L’economista Boldrin: ‘Italia candidata al declino’
L’economista Michele Boldrin giunge ad un’amara constatazione: in Italia predicare riforme alternative appare un’inutile perdita di tempo. Il deficit culturale parte dal risorgimento e si consolida dagli anni ’60 ad oggi. Si perde competitività mentre tutto il panorama politico, da Grasso a Meloni, pensa che il miracolo industriale possa ripetersi se abbandoniamo la globalizzazione, se cacciamo i cinesi, se smettiamo di lasciar entrare immigrati e se ritorniamo ai fasti dell’IRI, del deficit costante e dei negozietti familiari in centro, chiusi alla domenica ch’è dedicata alla parrocchia, allo struscio ed alla partita. […] L’Italia si è candidata ad essere un produttore di beni e servizi di bassa qualità ed a crescita lenta. Perde il suo capitale umano di maggior talento ed attrae lavoratori con basse qualificazioni, mentre esporta merci/servizi a basso contenuto di capitale umano importando quelle/i ad alto contenuto tecnologico.
L’economista Michele Boldrin giunge ad un’amara constatazione: predicare riforme alternative appare un’inutile perdita di tempo.
L’Italia è il Paese con maggiori difficoltà nell’approcciarsi alla ripresa globale. La sua cultura politica appare quasi interamente dominata da una scarsa alfabetizzazione economica. Accompagnata da un retaggio nazionalista che trae origine dall’ideologia risorgimentale, passando per il fascismo, sino alla vigilia di un progressivo tramonto avviato nei tardi anni ’60 del Novecento.
L’Italia perde competitività mentre tutto il panorama politico, da Grasso a Meloni, pensa che il miracolo industriale possa ripetersi se abbandoniamo la globalizzazione, se cacciamo i cinesi, se smettiamo di lasciar entrare immigrati e se ritorniamo ai fasti dell’IRI, del deficit costante e dei negozietti familiari in centro, chiusi alla domenica ch’è dedicata alla parrocchia, allo struscio ed alla partita. […] L’Italia si è candidata ad essere un produttore di beni e servizi di bassa qualità ed a crescita lenta. Rimane (per ora) legata alle aree dinamiche del mondo grazie a vincoli politico-commerciali (UE, WTO, BCE) ed alla presenza di alcune zone ancora avanzate e dinamiche – praticamente tutte in un raggio di 100 km dal fiume Po. In conseguenza di questo processo di riallocazione dei fattori di produzione, delle tecnologie e delle persone l’Italia perde il suo capitale umano di maggior talento ed attrae lavoratori con basse qualificazioni, mentre esporta merci/servizi a basso contenuto di capitale umano importando quelle/i ad alto contenuto tecnologico.
Vedi l’intervento completo su Noise from Amerika: “Perché credo che votare il meno peggio favorisca, nel 2018, il declino”.
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