Ideal Europe and ideal world
Un ideale ordine europeo ed internazionale? Un sistema federale di matrice jeffersoniana e cattaneana, incentrato sulla cultura giuridica del common law, ovviamente aperto al libero mercato e alla competizione fiscale.
Un mondo policentrico, completamente diverso dal nostro.
L’intervento di Francesco Introzzi, ex esponente del Movimento Federalista Europeo.
La mia raccomandazione ai candidati al Parlamento europeo, da sempre, è quella di trasformare il prossimo Parlamento europeo in una “Costituente Federale”.
Ma dobbiamo esporre all’opinione pubblica europea un radicale approccio riformista.
Formatomi sulla base del lavoro del gruppo di Ventotene. Dopo le esperienze negative del “Congresso del Popolo europeo” del 1958 e la serie negativa dei vari referendum popolari contro il progetto di “Costituzione europea”, è dal 1967 che, con mio stesso rammarico, ma anche dell’esponente torinese Sergio Pistone, mi sono dissociato dalle posizione del Movimento Federalista Europeo. Questo per sostenere la netta contrapposizione tra “il federalismo super-nazionalista”, ispirato alla linea statunitense di Alexander Hamilton, e il mancato “federalismo civile”, ispirato alla linea italiana di Carlo Cattaneo (avvicinabile al federalismo americano – anti-Hamilton e tutt’altro che “anti-federalista”- di Thomas Jefferson). Simile al modello storico consolidato della Confederazione elvetica.
Questa posizione mi è stata rafforzata, era il 1971, dalla lettura del libro di Norberto Bobbio su Carlo Cattaneo (La “filosofa militante”).
I problemi politici di base ormai sono di livello planetario ma, per risolverli, non possiamo più basarci sull’equilibrio – oltretutto precario – delle forze armate (per di più ancora armate con terribili ordigni nucleari, di cui l’Italia (sovranista?) mantiene diverse basi U. S. A.
Uscire dal “federalismo hamiltoniano” – fondato su strutture federali nazionaliste (armate ed endo-colonialiste) – per passare a strutture federali “civili” – di ispirazione cattaneana – è diventato improcrastinabile e di massima urgenza.
Per quanto riguarda l’integrazione federale europea ritengo semi-risolutiva un’altra questione: precisamente in campo culturale, giuridico (e giudiziario). Si tratta di convertire i sistemi giuridici euro-continentali da “civil law” a “common law”, non solo per superare un divario teorico-operativo ma anche per la ragione – eminentemente socio-operativa e socio-economica – del maggiore pragmatismo e della maggiore “efficienza” della “common” rispetto alla “civil” law.
Se la reciproca incomprensione infra-europea tra “civil law” e “common law” offre un’idea della presunzione di “non dover deflettere” dalle reciproche tradizioni socio-culturali del diritto romano continentale contro il pragmatismo giuridico della tradizione anglo-americana, si arriva facilmente a capire la caparbietà dell’arroccamento anti-federalista, sia della Lega salviniana, che dei drastici negatori del federalismo nazionale italiano (salvo, in piena auto-contraddizione, dichiararsi invece fermamente federalisti a livello europeo, vedi i radicali di Emma Bonino e i “federo-supernazionalisti” di Liberi e uguali).
Siamo precipitati, senza minimamente capire i termini dell’auto-imbroglio, dentro un labirinto ideologico dal quale sembriamo impossibilitati a uscire.
L’aspetto assurdo della questione federalista risiede nel fatto che – se si vuole salvare il federalismo come strumento di salvaguardia della libertà politica – si deve poter credere nella capacità della generalità delle persone fisiche di gestire in modo “consapevole e civile” l’autogoverno locale, e questo all’interno di un sistema federale allargato ai vari livelli geografici sempre più ampi. Fino ad arrivare al livello geografico più esteso, quello planetario (integrando, sarebbe necessario, l’inadeguatezza ONU).
In caso contrario rimarremmo in eterno inchiodati alla logica del permanente confronto militare per l’equilibrio del terrore usato ai fini interni per conservare la struttura di un sostanziale “endo-colonialismo”. Un endo-colonialismo utile ai governi centralistici, sia occidentali che orientali (vedere Cina).
Ma alla base della costruzione politica federale, in teoria (sulla base della “Psicologia delle menti associate” di Carlo Cattaneo) avremmo bisogno (grosso modo, almeno tendenzialmente) di poter contare su “un sistema di auto-governo anti-autarchico”, fondato cioè sulla comune, generale, volontà degli associati di convergere verso un “equilibrio dinamico permanente”. Dobbiamo riconoscere che di questa certezza ci mancano i presupposti. Siamo in grado di crearli?
Ricordiamoci l’autogol di Alexander Hamilton contro il “federalismo civile” di Thomas Jefferson:
«Sperare in una permanenza di armonia tra molti Stati indipendenti e slegati sarebbe trascurare il corso uniforme degli avvenimenti umani e andar contro l’esperienza accumulata dal tempo».
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Redazione SANATZIONE.EU