L’identità di Sarroch – Dialogo con l’autore Luca Tolu
La scorsa primavera è uscito un libro fondamentale per la comprensione delle dinamiche storiche, politiche ed economiche dell’isola, perché racconta la Sarroch edita e inedita. Una comunità che ospita il petrolchimico Saras, ma anche diverse testimonianze culturali e paesaggistiche.
“Storia e Identidadi de Sarroccu. Viaggio nel passato di una comunità campidanese fino allo shock industriale”.
Ne parliamo con l’autore Luca Tolu, con cui ho collaborato per la realizzazione della postfazione al testo: “Una figlia del XX° secolo – Note sulla raffineria di Sarroch e sulle prospettive industriali del domani”.
Di Adriano Bomboi.
Quando si guarda a Sarroch non si può fare a meno di pensare all’ombra dell’imponente petrolchimico dei Moratti, che si staglia su tutta l’isola. Eppure, dal libro traspaiono secoli di storia, cultura, ricchezza e miserie del territorio. Quali sono le principali meraviglie che incontrano i tuoi lettori?
In effetti, come analizzato nella parte finale del testo, Sarroch è emblema di quel “riduzionismo” che tanto male ha fatto all’intera isola con un’industria trasformata – parafrasando Bachisio Bandinu – in strumento di egemonia culturale. Quando si pensa a Sarroch, ai più viene in mente solo la Saras, quando invece il territorio offre montagne lussureggianti all’interno del Parco di Gutturumannu, la Villa Regia di Orri e la Villa Siotto, l’area turistica di Perd’e Sali e una concentrazione importante di siti nuragici tra i quali emerge scientificamente l’importanza del Nuraghe Antigori per essere stato il primo in Sardegna ad aver offerto le prove dei rapporti commerciali tra l’antica civiltà sarda e i popoli dell’Egeo. E naturalmente, a livello di tradizioni, impossibile non citare la Festa di Sant’Efisio che, insieme ad altri riti e ricorrenze, arricchiscono un patrimonio immateriale da custodire.
Nel libro hai perfettamente ricostruito le dinamiche politiche che a Sarroch hanno portato radicali mutamenti. Pensi che oggi ci sia più responsabilità nella classe dirigente contemporanea o quali altre differenze potrebbero esserci col passato?
Certamente, la classe politica contemporanea, consapevole degli errori del passato, sarebbe probabilmente più capace di porre ulteriori condizionalitá all’industria in un’ottica di riequilibrio economico e ambientale. Importante sarebbe stato all’epoca costruire processi politici di partecipazione dei cittadini alle decisioni. L’industria, come ben disse Eliseo Spiga, fu “paracadutata dall’alto” e presentata ai sarrochesi come un qualcosa di inevitabile nel quale partecipare per arricchirsi. Ma lo scambio “posti di lavoro” per “sacrificio ambientale” (oltre che culturale) fu uno scambio al ribasso e, soprattutto, tarato nel breve e medio periodo. Sappiamo bene come oggi la politica tenda a pensare poco al futuro: all’epoca non ci pensava per niente. Le future generazioni dei nostri nipoti rischieranno di ereditare dal petrolchimico solo gli aspetti negativi.
Villa d’Orri è uno dei gioielli storici di Sarroch. Quali sono le principali vicende storiche e politiche che l’hanno riguardata e che ritroveremo nel libro?
Interessante ricordare che nel 1796 Carlo Emanuele IV si rifugia in Sardegna a seguito dell’occupazione del Piemonte da parte di Napoleone. Appena arrivato aumenterà a dismisura le tasse in tutta l’isola triplicando il “donativo”. In questo contesto la tenuta di Sarroch dei Marchesi Manca di Villahermosa diventa “Villa reale” ospitando la corte sabauda tra il 1799 e il 1814. La Villa divenne tra le sedi privilegiate dei divertimenti e degli ozi sabaudi, in particolare del futuro Re Carlo Felice che, come riporterà ironicamente il Carta Raspi, divenne particolarmente attratto dal buon vino e dai porchetti di Villa d’Orri. Carlo Felice era molto vicino al Marchese Stefano Manca di Villahermosa, che fu uno dei pochi a non abbandonare il re Carlo Emanuele IV, occupandosi della spedizione di tutto ciò che poteva essere necessario ai Reali in esilio. Quando nel 1821 Carlo Felice salì al trono, Don Stefano lo seguì a Torino entrando a far parte del suo entourage. Alla morte di Carlo Felice il marchese di Villahermosa continuò a servire la Casa Reale curando, insieme alla regina Maria Cristina, l’esecuzione dei voleri testamentari del re.
