendere all’indipendenza della Sardegna, che ha grandi Padri e una storia importante, ma che oggi è profondamente debilitato. La ragione è che troppe volte si è allontanato dalla propria originaria vocazione e troppe volte ha vissuto lacerazioni che lo hanno indebolito.
Oggi è bisogna reagire e ritrovare slancio e forze per fare sentire la nostra voce. In una situazione come questa non possiamo permetterci di restare chiusi in noi stessi, essere divisi e non possiamo più contare esclusivamente sulle forze di cui disponiamo. Gli uomini che con talenti preziosi potrebbero concorrere a restituire respiro e impulso alla nostra causa esistono e sono a tutti gli effetti dei sardisti. Ma sono fuori dal partito.
Tutti quelli che nel tempo si sono allontanati o che non sono mai entrati nel partito pur condividendone i sentimenti. Per coinvolgerli dobbiamo riconquistare la loro fiducia cominciando noi a dare a loro, la nostra fiducia. Una soluzione possibile è aprire il partito rendendoci disponibili ad accoglierli con le nostre stesse responsabilità e con i nostri stessi diritti.
 
L: Cosa significa “con i nostri stessi diritti”?
C: Una cosa molto precisa e concreta. La possibilità di entrare nel partito senza dover maturare l’anzianità prevista dallo statuto per concorrere alle cariche elettive. Perché sarebbe contraddittorio fare un’apertura e poi pretendere che si sottomettano a noi. Questo non lo accetterebbe nessuno. La via praticabile anche nel rispetto dello statuto sta in una risoluzione di natura politica. Assumerci la responsabilità del loro essere stati fino ad oggi fuori dal partito. E per questo accoglierli, producendo un atto di riconciliazione e di giustizia, come se fossero sempre stati con noi. Un atto del tutto straordinario che verrebbe adottato per la prima volta e forse per l’ultima. Che si giustificherebbe in considerazione delle nostre trascorse vicissitudini e del nostro essere prossimi a compiere un secolo di vita.

L: E il partito secondo lei accoglierebbe questi “emigrati” del sardismo?
C: Questi che chiami “emigrati” sono in realtà dei nostri fratelli. Sono persone che come noi amano la Sardegna e che spesso hanno la nostra stessa sensibilità e la nostra stessa fede.
Io riconosco loro facoltà uguali alle nostre e credo che molti possano essere interessati. E noi dobbiamo mostrarci interessati a loro.

L: Si, ma il partito, quello attuale dai vertici e alla base, come accoglierebbe questa proposta?
C: Nel nostro Partito, come in ogni organizzazione e come in ogni individuo, convivono una disposizione egoistica e miope e una generosa e ideale. Il prevalere dell’una o dell’altra dipende solo dall’ampiezza dell’orizzonte in cui ognuno ripone le proprie attese. Se dovesse prevalere l’idea di un Partito piccolo e solo nostro o di alcuni, utile per ottenere incarichi o facilitare carriere, allora è improbabile che possa essere accolta una soluzione come questa. Io credo che sia molto più attraente la prospettiva di fare qualcosa d’importante per la Sardegna.

L: Presidente, ma chi è andato via secondo lei avrebbe tutta questa voglia di rientrare?
C: Tutti i sardi condividono i nostri sentimenti e molti si riconoscono nei nostri simboli. Le linee su cui dobbiamo operare sono due. Con chi sta in altre formazioni politiche dobbiamo cercare di convergere in un fronte comune, condividendo, come è già stato proposto da altri, un tavolo o una “mesa” di confronto. Ad altri possiamo rivolgere la proposta di entrare tra le nostre fila. Poi pervenire a un Congresso straordinario in cui tutti coloro che nel partito hanno delle cariche dovrebbero dimettersi. E con suffragio diretto, dunque senza la mediazione dei delegati, eleggere nuovi organi direttivi.

L: Ma questa sorta di amnistia presidente, non sarebbe un brutto colpo per un partito che considera quasi sacro il proprio statuto?
C: No! È la via per risorgere. La sola cosa inaccettabile è che il Partito Sardo d’Azione si estingua o che smarrisca la propria anima.

L: Grazie presidente a presto.
C: Grazie a voi. Fortza paris!

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