Eurogruppo: considerazioni e misure
L’accordo raggiunto in sede europea, nonostante tutti i protagonisti vogliano intestarsene i meriti, rappresenta il capolavoro della diplomazia tedesca, e consegna uno schiaffo ai populismi di destra e sinistra che nelle ultime settimane hanno dominato un dibattito alquanto povero di contenuti.
Prima di osservare il pacchetto delle misure dobbiamo infatti osservare quelle che sono state escluse a priori, e perché.
Inoltre chiediamoci: per l’Italia è stato un successo o un fiasco negoziale?
Di Adriano Bomboi.
Nelle ultime settimane Germania e Francia si sono proposte con un preciso ruolo negoziale: avvicinare le istanze dell’Europa settentrionale a quelle dell’Europa meridionale. In altri termini, l’obiettivo è stato quello di trovare un anello di congiunzione tra paesi virtuosi e paesi meno virtuosi nella gestione dei conti pubblici.
L’approccio uscito vincitore da questa necessità è stato quello tedesco, evidente sin dai giorni scorsi, in cui il governo Merkel ha puntato alla costruzione di un testo condiviso ma privo degli elementi di frizione tra le posizioni più distanti, come quelle dell’Italia e dei Paesi Bassi. Delegando ad un secondo momento la definizione di ulteriori misure ed ulteriori dettagli.
Misure che non ci saranno mai e dettagli che invece daranno operatività al testo congiunto approvato dalle parti.
E la Francia? Ha portato un argomento utile al conseguimento dell’accordo, di cui faremo menzione in seguito: il Recovery Fund.
Il compromesso raggiunto ha posto tre paletti precisi a cui l’Europa meridionale ha dovuto conformarsi: 1) il terreno entro cui sviluppare il pacchetto di misure deve includere il “Mes”, ma con precise condizionalità; 2) non ci saranno mai degli Eurobond, ossia una mutualizzazione del debito pubblico su scala continentale; 3) il pacchetto di misure riguarda degli interventi già annunciati nei giorni scorsi.
L’Italia ha tuttavia ottenuto la possibilità di discutere a posteriori l’argomento dei bond, ma si tratta in realtà di una formula politica utilizzata per anestetizzare un elemento di frattura, che sia la Commissione UE (per bocca di Von der Leyen), e sia Olanda e Germania, hanno escluso a priori alla vigilia del vertice.
I principi emersi tengono saldi i valori dell’eurozona ed evitano che l’intero continente finisca per franare sul modello di alcune realtà sudamericane. Ogni singolo Stato rimane responsabile dei propri conti pubblici, ed ogni aiuto avrà carattere temporaneo, per tutta la durata dell’emergenza. L’aiuto sarà inoltre sottoposto a vincoli e condizioni, seppur mitigate rispetto alla natura del Mes progettato antecedentemente all’arrivo del Coronavirus.
Non c’è dunque alcuna cesura storica nei criteri gestionali dell’Unione Europea, a differenza di quanto auspicato da numerosi intellettuali di sinistra, che da oltre un secolo, ad ogni crisi internazionale, sbagliando, immaginano epocali sconvolgimenti nei criteri di gestione del mercato o delle istituzioni sovranazionali. Un retaggio della fantasiosa lettura marxista della storia, secondo cui “il capitalismo” sarebbe destinato all’estinzione. E su cui Karl Popper scrisse pagine alquanto eloquenti.
Ciò premesso, rimane un dubbio sul piatto: l’Italia ha ottenuto un buon risultato?
Si e no.
Si, perché, come annunciò Von der Leyen, gli Eurobond non sono mai stati realmente oggetto di discussione nell’Eurogruppo, e la diplomazia italiana non poteva non sapere questo dettaglio, essendone parte. Se ne deduce che la propaganda italiana pro-bond come strumenti privi di condizionalità aveva un duplice obiettivo: a) tirare la corda in sede europea per ottenere il più vantaggioso accordo possibile (e questo risultato, osservando il pacchetto di misure, è stato in parte ottenuto); b) alimentare la fiducia nel governo, in contrapposizione all’UE, da parte dell’opinione pubblica italiana, notoriamente priva di competenze di finanza pubblica e cresciuta col mito sessantottino del “tutto, gratis e subito”.