Una delle peculiarità delle nostre comunità risiede nei momenti di convivialità rappresentati dalle feste di culto, di cui anche Sarroch è ricca, ed il libro ne offre una panoramica esaustiva. Puoi anticiparci quali sono ancora oggi le principali? E che richiamo offrono in termini turistici?
Sebbene oggi il culto del progresso industriale abbia in parte distolto la comunità dall’attaccamento alle proprie tradizioni, Sarroch nel passato era una tipica realtà rurale e pastorale dove le feste popolari e religiose erano quei pochi appuntamenti di gioia e spensieratezza che spezzavano la dura vita dei campi e del pascolo, che consentivano a uomini e donne di incontrarsi, di ballare “su ballu tundu in pratza” di gustare del buon vino e stare in comunità. Calendario agricolo e liturgico si fondevano seguendo un equilibrio millenario tra uomo e natura. Di questa Sarroch, ampiamente raccontata nelle pagine del libro, è rimasto forte il culto della patrona Santa Vittoria e di Sant’Efisio. Quest’ultimo offre anche importanti potenzialità in ambito turistico. La Festa di Sant’Efisio è una delle feste più importanti della Sardegna e una tra le processioni a piedi più lunghe d’Europa. La festa si celebra il 1° maggio quando da Cagliari la statua del Santo è portata nell’antica Chiesa di Nora che prende il suo nome, percorrendo varie tappe nelle chiese di Capoterra, Sarroch, Villa San Pietro e Pula. La prima edizione della festa di Sant’Efisio risale al 1656, dopo la devastante ondata di peste che sconvolse Cagliari. All’epoca la chiesa principale del paese era quella di San Giorgio Vescovo nell’antico villaggio di “Barracas de susu”, oggi invece la Chiesa che ospita il Santo è la Parrocchiale dedicata a Santa Vittoria. In quei giorni Sarroch ospita visitatori da tutta Europa: un evento straordinario, carico di fede e cultura popolare che siamo orgogliosi di rappresentare.
Il libro ha aggiunto un tassello fondamentale alla comprensione di una realtà sociale ed economica quale quella di Sarroch, importante sia per la propria comunità che per la Sardegna. Che insegnamenti possiamo trarre per le politiche del domani?
L’intellettuale sardo Eliseo Spiga, certamente non definibile come un pericoloso “neoliberista”, definì il Piano di Rinascita come una politica economica calata dall’alto imbevuta non solo di dottrine dirigiste dello sviluppo in stile “new deal”, ma anche di “suggestioni sovietiche della pianificazione, del ruolo trainante dell’industria pesante, dell’accelerazione forzata del processo produttivo”. Il piano di rinascita, insomma, è il classico esempio di una costruzione aliena al territorio, preconfezionata esternamente e “paracadutata dall’alto” senza alcuna vera analisi socio-economica e culturale del territorio. L’insegnamento che si può trarre è che le politiche economiche che vedono il territorio e le sue genti solo come un oggetto e non come il soggetto di una strategia, sono destinate a non produrre gli esiti sperati (come accaduto nelle altre realtà industriali sarde) oppure, nel caso “fortunato” di Sarroch, a trasformare il paese in un caso scuola di monocoltura economica dove resta in piedi la questione dell’insostenibilità generazionale di un settore che produce una ricchezza nel medio periodo pregiudicando le opportunità delle generazioni future nel lungo periodo.
Scarica questo articolo in PDF
U.R.N. Sardinnya ONLINE