Alberghi: quella visione ‘biolchiniana’ sconfessata dai dati
Tra confusione e dati parziali, il popolare giornalista Vito Biolchini usa i dati di Cagliari città per desumere un fantasioso trend regionale: “gli alberghi hanno meno posti letto, vanno maluccio, e dunque bisognerebbe puntare meno sugli hotel”.
Al contrario, nonostante il calo delle prenotazioni, i dati regionali smentiscono la tesi biolchiniana e ci obbligano a riflettere su questi esempi di informazione capace di distorcere la realtà.
Replichiamo punto per punto ad alcuni passaggi del suo intervento.
Di Adriano Bomboi.
Scrive Biolchini:
«Sapete quanti posti letto alberghieri ci sono oggi in città? 2.283. E sapete invece quanti sono i posti letto extralberghieri? Ben 5.929: quasi il triplo. Incredibile, vero? E il numero è ovviamente destinato a crescere».
L’entusiasmo di Biolchini ignora il fatto che a Cagliari città quelle strutture alberghiere hanno ottenuto 388.657 presenze, mentre le strutture extralberghiere hanno ottenuto 193.480 presenze.
Gli esperti, quelli veri, hanno ben chiaro il concetto di capienza e sanno che un albergo ha più camere e servizi di un bed & breakfast.
Ma non solo, gli esperti non desumono un trend sui flussi turistici basandosi su un solo Comune ma sull’intero territorio. Il motivo è molto semplice: ogni area può avere specifiche attrazioni ambientali e storico-culturali tali per cui si possono registrare ampie variazioni delle presenze anche nel raggio di pochi chilometri. E di conseguenza si possono avere numeri diversi nell’offerta.
Infatti, se estendiamo l’osservazione dei dati al territorio della città metropolitana di Cagliari, scopriamo che i posti letto extralberghieri, al 2018, sono 7.675, mentre i posti letto alberghieri sono 10.744.
In conclusione, sono sufficienti questi due dati della sola area cagliaritana per smentire la tesi di Biolchini, che vorrebbe applicare a tutta l’isola. Basti osservare poi il disastro di presenze del Comune di Siniscola, che ha puntato solo sull’extralberghiero, rispetto al piccolo Comune di Budoni, forte del successo del suo tessuto alberghiero.
Ma proseguiamo con le affermazioni del giornalista:
«Numerosi esperti hanno spiegato in che direzione sta andando il turismo in città, nell’ambito di un progetto che punta a costituire anche nel capoluogo una Dmo (Destination Management Organization), una società mista pubblico-privata capace di impostare una valida strategia per rafforzare Cagliari come destinazione turistica».
Vorrei proprio conoscere degli esperti, privi di consulenze pagate dai contribuenti, che nell’era di internet puntano sulle DMO (enti parapubblici nati nel mondo degli anni ’80 e ’90). Enti che oggi rappresentano uno strumento secondario di coordinamento dell’offerta, e che se non sapranno interfacciarsi a dovere con la rete verranno definitivamente superati in tutto il globo.
Inoltre, a che serve una DMO per intercettare la domanda se l’offerta è insufficiente?
Per capire questo aspetto torniamo ai famosi posti letto, afferma Biolchini:
«Questi ormai seimila posti letto extra, che giro di affari hanno generato? Sappiamo anche questo: tra aprile 2018 e marzo 2019, le strutture hanno fatturato oltre dodici milioni di euro».
In un anno l’extralberghiero avrebbe fruttato appena 12 milioni di euro. Un risultato bassissimo, tipico delle imprese a basso valore aggiunto. Sapete invece qual è il fatturato, da solo, di una società come Delphina, presente a Cannigione? Oltre 50 milioni di euro.
Scrive Biolchini:
«Peraltro, come è emerso nel corso del dibattito, non è vero che l’extralberghiero toglie lavoro all’alberghiero (e infatti a Cagliari si stanno per aprire due nuovi hotel di lusso), ma è invece vero che l’asse del turismo si sta spostando dall’alberghiero all’extralberghiero».
Queste affermazioni denotano una larga confusione, cerchiamo di fare ordine: da un lato si dice giustamente che l’extralberghiero non toglie lavoro all’alberghiero (essendo segmenti commerciali di turismo differenti); dall’altro si dice che a Cagliari nasceranno due nuovi hotel di lusso mentre “l’asse del turismo si starebbe spostando verso l’extralberghiero”.
Ohibò! Bisogna dunque avvisare questi investitori che nuovi hotel, a Cagliari, non servono?
Ovviamente no, a differenza di Biolchini quegli investitori conoscono il mercato e sanno che gli alberghi di fascia medio-alta hanno fatturati e presenze in crescita, diversamente dagli hotel minori (da 3 stelle in giù, che in Sardegna purtroppo sono la maggioranza).
Nella narrazione ambientalista invece gli alberghi “sono tutti uguali” e non esiste neppure il concetto di obsolescenza delle strutture come parametro di valutazione della competitività.
Se i clienti snobbano vecchie strutture a tre stelle, con prezzi esosi, un motivo ci dovrà pur essere. Ma per i lettori decrescisti di Biolchini si tratta di irrilevanti sciocchezzuole.
Insomma, non c’è nessun asse “che si sposta” dal settore alberghiero all’extralberghiero (il quale peraltro dipende anche dalla rigidità della normativa che oggi riduce nuovi investimenti alberghieri rispetto alla concorrenza internazionale).
