Quel centralismo all’attacco del diritto all’autonomia del nord

Il dibattito sulla concessione dell’autonomia alle Regioni del nord ha portato a galla diversi “classici” del centralismo: «disunirebbe il paese, aumenterebbe le diversità, favorirebbe i ricchi, dimenticherebbe i poveri».

Una cantilena reazionaria della destra e della sinistra italiane, utile, non ad un costruttivo dibattito sulla condizione di miseria che l’unità ha causato al meridione, ma a sigillare privilegi e status quo.

L’opinione dell’avv. Lorenzo Palermo (Partito Sardo d’Azione).

I vecchi vizi e gli eterni argomenti del centralismo italiano si ripresentano quasi intatti, sempre con scarsa memoria, nel dibattito di oggi sulla concessione dell’autonomia differenziata ad alcune Regioni ordinarie.
Lombardia e Veneto, sulla spinta di referendum, e l’Emilia mediante un procedimento consiliare chiedono “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”, come dice l’art. 116 della Costituzione.

Gli argomenti contrari sono antichi, ripetitivi, abusati; ma evidentemente considerati evergreen, perché non cambiano da più di cento anni (per restare alla storia italiana): disunire il paese, aumentare le diversità, favorire i ricchi, dimenticarsi dei poveri.

Sono gli stessi argomenti della destra reazionaria in seno alla costituente, del PCI prima del 1948, poi della destra risorgente; quelli strettamente ispirati alle urgenze “pianificatrici” dell’imprenditoria di Stato e dei suoi boiardi (ve le ricordate le partecipazioni statali?), notoriamente razza padrona delle strutture ministeriali romane che contavano; erano i tempi nei quali nulla doveva ostacolare gli “investimenti” e questi dovevano avere solo respiro “nazionale”.

Come sia finita lo sappiamo tutti.

Ed anche adesso, quando gli autonomisti prospettano i vantaggi tangibili dell’autonomia differenziata, dichiarando di voler migliorare e modernizzare -insieme- democrazia ed amministrazione in favore dei cittadini, la storia si ripete: si fomenta la paura proprio di quelle popolazioni maltrattate, povere, disunite, da decenni lasciate così: si terrorizza il Meridione senza considerare che le condizioni di miseria ed arretratezza derivano proprio dall’abbandono che di quei territori ha fatto lo Stato, incapace di rimediare alle differenze territoriali ed a provvedere in maniera costruttiva – non clientelare o solo autoritaria – ai bisogni della gente.

In questi casi, l’invocazione della Costituzione (vorrei dire il raglio invocante la Costituzione) per criticare l’autonomia differenziata delle regioni del nord ha un suono sinistro e beffardo.
Molti non sanno che il disegno della Costituzione è enormemente più regionalista di quanto si veda oggi.
Secondo l’VIII disposizione transitoria della Costituzione, addirittura, “Le elezioni dei consigli regionali [...] sono indette entro un anno dall’entrata in vigore della costituzione”; cioè quantomeno dal 1950.
Sappiamo che a tale disposizione costituzionale si obbedì solo nel 1970, mentre gli stessi abusati e ritriti argomenti contrari dilagavano, come adesso, nei giornali e nel paese.
Se errore vi fu esso consiste proprio nel ritardo e nella mancata applicazione del progetto costituzionale il quale non prevedeva solo le regioni, ma ipotizzava anche che con il loro affermarsi lo Stato si sarebbe ritirato, che le funzioni amministrative sarebbero state trasferite, che la Regione avrebbe provveduto a quasi tutti i bisogni dei cittadini, che il potere si sarebbe territorialmente avvicinato al popolo.

Oggi, 50 anni dopo l’istituzione delle Regioni il paese non ha visto nessuna secessione, e se vi è disunità nazionale essa deriva proprio dalle condizioni di spaventosa disuguaglianza territoriale rispetto alle quali qualunque Stato centrale, anche il più efficiente, nulla può, essendone semmai causa.

Disuguaglianza che l’attuazione del disegno costituzionale di Regioni libere e forti avrebbe eliminato o almeno attutito.
Se ci sono disparità non dipendono dal regionalismo differenziato, perché ancora non esiste”, ha detto con serenità il ministro Erika Stefani, impegnata in questo odierno ultimo atto, per adesso, della storica lunga battaglia per l’Autonomia.

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Redazione SANATZIONE.EU

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