Dazi 2025 – La Casa Bianca attacca il libero mercato
E infine, abbiamo ottenuto il 20% di dazi USA all’Unione Europea.
Ricordate i dazi trumpiani sulle lavatrici del 2018? I negoziati non portarono lontano, mentre i prezzi ai consumatori furono tutt’altro che vantaggiosi.
Appena due anni dopo l’introduzione di dazi, uno studio di Flaaen, Hortaçsu e Tintelnot, pubblicato sull’American Economic Review, come ci segnala Claudio Piga, confermò per l’ennesima volta la nocività dei dazi sul mercato.
Secondo Trump e la sua salviniana idea dell’economia, i dazi avrebbero ridotto l’import di lavatrici straniere e avvantaggiato la produzione USA. Ma nel biennio successivo è accaduto un disastro spalmato su più livelli.
Il prezzo delle lavatrici è aumentato del 12% per tutti gli americani, inoltre, notate bene, nello stesso lasso di tempo è aumentato in misura equivalente il prezzo delle asciugatrici, nonostante queste ultime non fossero gravate da dazi.
Perché?
Perché per ogni rivenditore di elettrodomestici e per i consumatori, le asciugatrici sono ritenute prodotti complementari alle lavatrici, che vengono tipicamente acquistate insieme. Inoltre, proprio le aziende produttrici di lavatrici, per compensare i più bassi margini, hanno scaricato i maggiori costi di vendita trasferendoli sul prezzo delle asciugatrici.
In pratica, il 100% degli aumenti tariffari si è così riversato sui consumatori tramite i prezzi.
A questo punto, qualche sovranista o qualche socialista che non ha studiato economia potrebbe obiettare: “beh, ma almeno lo Stato ha ottenuto più entrate e si sono creati più posti di lavoro nel territorio”.
Sbagliato.
Perché i costi ai consumatori sono aumentati di 1,5 miliardi di dollari l’anno, a fronte di entrate tariffarie per appena 82 milioni di dollari.
Ciliegina sulla torta, per produrre più lavatrici “made in USA” ci sono state appena 1800 nuove assunzioni, che sono tuttavia costate ogni anno ai contribuenti americani ben 815mila dollari per ogni nuovo posto di lavoro creato.
(aeaweb.org/articles?id=10.1257/aer.20190611).
Che accadrà oggi? Probabilmente niente di buono.
In un mondo ideale l’UE ridurrebbe i propri dazi verso gli USA e Washington farebbe altrettanto, ma dovendoci confrontare con dei sovranisti, alla Casa Bianca potrebbero sfruttare ogni nostra minima concessione come randello con cui colpire più duro nella maldestra convinzione di guadagnare qualche ulteriore posizione di vantaggio, il che apre le porte alla possibilità di una guerra tariffaria. E per cui J. P. Morgan ha già messo in guardia dal rischio di andare incontro ad una recessione mondiale.
L’amministrazione Trump considera persino come “dazi” UE l’IVA sui prodotti, applicata invece ai consumatori in maniera indistinta dalla provenienza dell’articolo (per un totale stimato al 39% dei prodotti USA in entrata verso lo spazio europeo). E tutto questo mentre in Europa si inizia a riflettere meglio su come tassare i giganti del web, quasi tutti “made in USA”.
Ci attendono tempi difficili, gli americani ne subiranno le conseguenze come consumatori, minando il loro diritto di scelta. E noi ne pagheremo le conseguenze in qualità di produttori su una molteplice gamma di beni, a partire dalla filiera dell’auto, con l’annessa catena (extranazionale) del valore.
Attendiamoci adesso in Europa anche una moltitudine di imprese che pretenderanno protezione e sussidi, ovviamente a spese dei contribuenti, per dribblare gli effetti delle tariffe americane.
Peraltro, la luna di miele del trumpismo col mondo libertario pare già finita prima ancora di iniziare seriamente. Cose che capitano quando un capo di Stato si circonda di incompetenti e inverte il trend storico dell’America come faro dello sviluppo economico globale.
Ricordiamo la lezione di un repubblicano e liberale DOC, Ronald Reagan:
«I nostri pacifici partner commerciali non sono nemici, sono nostri alleati.
Dobbiamo fare molta attenzione ai demagoghi che sono pronti a dichiarare guerre tariffarie ai nostri amici, indebolendo la nostra economia, la nostra sicurezza nazionale e l’intero mondo libero.»
Come ben osserva Mario Seminerio, quanto reggerà Trump ai contraccolpi che ne deriveranno?
Adriano Bomboi.
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