Sa die de sa Sardigna. E de sos depitos
Mentre la Sardegna “festeggia” il 28 aprile, data di avvio dei moti rivoluzionari di fine Settecento, il Centro Studi Impresa Lavoro accende un faro sulle partecipate sarde degli enti territoriali: sono ben 143, con debiti per oltre un miliardo e mezzo di euro.
Si occupano di tutto, dai trasporti locali all’ippica. Un sottobosco parassitario in cui talvolta ci sono più dirigenti che dipendenti, che grava sui contribuenti, e contro cui servirebbe una rivoluzione riformista.
Di Adriano Bomboi.
Mentre la politica sarda celebra sa Die de sa Sardigna, una ricorrenza pressoché ignorata dalla scuola sarda, il Centro Studi Impresa Lavoro accende un faro sulle partecipate sarde degli enti territoriali. In base ai dati della Corte dei Conti emerge un sottobosco di 143 aziende pubbliche locali (nel 2016, il 2,5% d’Italia), talvolta con più di dirigenti che impiegati, con debiti per un totale di 1 miliardo, 562 milioni e 261.023 euro.
Ovviamente a carico del contribuente.
Si occupano di tutto, dal trasporto locale all’ippica, passando per i consorzi di promozione di questo o quel ramo turistico o ambientale, spesso in perdita e senza alcuna concreta ricaduta economica o sociale.
Infatti, dietro finalità apparentemente nobili, molte di queste partecipate hanno in realtà l’unico obiettivo di garantire una poltrona ad una costellazione di piccoli politicanti locali. Tra cui ex sindaci, ex consiglieri, sindacalisti e rappresentanti di partito vari, espulsi dalle urne elettorali ma ancora contigui al potere politico (locale, provinciale o regionale). Un esercito di sfaccendati privi di lavoro, financo di specifiche competenze, che trovano così un reddito stabile grazie ad ignari contribuenti costretti dal fisco a mantenere, spesso a vita, questa pletora umana.
Si tratta di un diffuso e ramificato cancro clientelare, che finisce per irrobustire le fila di quella burocrazia con cui tutti i giorni cittadini e imprese si devono confrontare.
In conclusione, se oggi i pochi veri riformisti sardi intendono dare un senso ai fatti del 28 aprile 1794, dovrebbero probabilmente partire dal governo delle comunità locali, come strumento con cui richiedere maggiore trasparenza, tagli ed efficienza nell’amministrazione della spesa pubblica. Uno dei primi fondamentali passi con cui affrontare i numerosi ritardi del territorio, non ultimo la scarsa produttività del nostro tessuto aziendale.
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