2 giugno, festa di una Repubblica in drammatico declino
Si festeggiano oggi le istituzioni repubblicane di un paese fondato sul debito pubblico e abbellito dalla mitologia nazionalista ottocentesca che portò alla sua unità.
Vari problemi rimangono irrisolti.
Un’economia a due velocità, con un nord che traina un sud, il quale si è specializzato nel produrre politici professionisti dediti a rinsaldare l’assistenzialismo, un welfare elefantiaco, e ad affogare nel centralismo varie minoranze nazionali. Che forse in un sistema federale sarebbero state non un peso ma un valore aggiunto.
Una burocrazia inefficiente, agganciata alla legislazione prodotta da una cultura giuridica capace di generare più carta che soluzioni. E che contribuisce a rallentare gli investimenti, ma non la corruzione, il clientelismo, il nepotismo e i sussidi a pioggia.
Forze armate che non sono neppure in grado di difendere la Repubblica, debitrici dell’ombrello protettivo gentilmente offerto per oltre mezzo secolo dai contribuenti americani (non l’Europa unita, come si ripete spesso, relativamente recente e relativamente disarmata).
Una diffusa cultura del piagnisteo e del complotto contro i partner occidentali, a sua volta generata da un deserto formativo delle nostre competenze, avverso al merito, che ha appesantito il fisco, per le ragioni di cui sopra, livellando produttività e salari, tra i più bassi dei paesi OCSE.
Un inverno demografico con sempre più anziani e sempre meno giovani che saranno in grado di tenere in piedi questo bizzarro paese, ignorando sistematicamente ogni riforma per invertire il trend.
Auguri, o condoglianze.
A seconda dei punti di vista.
Di Adriano Bomboi.
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