Caos Province: l’autonomia violata e la necessità di studiarla

Governo impugna legge per la moltiplicazione delle province sarde.

Il motivo?

Violato l’art. 43 dello Statuto speciale della nostra autonomia, secondo cui il Consiglio regionale avrebbe dovuto sentire prima il parere dei cittadini tramite un nuovo referendum. Uno dei rari strumenti che ci avvicinano al modello svizzero, al fine di tenere a bada il potere politico.

Falsa infatti anche la pretestuosa idea secondo cui le nuove province consentirebbero di investire meglio nella manutenzione delle reti viarie locali. Una prerogativa in realtà già esistente grazie alla riforma Delrio (legge 56/2014).

Eppure la violazione dell’autonomia avvenne negli stessi termini anche da parte delle giunte regionali precedenti, che spianarono la strada alla spregiudicata operazione di quest’anno, con l’appoggio del Partito Democratico.

Di Adriano Bomboi.

Come noto, il governo ha impugnato la legge per la moltiplicazione delle province sarde.
Un atto necessario e dovuto su cui però stavolta dalla Sardegna non potremo dire: “vergogna! Roma scavalca la nostra autonomia per imporci – a torto o a ragione – la sua volontà“.

Ma perché Roma non sta imponendo la sua volontà?

Perché sta imponendo quella dei sardi.

Recita l’art. 43, comma secondo, dello Statuto speciale della Sardegna:

«Con legge regionale possono essere modificate le circoscrizioni e le funzioni delle province, in conformità alla volontà delle popolazioni interessate espressa con referendum».

Cosa significa?

Che la giunta regionale avrebbe potuto moltiplicare le province solamente se avesse indetto un nuovo referendum sulla materia, e se i sardi avessero risposto: “si, vogliamo altre nuove province”.

Ciò non è avvenuto, ed anzi, anni fa ad uno scorso referendum sullo stesso argomento i sardi avevano risposto di non volere altre province.

Lo Stato sta dunque rispettando sia l’istituto autonomistico sardo, e sia la volontà popolare.

Il vero problema insomma è un altro: si parla tanto di autonomia, persino di indipendenza, ma nessuno, soprattutto una giunta a trazione sardista, si è ricordato dell’esistenza dell’articolo 43 del nostro statuto.
E questo la dice lunga sullo stato di insipienza e ignoranza a cui siamo ridotti.

Il nostro statuto dovrebbe essere studiato nelle scuole come base per la formazione di cittadini consapevoli dei propri diritti.
Tutto ciò non è mai avvenuto, e il fatto che questi diritti siano stati calpestati da una giunta sardista segna un drammatico spartiacque culturale su cui gli amici sardisti dovrebbero seriamente interrogarsi al prossimo congresso.
E noi con loro in qualità di cittadini.

Perché in questa legislatura la politica autonomista si è dimostrata più centralista dello Stato stesso.

Per intenderci, “centralismo” è un termine utilizzato con un’accezione politica. Può indicare sia la concentrazione di potere in una data istituzione, attraverso un’architettura istituzionale ad hoc, sia la scelta politica che produce gli stessi effetti pur in assenza di un’architettura particolarmente centralista.
In questo caso i sardi avevano dalla loro parte lo Statuto per potersi opporre, ma l’hanno ignorato, giudicando incontestabile il potere della giunta e del consiglio regionali sulla materia.

Non a caso, la violazione dell’autonomia avvenne negli stessi termini anche da parte delle giunte regionali precedenti, che spianarono la strada alla spregiudicata operazione di quest’anno, con l’appoggio del Partito Democratico.

Falsa inoltre anche la pretestuosa idea secondo cui le nuove province consentirebbero di investire meglio nella manutenzione delle reti viarie locali. Una prerogativa in realtà già esistente grazie alla riforma Delrio (legge n. 56/2014).

Scarica questo articolo in PDF

U.R.N. Sardinnya ONLINE

Be Sociable, Share!

    Commenta



    Per la pubblicazione i commenti dovranno essere approvati dalla Redazione.