Alberghi: Regione sussidia l’inefficienza, applausi di Federalberghi

Regione devolve 6 milioni di euro dei contribuenti ad un sistema alberghiero poco competitivo.

Entusiasmo di Federalberghi, che al posto di parlare del ritardo degli hotel sardi scarica le colpe sull’abusivismo e pensa di destagionalizzare l’offerta coi soldi pubblici.

Nel frattempo Briatore viene insultato per aver detto delle ovvietà: ci sono pochi voli, pochi servizi e poche strutture di alto livello rispetto alla concorrenza internazionale.

Abbiamo un’isola drogata di sussidi, all’ottavo posto nell’Europa mediterranea per efficienza del turismo, e culturalmente abbonata ad un “turismo ciabattaro”, che ignora persino quantità e qualità dei suoi hotel: vediamo alcuni dati.

Di Adriano Bomboi.

L’assessorato regionale al lavoro ha devoluto 6 milioni di euro dei contribuenti (fondi Por Fse 2014-2020) al comparto alberghiero, al fine di “allungare la stagione” in un modo alquanto singolare: far assumere personale oltre il consueto periodo caldo del turismo sardo, cioè oltre primavera-estate. Quando le prenotazioni calano, sino ad arrivare alla chiusura annuale di buona parte degli alberghi sardi.

L’iniziativa denota un autentico spreco di denaro pubblico perché occulta le ragioni della scarsa competitività del nostro sistema alberghiero, ormai segnalate da anni dagli esperti: escluso il comparto extralberghiero, l’isola, al 2017 (dati R.A.S.), possiede appena 918 hotel. Di cui soli 30 a 5 stelle (e luxury); 276 a 4 stelle; 410 a 3 stelle; 86 a 2 stelle e 34 ad 1 stella. Seguono 82 residenze turistico-alberghiere.
Il tutto pari a 109.659 posti letto (rispetto ai 102.166 del ramo extralberghiero).

Come noto, nel mercato è in crescita la domanda di alberghi di fascia medio-alta (da 4 stelle in sopra), e in calo quella di strutture di livello inferiore (che in Sardegna, come abbiamo appena visto, a partire dai 3 stelle, costituiscono invece la maggioranza).

L’ultimo rapporto della CNA sarda (13-07-19) evidenzia inoltre che l’isola è solo ottava, anche per competitività sul turismo, dietro a realtà quali Baleari, Malta, Cipro, Corsica, Croazia, Algarve e Creta. Abbiamo scarsa efficienza produttiva, che deriva, come abbiamo visto, da imprese piccole, sottocapitalizzate e dequalificate.

La conclusione è ovvia: quali riflessioni di mercato hanno spinto la Regione (e Federalberghi) a pensare che dei sussidi al lavoro, in un’offerta territorialmente inadeguata, possano intercettare una maggiore domanda sul mercato?
Federalberghi auspica persino che la misura del sussidio diventi “strutturale” (prima ancora di osservarne i probabili disastrosi esiti). E ciò fa intuire a che livello è calata la competenza di questa associazione di categoria.

Non esiste infatti alcuna ratio ad una simile iniziativa, che al massimo stimolerebbe un esiguo numero di prenotazioni. Una scelta che, probabilmente, affonda le sue radici nella classica e mediocre cultura keynesiana locale, destinata a bruciare risorse pubbliche senza capo né coda, supportata da una scadente ricerca del consenso politico.

Ancor meno si riesce a comprendere la critica di Federalberghi all’abusivismo ricettivo, un segmento commerciale che non coincide con le strutture di fascia medio-alta richieste dal mercato. Il che fa presupporre che il ritardo in investimenti di ammodernamento degli alberghi e per nuove strutture è tale che la maggioranza degli alberghi sardi si pone al livello del settore extralberghiero, quello a basso valore aggiunto. Cioè munito di scarsi capitali e scarse competenze da investire per intercettare i grossi flussi turistici.

La dinamica non dovrebbe stupirci, è esattamente il modello ricettivo promosso dalla politica regionale dal 2006 ad oggi, che ha limitato il varo di nuovi alberghi, seppur con vari e abortiti tentativi di riforma per superare questo problema. Riforme che potrebbero attirare anche nuovi e competitivi investitori esteri.
Disgraziatamente, la mediocre narrazione ambientalista degli intellettuali che spesso hanno campo libero nella stampa sarda continua a sigillare un diffuso analfabetismo economico in materia. Accusando ogni argomentazione opposta di voler cementificare tutta l’isola.

Emergono così facili capri espiatori che finiscono per saldarsi alle bizzarre teorie di Federalberghi: la responsabilità sarebbe da imputare di volta in volta all’abusivismo delle seconde case; ai limiti dei trasporti (che esistono, ma da soli rappresentano solo una componente dell’offerta); ai bassi prezzi e costi della concorrenza internazionale, come quella dei resort nordafricani (che pure esiste); etc.
Il conservatorismo degli albergatori, timorosi di nuovi agguerriti concorrenti (che però farebbero crescere tutto il settore), si fonde col radicalismo ambientalista, generando lo status quo.
Insomma, a detta loro, la stagnazione del nostro sistema alberghiero non deriverebbe dal suo mancato aggiornamento ma da cause esogene, banalmente risolvibili con “più denaro pubblico”.

Si tratta di un diffuso e preoccupante ritardo culturale generato da approssimazione, tutela delle posizioni acquisite, ideologia e mancato studio integrale dei dati, che porta ad una progressiva perdita di competitività del territorio.

Il caso del disabile trascinato in spiaggia di peso a Plagemesu, a causa dell’assenza di figure professionali (pubbliche e/o private), rappresenta la reale cifra dei disservizi sardi. E gli sguaiati insulti a Flavio Briatore, simpatico o antipatico che sia, lanciati solo perché ha accennato alcuni degli argomenti di cui abbiamo parlato, non fanno presagire un buon futuro per tutto il turismo sardo.
E a quel punto sarà inutile potenziare la nostra istruzione anche per i giovani che vorranno qualificarsi per lavorare nel settore, poiché saranno obbligati ad emigrare verso realtà estere in cui non dovranno combattere contro la nostra ignoranza.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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