Regionali: Congratulazioni ad Alessandra Todde, ma…

Congratulazioni a Todde, prima donna governatrice della Regione Autonoma Sarda.

Si tratta di una vittoria dalle numerose implicazioni, sia per la politica sarda che per quella italiana, e non solo.
Vince infatti, seppur di misura, la “meridionalizzazione culturale” della nostra società. Ossia un’agenda politica che guarda ai sussidi, ai superbonus, al ceto impiegatizio, agli appalti pubblici e persino all’irresponsabilità in politica estera. Una linea del tutto opposta alla necessità di combattere il declino superando l’assistenzialismo a favore della disciplina in materia di spesa pubblica e di una maggiore apertura al merito e al mercato.

La vittoria di Todde rischia di ritardare ulteriormente un robusto processo riformistico a cui tanti sardi, purtroppo, non credono più. Ha votato infatti solamente il 52,4% degli aventi diritto, mentre altre 700mila persone circa hanno evitato le urne. Un numero impressionante, peraltro in linea col trend degli anni scorsi e una diffusa disaffezione alla politica che riguarda anche altre Regioni italiane.

Todde dovrà lavorare sodo per smentire ogni nostro dubbio sulla sua proposta politica, a partire da temi quali l’innovazione tecnologica, l’istruzione e in generale la competitività delle nostre aziende, oggi alquanto bassa, di cui ha parlato anche in campagna elettorale. E che eventualmente sapremo apprezzare senza pregiudizi ideologici.

Intendiamoci, la giunta Solinas uscente si trovava sulla stessa barca, e sebbene l’ex governatore abbia avuto il merito di riportare il Partito Sardo d’Azione alla guida dell’isola, la legislatura si è trascinata per inerzia tra riforme abortite (vedere legge urbanistica), riforme dannose (vedere nuova moltiplicazione delle Province, benedetta anche dal PD), uno spudorato spoils system, ed una sanità tutt’altro che efficiente e rovinata dalla politica (su cui però Solinas non ha avuto troppe colpe, pesò la riforma salviniana di “quota 100” e l’arrivo del Covid). Senza scordare la diffusa moda di procedere agli affidi diretti per ogni appalto pubblico, aggirando la concorrenza. Mentre per tutte le altre storiche velleità riformistiche del sardismo è calato un silenzio tombale, un silenzio più accline alla cultura democristiana che alla lunga tradizione azionista del partito. Certamente in stretta continuità con una linea amministrativa del territorio di matrice corporativistica, in cui le forze del bipolarismo italiano presidiano saldamente a turno tutti i principali centri di spesa e di potere dell’isola.

L’esito elettorale rappresenta inoltre un’insidia sia per le forze liberali che per la restante galassia autonomista e indipendentista sarda.
Sigle come +Europa o Azione, che avevano abbracciato il progetto di Coalizione Sarda proposto da Renato Soru, potrebbero adesso essere tentate dall’accasarsi con i partiti dominanti, PD in primis. PD che a sua volta finirà ipotecato sempre più dalla formula populista espressa dai 5 Stelle di Giuseppe Conte.
Fa ben sperare invece il risultato del PLI-Partito Liberale Italiano, interessato a sviluppare una piattaforma politica federale sarda, e che, seppur alleato con Truzzu, ha raccolto più voti della Lega Nord (27.896 voti contro i 25.609 dei salviniani, stando alle 1825 sezioni scrutinate su 1844 del momento in cui vengono scritte queste righe).
Ed è proprio in una fase di forza delle formazioni politiche populiste che i liberali e i moderati hanno il dovere di sviluppare un’alternativa più solida, e che evidentemente non poteva nascere e radicarsi nel territorio a poche settimane dalle elezioni.

Sulle formazioni indipendentiste sarde non rimane molto da aggiungere rispetto a quanto già scritto in passato: continuano a pesare leadership inadeguate, capaci unicamente di proporre frantumazione politica, pochi contenuti e formule di sinistra radicale più e più volte bocciate dagli elettori.
Si pensi a “Liberu”, il partito indipendentista di punta tra le liste soriane, che ha raccolto appena lo 0,7% dei consensi, come Rifondazione Comunista. Mentre +Europa e Azione, nonostante il flop di un Soru che si ferma all’8,6% dei consensi, hanno raccolto oltre 10mila elettori.
Il ritorno in una veste autonomistica di Soru non ha convinto il grande elettorato, decretando il fallimento del progetto, soprattutto con la configurazione che ha affrontato il voto. Gli elettori di centrosinistra non si sono fatti convincere ed hanno preferito la classica formula bipolare espressa dalla coalizione di Alessandra Todde (attestatasi al 45,4% dei consensi). Ma rimane in piedi il problema dell’esclusione di una fetta rilevante dell’elettorato sardo: come accadde con Michela Murgia, anche stavolta una iniqua legge elettorale lascia fuori dal Consiglio Regionale un terzo polo autonomista di circa 60mila elettori (63.100 per Soru e 54.569 delle liste di supporto).

Il deficit democratico riguarda anche il centrodestra, perché le liste che hanno supportato Truzzu sono state espresse da 333.873 votanti (il 48,8%), mentre quelle di Todde da 290.720 votanti (il 42,6%). La vittoria è stata dunque indubbiamente garantita dalle preferenze a favore dei singoli candidati governatore: con Todde, inizialmente sottostimata, che ha guadagnato 331.109 voti, rispetto a Truzzu, sovrastimato, che ne ha raccolti poco meno, 328.494, pari al 45% dei consensi.

A che si deve questo piccolo testa a testa tra i due maggiori contendenti? Probabilmente ad un mix di fattori, tra cui la disaffezione verso Truzzu da parte di una porzione dell’elettorato cagliaritano, non soddisfatto dalla sua amministrazione in qualità di sindaco. Ma anche l’immobilismo della giunta Solinas che ha caratterizzato la coalizione di centrodestra, e che non poteva essere agilmente risolto con un semplice rimpasto del nome del candidato governatore. A ciò bisogna aggiungere il probabile fuoco amico che ha contrapposto i sardisti ai “Fratelli d’Italia”, nel voto disgiunto, orientato a punire l’imposizione romana di Meloni a scapito della ricandidatura di Solinas in veste di governatore.
Il PSD’AZ dal canto suo conserva uno zoccolo duro di consensi, che si attesta a 36.997 voti, pari al 5,4% della fiducia.

Rimane un mistero la candidatura in solitaria di Lucia Chessa, che ben conscia dei limiti della legge elettorale ha scelto comunque di immolarsi sull’altare della democrazia, con programmi peraltro analoghi alle altre sinistre, ottenendo appena l’1% dei consensi.

Nei fatti, ai sardi continua a mancare una proposta politica che sappia esprimere concretamente la pessima situazione reale dell’isola, devastata da decenni di politiche “peroniste”.

Di Adriano Bomboi.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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