Viceversa, l’accordo è stato anche un flop per queste ultime ragioni: adesso che il popolino è stato allevato ad amare i bond e ad avversare il Mes con delle condizioni (senza peraltro comprendere né gli uni, né l’altro), la posizione di Conte ha assunto i connotati del “tradimento”, tanto a destra quanto a sinistra. Al punto che il governo italiano, pur avendo ottenuto un’improbabile discussione a posteriori degli Eurobond, dovrà faticare, soprattutto verso la compagine grillina, nel far accettare il risultato ottenuto.
Sotto questo profilo l’Italia ha confermato tutta l’assenza di dignità che la caratterizza da diversi anni a questa parte, con una retorica politica densa di vittimismi, recriminazioni e irresponsabilità, tesa a pretendere più sforzi dai paesi virtuosi, senza volerne assumere di propri.
Basti pensare agli ultimi dieci anni seguiti alla crisi del 2008: nonostante l’impegno della BCE, tramite il quantitative easing di Draghi, l’Italia ha abusato della sua appartenenza all’UE ed ha avviato delle controriforme per sperperare più spesa pubblica, dagli 80 euro di Renzi, passando per “quota 100” di Salvini, sino ai tentativi di nazionalizzazione di Alitalia (solo per citare qualche esempio).
Ma quali sono infine le misure adottate dall’Eurogruppo?
Ne offre una pratica sintesi Costantino De Blasi (LO), consulente finanziario:
1) Il SURE (Support to Unemployment Risk in Emergency) è un pacchetto di prestiti garantito dal budget europeo del valore di 100 miliardi per far fronte alla crisi occupazionale. Una cassa integrazione comunitaria. Potrebbe restare in vigore in altre forme anche dopo la crisi.
2) La BEI (Banca europea degli investimenti) emetterà 200 miliardi di bond (garantiti da una dotazione specifica di 25 miliardi) a favore delle imprese comunitarie.
3) Il MES, la dotazione è di 240 miliardi e potrà essere attivato a richiesta dal singolo stato membro. I prestiti saranno senza condizioni se gli aiuti saranno vincolati al settore sanitario. Il limite è il 2% del GDP 2019 (per l’Italia 35,6 miliardi). Per il resto confermata la procedura precauzionale ECCL (quella rafforzata).
Una volta fatta la richiesta il board si impegna ad emettere le facilities entro 2 settimane.
Come andiamo dicendo da tempo è lo strumento più facile da attivare e più rapido ad agire anche se ha capacità finanziarie limitate.
4) Recovery Fund. La vera novità. L’Eurogruppo ha chiesto agli stati membri di studiare i profili legali ed operativi di un fondo che rientrerebbe nel budget europeo e che opererebbe post crisi per aiutare la ripresa.
Per ora si sa nulla, anche se le voci post riunione parlano di un obiettivo di dotazione di 500 miliardi.
L’obiettivo è nobile e rientra in quella visione strategica che è mancata al governo Conte: ok il lockdown, ok chiudere tutto per evitare la perdita di vite umane, ma bisogna pensare anche a come ricostruire le economie devastate dalle precauzioni.
5) Fondi strutturali di coesione. Di questo non si è accorto nessuno, forse perché è stato deciso senza polemiche nella riunione di martedì. I fondi strutturali potranno essere utilizzati senza condizionalità per far fronte ai problemi delle economie.
Terminata l’emergenza Covid si tornerà al Patto di stabilità e crescita e alla sorveglianza dei conti.
Osserva inoltre De Blasi: «Con gli accordi di ieri sera l’Italia potrebbe chiedere l’accesso alle emissioni ESM per circa 35 miliardi.
L’ultima emissione di BTP a 30 anni (ISIN IT0005923998) prevede una cedola al 4,75%.
Il bond emesso da ESM più simile al BTP in oggetto è quello identificato con codice EU000A1Z99A1, cedola all’1,80%.
Supponendo di usufruire dell’intero ammontare il BTP costerebbe 1.662.500.000, mentre ESM 630.000.000; un risparmio di più di 1 miliardo all’anno.»
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U.R.N. Sardinnya ONLINE
Prima di osservare il pacchetto delle misure dobbiamo infatti osservare quelle che sono state escluse a priori, e perché. [a priori sono state escluse anche le condizioni previste nel testo base MES se l’utilizzo è finalizzato a coprire le spese sanitarie dirette ed INDIRETTE. Interessante prospettiva che potrebbe aprire non poche opportunità per chi ha capacità diplomatiche. Perché scordare questo aspetto non di poco conto?]