Prosegue il giornalista:
«Il punto è che la nostra opinione pubblica si beve ancora ragionamenti che andavano bene trent’anni fa (“Il turismo va bene solo se gli alberghi vanno bene”), ma ormai è chiaro che le cose non stanno più così».
C’è una brutta notizia per Biolchini: anche nel 2019 gli esperti continuano a ritenere le presenze negli alberghi come strumento essenziale di valutazione della salute di una data destinazione turistica.
I motivi in parte li abbiamo già accennati: gli alberghi hanno maggiore capienza, nonché più capitali e competenze da investire per sviluppare pacchetti vacanze da piazzare sul mercato.
Spieghiamolo in parole più semplici: la locanda a 2 stelle di Tzia Nennedda non ha la capacità di spingere un vettore aereo ad investire su una precisa rotta. Viceversa, un grande gruppo alberghiero, capace di intercettare i grossi flussi turistici, si. Puntare solo sull’extralberghiero significa insomma perdere qualche milionata di turisti in più nell’isola, ingannati dal fatto che “gli arrivi negli aeroporti ci sono, ma le prenotazioni alberghiere sono basse”.
Sono basse per via della crescita sul mercato internazionale delle strutture di fascia medio-alta, su cui in Sardegna abbiamo investito poco rispetto alla concorrenza (ma scommetto che il protezionismo politico di Federalberghi si guarderà bene dal spiegarvi questo passaggio).
I decrescisti sono liberi di puntare su un turismo a basso valore aggiunto, nonostante esistano eccellenze anche nell’extralberghiero, ma non lamentiamoci se nei prossimi anni assisteremo ad un progressivo calo del fatturato generale del turismo sull’isola.
Biolchini giunge così alle sue (sbagliate) conclusioni:
«In Sardegna abbiamo una visione albergocentrica del turismo. Questa visione è sbagliata e soprattutto fuorviante: sia perché ci impedisce di pianificare correttamente il settore, sia perché per assecondare le richieste dei proprietari degli alberghi (la cui offerta sarà nel tempo sempre più ridimensionata), la politica pensa sempre di mettere mano agli strumenti di pianificazione urbanistica. Ricordate i motivi per cui la giunta Pigliaru voleva riaccendere le betoniere nella fascia dei 300 metri dal mare? Esatto: proprio per favorire gli alberghi».
La giunta Pigliaru ha avuto tanti difetti, ma almeno su questo settore ha avuto qualche esperto che ha suggerito l’opportunità di investire su strutture ricettive di fascia medio-alta, la cui diffusione, volenti o nolenti, può avvenire solo con una riforma dell’attuale pianificazione urbanistica.
Perché?
Perché mentre in Sardegna si chiacchiera, la concorrenza internazionale investe milioni di dollari per nuovi alberghi e resort lungo tutto il Mediterraneo, sino all’Asia minore. Senza necessariamente distruggere l’ambiente (i lettori più esperti avranno intuito il riferimento, ad esempio, al maggiore flusso turistico tedesco verso la Turchia).
Per chi volesse approfondire questi temi invito i lettori a consultare il mio ultimo libro: “Problemi economico-finanziari della Sardegna” (Cagliari, Condaghes 2019).
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U.R.N. Sardinnya ONLINE
Caro Adriano, la tua supponenza fa velo alla tua intelligenza. E’ veramente difficile risponderti, hai toni veramente intollerabili. Mi accusi di narrazione ambientalista, ma l’ambientalismo nelle mie argomentazioni (una volta tanto) non c’entra nulla, ma c’entra invece una visione della Sardegna che non tiene conto di nuovi fenomeni. Vuoi costruire nuovi alberghi? E chi te lo impedisce? Intanto però la gente va negli airb&b e gli albergatori, se le loro stanze sono al 50 per cento vuote nel mese di agosto, dovrebbero farsi qualche domanda anziché parlare a nome di tutto il comparto turistico. Non è un ragionamento difficile da capire. Salutami Tzia Nennedda e quando vuoi fai un salto a Cagliari per capire in che direzione sta andando la Sardegna.
Suvvia Vito, non fare la vittima, siamo uomini di mondo: se pubblichi dati parziali, traendone da essi assunti generali, cadi nella stessa supponenza di cui mi accusi.
Ad esempio, quali e quanti sarebbero gli “alberghi vuoti ad agosto per il 50%”?
Come ho spiegato, esiste un preciso trend di mercato, ben registrato dagli esperti, per cui gli hotel di fascia medio-alta hanno buoni risultati, a differenza dei minori. Come si collocano le tue conclusioni di fronte a questi aspetti?
Da nessuna parte.
Dire che “la gente va nei b&b” non significa nulla. Le presenze del sistema alberghiero sono superiori a quelle dell’extra, ma per te contano solo i dati cittadini. E non è un modo oggettivo di valutare la situazione.
Senza considerare che gli studi sull’outgoing indicano che diverse fasce di utenza non scelgono affatto i b&b, non a caso, ma le famose strutture di qualità.
Su Federalberghi sono d’accordo, ma per ragioni diverse dalle tue (rileggi il passaggio in cui cito Federalberghi in questo articolo). A mio avviso tale associazione nel corso degli anni ha investito poco e male nel suo sviluppo, scaricando tutte le responsabilità su fattori esterni (che pure esistono, tra cui trasporti/concorrenza dell’extralberghiero/etc.).