Coronacrisi. Boldrin: ‘Ecco come aiutare le categorie in difficoltà’

Coronacrisi: a differenza dei dipendenti pubblici, milioni di italiani, privati del loro lavoro, stanno subendo i costi del lockdown.
Esiste un sistema per aiutarli senza gravare sui conti pubblici? Si.

Oggi Sa Natzione ospita Michele Boldrin, tra i più noti economisti italiani (Washington University in St. Louis e Università Ca’ Foscari di Venezia).

Chiacchierando con Le Belve (trasmissione di Radio Capital), ho avanzato una proposta ovvia che – vista la reazione di sorpresa percepita – evidentemente ovvia non è. Approfitto per chiarirla e chiarirne i fondamenti.

Come insisto da tempo l’impatto economico di questa epidemia potrebbe essere drammatico se non viene gestita con calma ed intelligenza. Al contrario di quanto sembra avvenire, io continuo a credere che se ne possa uscire in maniera decente e senza disastri epocali se la si affronta cooperativamente usando gli strumenti che le scienze mettono a nostra disposizione. Dopo tre mesi occorre ammettere che di razionale e cooperativo, in giro per il mondo, si vede ancora relativamente poco, ma un poco c’è e credo lo si possa far crescere contribuendo positivamente.

Mi sono già esposto varie volte sul tema “Convivere Con Covid-19″ e continuerò a farlo, perché lo ritengo obiettivo prioritario. Bisogna imparare a convivere, almeno per qualche anno, con questa nuova e minuscola bestia. Non ci sono alternative e non ci sono mai state, come ho cercato di far capire in gennaio nella prima chiacchierata con la virologa Ilaria Capua, quando altri straparlavano di chiusure alla Cina che avrebbero messo l’Italia a rischio zero del terribile contagio.

Chi oggi pensa che si possa “estirpare” il virus continuando questo assurdo strangolamento isterico del paese fa, a mio avviso, un serio errore o spera in un rapidissimo miracolo climatico. Invece al massimo ci sarà un aiuto dal clima caldo quando arriverà ma di certo non un miracolo.

Oggi ho fatto osservare che questa epidemia non è solo estremamente ingiusta nella sua distribuzione dei rischi: molto alti oltre i 60 anni (e crescenti con l’età); contenuti o persino molto piccoli sotto quell’età e per quelle più giovani. Lo è anche sul piano sociale a causa delle misure di contenimento adottate in certi paesi, Italia in primis. E l’ingiustizia economica funziona all’opposto di quella sanitaria.

Oggi, per contenere il contagio, stiamo richiedendo/imponendo un atto di solidarietà a tutti quei lavoratori del settore privato (dal dipendente all’imprenditore passando per la partita IVA) il cui reddito è legato al fatto di “tenere aperto” e “lavorare” quotidianamente. Pensate solo al settore turistico ma non fermatevi li. Dal barbiere al meccanico, passando per le persone che fanno i lavori domestici, abbiamo chiesto a molti milioni di italiani di mettersi, per mesi, a reddito zero. Per altri svariati milioni sarà, forse, reddito 20% o 40%. E lo stanno facendo.

D’altro canto per altri milioni di cittadini (circa 20 milioni, a occhio e croce) i provvedimenti adottati non implicano alcun costo economico. Anzi, vista l’eliminazione dei costi dovuti all’attività lavorativa, essi implicano un risparmio a parità di stipendio netto mensile. Questo gruppo è composto da dipendenti pubblici di ogni ordine e grado (che tele-lavorino o meno, la differenza è minima) e dai 16+ milioni di pensionati.

Che la si guardi dal punto di vista assicurativo, o dal punto di vista della solidarietà sociale, o da quello freddamente economico di far corrispondere il salario ad una qualche misura del prodotto, c’è un’unica conclusione. Per alcuni mesi – ovvero sino a quando il paese non sia tornato ad una decente normalità e non si ricominci a lavorare – pensioni e stipendi pubblici andrebbero ridotti di un 20% circa che dovrebbe essere utilizzato per finanziare dei sussidi di disoccupazione o, meglio, inattività, per gli altri milioni di lavoratori privati a cui la solidarietà sanitaria richiede di non lavorare.

Un provvedimento semplice e giusto alla luce dell’eccezionalità della situazione. Risparmiare risorse finanziarie (laddove è possibile farlo ad un costo sociale basso) per sostenere redditi e consumi delle categorie maggiormente colpite dai provvedimenti di chiusura. Semplice, giusta, economicamente utile. Si farà?

Da considerare inoltre che tale proposta: 1) Allevierebbe l’aumento del debito pubblico necessario a gestire la crisi. 2) Ridurrebbe la caduta nei consumi primari visto che (fra non molto o forse già ora) una fetta della popolazione non ha letteralmente reddito e questo trasferimento fornirebbe loro un minimo di reddito. 3) D’altro canto, visto che alcuni consumi per alcuni mesi sono letteralmente proibiti (turismo, ristoranti, etc.), la riduzione di reddito per gli altri 20 milioni avrebbe effetto solo sul loro risparmio e non sulla domanda di beni essenziali.

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Redazione SANATZIONE.EU

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    4 Commenti

    • Interventi di Dario Stevanato (esperto di Diritto Tributario) e Michele Boldrin sull’argomento: https://www.youtube.com/watch?v=gXw_ga8fdPk

    • Gent. Stefano, conosciamo la disputa Boldrin-Facco in materia di scuola austriaca. Non entriamo nel merito della vicenda e consideriamo entrambi persone intelligenti e preziose al dibattito nell’Italia contemporanea (abbiamo ospitato anche interventi di Leonardo Facco qui su Sa Natzione).

    • Grazie.

      Il fatto che la disputa tra Boldrin e Facco sia nota alla Redazione del Sito non comporta che la medesima sia conosciuta anche al resto della popolazione del globo terracqueo in grado di leggere e comprendere quel che su Sa Natzione si pubblica.

      Se anche per chi redige Sa Natzione l’italiano ed il “luigidimaoioese” (absit inuiuria verbi) non sono la medesima lingua, rilevo che “gentile” è la formula di cortesia con la quale ci si rivolge a destinatario o interlocutore di sesso femminile. “Egregio”, per contro, è quella con cui ci si rivolge a destinatario o interlocutore di sesso maschile.

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