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L’approccio uscito vincitore da questa necessità è stato quello tedesco, evidente sin dai giorni scorsi, in cui il governo Merkel ha puntato alla costruzione di un testo condiviso ma privo degli elementi di frizione tra le posizioni più distanti, come quelle dell’Italia e dei Paesi Bassi. Delegando ad un secondo momento la definizione di ulteriori misure ed ulteriori dettagli.
Misure che non ci saranno mai e dettagli che invece daranno operatività al testo congiunto approvato dalle parti. [in effetti, raccontata così, come la racconta Adriano l’ariano, potrebbe apparire come uno dei tanti escamotage messi sul tavolo a si straccu, cioè quando le trattative si sfilacciano e sono state vanamente esperite tutte le possibili strade per ricomporre la frattura. Ma è pur sempre una importantissima dichiarazione di intenti che immagino quanto sia costata ai Paesi Bassi. Apre uno spiraglio sul quale fare leva in futuro per ottenere quel che pare proprio non fosse umanamente possibile ottenere oggi. Appare come becero “arianesimo” sostenere che: « Misure che non ci saranno mai e dettagli che invece daranno operatività al testo congiunto approvato dalle parti»]
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Il compromesso raggiunto ha posto tre paletti precisi a cui l’Europa meridionale ha dovuto conformarsi [o, in un’altra lettura: «che Paesi Bassi e Germania hanno dovuto – ob torto collo – accettare». Ma “l’arianesimo” tracimante di qualcuno suggerisce letture pregiudizialmente univoche e sempre troppo sbilanciate a sfavore dell’Italia – quanto non deve piacergli vivere in Italia.]
1) il terreno entro cui sviluppare il pacchetto di misure deve includere il “Mes”, ma con precise condizionalità [NO!, non è vero. Non DEVE, ma può e nel caso lo prevedesse per la copertura diretta o INDIRETTA di spese sanitarie – spero lo preveda – sarà privo delle condizioni di cui al testo MES. Ma perché voler far passare una verità diversa?»]; 2) non ci saranno mai degli Eurobond, ossia una mutualizzazione del debito pubblico su scala continentale [ per ora non esiste questa possibilità. Spetterà alla capacità negoziale di chi sarà chiamato a gestire la difficilissima fase di rilancio ad aprire la porta ad una europizzazione del debito pubblico – e non è detto che questo compito lo assolva questo Governo. Per rimarginare le ferite virali son previsti tempi medio-lunghi.]
3) il pacchetto di misure riguarda degli interventi già annunciati nei giorni scorsi.
L’Italia ha tuttavia ottenuto la possibilità di discutere a posteriori l’argomento dei bond, ma si tratta in realtà di una formula politica utilizzata per anestetizzare un elemento di frattura [verissimo. È, spesso, una formula politica, molto in auge in ambito sindacale, utile per anestetizzare le infiammazioni insorgenti a causa di eccessivo attrito. Ma è una formula, che pure in ambito politico e sindacale, ha consentito nel passato l’apertura di spiragli negoziali diversamente totalmente preclusi. In sintesi, per attivare gli ulteriori 500 MLD (risorse assolutamente indispensabili), l’unione europea avrà necessità di sedersi intorno ad un tavolo per escogitare un meccanismo tecnico. Esiste una proposta, intorno a questa proposta dovranno confrontarsi, almeno in primissima istanza. Piaccia o non piaccia all’arianismo incipiente di qualcuno]
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L’aiuto sarà inoltre sottoposto a vincoli e condizioni [tornato ci sei? Perché raccontarla in maniera così distorta? Le condizioni, fra l’altro mitigate, riguardano aiuti che trascendono i costi diretti ed INDIRETTI di natura sanitaria. Non riguardano il SURE, non riguardano neppure i finanziamenti BEI. Le altre due colonne su cui si fonda l’intervento comunitario]., seppur mitigate rispetto alla natura del Mes progettato antecedentemente all’arrivo del Coronavirus.
Il resto è fuffa similideologica. Diciamo che è fuffa infarcita di ideologismo
Nell’articolo non ho detto che Roma è stata obbligata a sottoscrivere il Mes, ma un pacchetto di misure che include anche il Mes, che potrà scegliere di utilizzare o meno.