Ottana: raduno di popolo contro la crisi o festival dell’assistenzialismo?
Ottana: successo del raduno organizzato dal Partito dei Sardi contro la crisi e partecipato anche da vari sindaci sardi guidati da Emiliano Deiana. Ma quali contenuti sono andati in scena?
C’è chi ha proposto un nuovo piano di sussidi pubblici per rilanciare l’industria e chi, ritenendosi alternativo, un nuovo piano di sussidi pubblici per fare bonifiche e agricoltura sostenibile.
Entrambi testimoniano la scarsa competenza economica della politica sarda, accline al moltiplicatore keynesiano all’amatriciana, dove, come in un moto perpetuo, più spesa pubblica garantirebbe più crescita.
Come uscire dalle favole? – Di Adriano Bomboi.
È stato un successo di partecipazione il raduno di Ottana organizzato da Paolo Maninchedda e dal Partito dei Sardi. Un evento che ha saputo coinvolgere sindaci, cittadini e politici vari in un territorio-simbolo delle maggiori crisi che attraversano l’isola.
Non sono mancati gli scontenti, come Renato Soru, che dalla sua autoreferenziale assemblea del PD convocata ad Abbasanta, ha criticato Maninchedda accusandolo di promuovere “idee folk”.
Ma ad Ottana di cosa si è parlato? Non di folclorismo ma di problemi alquanto seri.
Il pilastro argomentativo principale, quello con cui si conta di far uscire Ottana e l’intero territorio dalle macerie dell”interventismo pubblico di matrice industriale, è di promuovere un’istruttoria che porti il territorio ad essere riconosciuto come area di crisi complessa, ottenendo così dal Ministero dello Sviluppo Economico ulteriori sussidi.
La Giunta Pigliaru non si è fatta attendere e, come già avvenuto in passato ad opera di vari esponenti politici, si è annunciata una nuova iniziativa in tal senso.
Ed è a questo punto che bisogna abbandonare la retorica politica per concentrarsi sui contenuti.
Al lato pratico, sappiamo che Paolo Maninchedda sta lavorando per costruire un cartello elettorale capace di competere alle prossime elezioni regionali per la guida della Giunta. Difficile dire oggi se ci riuscirà, ma certamente nel farlo promuove due questioni importanti, una positiva e l’altra negativa:
- quella positiva è che continua ad introdurre nel dibattito politico il tema dell’autogoverno dei sardi, ossia la necessità per la Regione di conquistare quei poteri con cui i sardi potrebbero decidere autonomamente criteri e modalità con cui affrontare i principali nodi irrisolti;
- quella negativa è che il livello della nostra politica, sia del PD che del Partito dei Sardi, continua a voler agire in barba alle leggi dell’economia spacciando “la necessità dei sussidi come temporanei e utili ad uscire dalla crisi per agganciare lo sviluppo”.
Come se i circa 1000 miliardi di lire statuiti dal 1962 al 1974 non fossero stati già ampiamente sufficienti a suggerire che la pianificazione pubblica non è stata e non sarà mai in grado di allinearsi alle dinamiche del mercato.
L’economista Milton Friedman non mancò di sottolineare, di fronte a proposte politiche simili, che “niente è così permanente come un programma provvisorio del governo”.
Perché al fallimento di un sussidio ne segue un altro, nella vana speranza che questi risolva i danni causati dal precedente. La saggezza popolare però, che stavolta va di pari passo alla logica economica, ci ricorda che se errare è umano, perseverare è diabolico.
Diabolico come l’intento di Emiliano Deiana, presidente dell’ANCI sarda, presente a Ottana, che nel suo intervento ha auspicato un nuovo programma di “rinascita” (ancora soldi pubblici) coi quali però stavolta effettuare bonifiche e agricoltura sostenibile. Idee peraltro analoghe a quelle degli indipendentisti di Anthony Muroni, attualmente occupati nella loro piccola guerra civile basata sul nulla.
In realtà, finite le bonifiche, nuove microimprese agricole rimarrebbero nei guai come quelle esistenti.
Che differenza c’è dunque tra chi auspica più soldi pubblici per far ripartire aziende decotte e chi auspica più soldi pubblici per generare diverse aziende decotte?
Nessuna. Entrambi credono che più spesa pubblica, possibilmente in deficit, serva a far ripartire la crescita.
I lettori più attenti avranno intuito che siamo all’interno di un noto paradigma: il “moltiplicatore keynesiano all’italiana”, un mondo di fantasia dove, come nel mito del moto perpetuo amato da grillini, piddini e leghisti, più soldi pubblici servirebbero a stimolare più crescita.
Nel mondo reale invece l’unico sistema per crescere consiste nel creare ricchezza riducendo gli ostacoli alle imprese e agli investimenti, ed espellendo dal sistema le aziende improduttive.
In altri termini, se il Partito dei Sardi e l’ANCI volessero realmente rendersi utili, dovrebbero parlarci di quanto ridurre fisco e burocrazia, evitando l’assistenza come la peste, ma anche di quanto accrescere la formazione dei sardi, come strumenti con cui porre le basi di un’economia sana.
Il fatto che il livello del PIL pro capite delle maggiori isole del Mediterraneo sia inversamente proporzionale al grado di assistenzialismo a cui sono soggette, dovrebbe essere fonte di riflessione (vedere infografica de L’Unione Sarda – JPG).
Viceversa, l’adunata di Ottana rischia di non rappresentare l’incipit di una pacifica rivoluzione politica candidata a guidare lo sviluppo, ma solo l’ennesimo festival assistenziale con cui ci si candida a guidare il sottosviluppo di un’intera comunità.
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