Cambiare un governo non significa cambiare uno Stato

Cambiare un governo non significa cambiare uno Stato: quello italiano rappresenta una macchina dispendiosa e inefficiente, dove la sola buona volontà o la sola competenza non sono sufficienti a sanarne i difetti d’origine. Non lo compresero né Depretis e né Crispi, contribuendo ad estendere dei mali ancora attuali – Di Michele Pinna (Direttore Istituto Bellieni di Sassari).

La cosa più drammatica è che gl’italiani, ma anche i sardi di cultura italiana, cambiano i governi e credono cosi di risolvere i loro problemi, ma non sanno che questi nascono dal fatto che la loro macchina statale ha un difetto d’origine che non si può riparare se non ricostruendola.

L’Italia potrà cambiare governi all’infinito, mettere gli uomini migliori alla sua guida, ma ogni azione verrà vanificata da una macchina troppo dispendiosa, per sua stessa natura, e con un motore troppo debole rispetto ad una carrozzeria troppo pesante. Consuma troppi freni, frizione, carburante, olio, gomme, in maniera eccessiva, direi, rispetto ai chilometri che percorre. Nessun meccanico, in quanto ci campa, ha il coraggio di dirlo.

Occupare le pieghe del potere con uomini nuovi, vecchi o giovani, ideologici o post ideologici, stare in Europa o non starci, all’Italia degli italiani, se lo Stato continuerà a restare dentro il suo impianto burocratico-centralista, fondato sul mantenimento di se stesso, non servirà a nulla.
Questo era sfuggito a Depretis com’era sfuggito a Crispi; avere più meridionali in Parlamento fu la loro cura per i problemi sociali del Mezzogiorno, ma non è servita se non ad incrementare il malaffare. Sfuggì a Gramsci come a Mussolini; e quale fu la loro cura per risolvere i problemi sociali degli operai e dei contadini? Il primo propose l’occupazione dello Stato per creare un “ordine nuovo”, non di rifondarlo; il secondo creò una dittatura ritenendo che bisognasse educare gl’italiani al culto dello Stato: fu una tragedia.

Oggi abbiamo alla guida della macchina un partito teoricamente federalista, quindi teoricamente intenzionato a progettare una nuova macchina, ed un partito che crede di poter risolvere i problemi sociali del paese, alla vecchia maniera, cioè occupando lo Stato. Ora però i due partiti si accingono a dislocare i loro uomini nei posti chiave, nei gangli del sottogoverno e degli apparati di funzionamento e di controllo; ci sarà la fila dei meccanici, dei ricambisti, dei carrozzieri e dei lavaggisti; ma purtroppo, se la macchina resterà la stessa, avremo solo un’auto d’epoca mal riuscita, tirata a lucido per qualche sfilata domenicale; e gl’italiani saranno invitati per ricordare i bei tempi andati, o per maledirli, ma soprattutto per applaudire.

Noi sardi per il momento continueremo a fare interminabili file per una visita medica, per un ricovero ospedaliero, e continueremo a versare le nostre tesse all’erario per il mantenimento di un mezzo tanto nocivo, che i tempi hanno reso sempre più dispendioso quanto inutile.

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Redazione SANATZIONE.EU

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